Francesco Sole? Un divetto da YouTube, distrugge la poesia. Per dei bei versi leggete Turina e Veronesi

Il bastone e la carota: due libri a settimana, uno raccomandato e uno sconsigliato. Su 'Ti voglio bene' di Francesco Sole c'è solo da chiedersi perchè Mondadori l'abbia pubblicato. 'I destini minori' di Isacco Turina e 'Tempus Tacendi' di Matteo Veronesi dimostrano che si può fare poesia anche oggi

Il bastone. Questa non è una stroncatura. La stroncatura, per esistere, pretende che lo stroncato sia degno di tale onore, essere stroncato. Altrimenti, è come tirare fendenti sul muso del vento. Questa non è una stroncatura – è un appello ai lettori, un appello all’intelligenza. Questa non è una stroncatura – è una barca di Greenpeace. Dobbiamo salvare gli ultimi rifugi del senso estetico che ci restano, gli ultimi rifugiati del buonsenso. La battaglia è importante tanto quanto salvare i profughi nel Mare Nostro. Anche se salvare vite umane fa più figo, lo so, io lavoro, nelle catacombe, per salvare la dignità culturale di questo Paese dei Pinocchio, degli Azzeccagarbugli, dei Pulcinella, dei cacasotto. Chiamatemi pure la Ong della bellezza, della grandezza, ci sto.

Partiamo da un concetto facile, facile. Vuoi imparare a suonare il pianoforte. Cosa devi fare? Studiare. Studiare tanto. Studiare da matti. Se vuoi diventare un pianista, poi, devi essere dottissimo, dotatissimo, non pensare ad altro che al pianoforte. Per la scrittura è uguale. Per la poesia è ancora di più. Insomma, non si improvvisa. Non basta sbattersi su un foglio bianco, scrivere due pensieri scaturiti da chissà quale polluzione emotiva, andare a capo come cavolo ti va, e la poesia è fatta. Invece, Francesco Sole fa così. Scrive una patetica cretinata, come viene, come gli va, ignaro di Montale, di Luzi, di Caproni – che è un vero genio, mica quello della poesia ecologista data ideologicamente in pappa ai liceali alla Maturità – di Sua Maestà Thomas S. Eliot, di Sua Divinità William Butler Yeats, di Sua Ubriachezza Celeste Dylan Thomas, ignorando perfino Ungaretti, d’altronde “siamo tutti uguali, contenitori di emozioni, d’amore”, basta volersi bene, che c’entra la letteratura? Poi, visto che la roba è davvero una schifezza (esempio: “I tuoi occhi mi hanno fregato./ Sì, quel paio di occhi/ in cui dentro vedo tutto./ Mi ci sono perso in quegli occhi”, che se fossi una tipa gli spaccherei la faccia, a Francesco ‘Sun’, per poi chiedergli i danni per vilipendio alla ragione estetica, per abuso di stupidaggini, per offesa alla pubblica bellezza di una pulzella), la legge su YouTube, condita di ragazze in metrò e fanciulle che colgono i fiori – tutte strafighe, tra l’altro, come mai? – musichetta di contorno, e la faccia da bello di mamma di Francesco. Risultato: 2 milioni di cretinetti – direbbe Franca Valeri, donna dal cervello fino – che seguono Francesco ‘Sun’ sui social, e Mondadori che s’inchina al divetto di turno, pubblicandogli un libro di merda. Perdonate la scurrilità: dal letame nascono i fior, le poesie di Francesco ‘Sun’ foraggiano soltanto l’ignoranza di chi le legge. Irritante, piuttosto, che Mondadori negli stessi giorni in cui spaparanza in libreria il libro liofilizzato di Francesco ‘Sun’ inauguri il restyling della mitica collana de ‘Lo Specchio’, dedicata alla poesia. Niente di nuovo sotto il sole neppure lì, sempre i soliti nomi – Adonis, Milo De Angelis, che ormai è il prezzemolino della lirica italica, Giancarlo Pontiggia – ma almeno son poeti per davvero, mica fake poetry, è già qualcosa. Che resta da fare a noi falangi disarmate in difesa del genio? Per contrastare le poesie avvilenti di Francesco ‘Sun’ – secondo esempio: “Do valore a chi accetta/ ogni mia sfumatura,/ a chi sopporta ogni mio difetto”, che presa per il didietro, che spudorata smargiassata dell’idiozia, per ossigenarmi apro Montale a caso, “e ti scrivo di qui, da questo tavolo/ remoto, dalla cellula di miele/ di una sfera lanciata nello spazio”, ecco, ora respiro, mi rianimo, sto meglio – affolliamo le librerie Mondadori d’Italia. Compriamo almeno dieci copie a testa delle Elegie duinesi di Rainer Maria Rilke, un libro sconvolgente, che cambia il claustrofobico orientamento di questa vita terrena, di merda. Facciamo schizzare Rilke in testa alle classifiche di vendita, l’unico termometro estetico degli editori svenduti di oggi. Quanto a Francesco ‘Sun’, beh, ispira un certo disprezzo verso lo stato demenziale in cui è precipitata la cultura italica. Buon per noi: qualche sana stilettata d’odio produce sempre buoni frutti letterari. Ma prima di scrivere l’ennesima lirica inutile, ricordatevi che è buona cosa inginocchiarsi al cospetto di un vero poeta. E leggere. Leggere tanto. Leggere bene.

