Hai nascosto i soldi in un paradiso fiscale? Sarà un problema per tuo figlio

Conti cifrati, fiduciarie offshore, patrimoni parcheggiati all’estero. E se poi l’unico che sa dove sono i soldi muore, che succede? Bella domanda

La storia è di dieci anni, fa più o meno. È nel giugno del 2007, infatti, a quattro anni dalla morte dell’Avvocato che Margherita Agnelli de Pahlen, figlia di Gianni e di Marella Caracciolo, accusa l’ex presidente dell’Ifil Gianluigi Gabetti, l’avvocato Franzo Grande Stevens – fino al 2003 suo esecutore testamentario – e il banchiere svizzero Sigfried Maron, di aver occultato una parte del patrimonio personale del padre. Per la precisione, si parla di 1 miliardo e 463 milioni di euro, che sarebbero stati nascosti in Svizzera. Secondo Margherita, per non distribuirli a lei e ai suoi figli.

È una vicenda esemplificativa, quella della famiglia Agnelli, per raccontare non solo quanto siano delicate le questioni di eredità (e va beh) capaci di far litigare furiosamente madri e figli, fratelli e sorelle. Ma anche – particolare non secondario – quanto i