Francesco Sole, Ti voglio bene. Poesie, Mondadori, pp.216, euro 15,00

La carota. I poeti, quelli veri, quelli buoni, ci sono ancora. Solo che i poeti veri non sputtanano la propria opera svendendola all’editore transatlantico di turno con la promessa di un chilo di gloria. Il poeta è folle nel suo pudore; la poesia non va divulgata come un hamburger, non chiede plauso&consenso come un candidato al seggio parlamentare. La poesia si cerca nelle strettoie, tra le ombre, nel viavai delle libellule e delle betulle. Andrea Temporelli, poeta vero – leggetevi il poemetto d’oro e d’acciaio Terramadre, del 2012 – sintetizza così la distanza incolmabile tra l’opera di poesia e l’industria editoriale, ormai incapace ad ‘autenticare’ un libro: “Per questo si scrive: per godere di questa creatività. Forse, addirittura, teologicamente, per partecipare alla Creazione. Potrei non pubblicare più. Quel che conta è scrivere”. Per fortuna, però, pur con una radicalità che uccide, qualche poeta vero pubblica ancora. Isacco Turina, ad esempio. Classe 1976, ricercatore all’Università di Bologna, si è laureato sulla bestemmia e ha scritto un libro su I nuovi eremiti. Se fossi Mondadori, lo pubblicherei subito, scrive poesie bellissime. Invece, la sua raccolta, I destini minori, una settantina di testi passati al maglio “tra il 1998 e il 2015”, è edita da Il Ponte del Sale, uno di quei piccoli editori che giustificano ancora il concetto stesso di ‘editoria’ e di ‘lettura’. Sono poesie di inconsueta lucidità, di audace ferocia: Turina, per dire, scorge l’Apocalisse nella “mano del bambino” che “stacca i camion/ dalla strada e li solleva nel volo”. D’altronde, “le cose che ora chiami vere/ avranno la misura di un giocattolo” e “controvoglia risorgeremo/ noi che entrammo nella morte di tutti/ spargendo i ricordi di una vita sola/ come un guado di foglie sull’oceano” – versi stupendamente icastici, questi, già classici, nell’assoluto delle cose care, che stanno serenamente al fianco dei versi più belli di Vittorio Sereni e di Mario Luzi. Ma è di nitida meraviglia la placca pubblicata da Matteo Veronesi (classe 1975, dottore di ricerca in Italianistica, traduttore dai classici e del D’Annunzio francese) per il piccolo editore Alla chiara fonte. “Come gli sposi etruschi –/ è nostra/ quella quiete ebete d’ocra/ il solco arcaico del sorriso/ che immobile vide pace e guerra”, sibila il poeta “raggelato nel ghiaccio delle sillabe”, con la consapevolezza e la compostezza di un musicista russo dei primi del Novecento. Ma questo è un millennio che vuole i divi e i divetti e non ammette il poeta. Ormai “è giunto/ il tempo di tacere”, chiude Veronesi sigillando il suo Tempus tacendi, “è l’ora/ in cui anche le parole tramontano”. Come sempre, chi dovrebbe stare zitto continua a parlare, a scrivere, a pubblicare.

Isacco Turina, I destini minori, Il ponte del sale (ilpontedelsale.blogspot.com), pp.102, euro 15,00

Matteo Veronesi, Tempus tacendi, Alla chiara fonte (www.poesiaallachiarafonte.ch), pp.46, euro 10,00

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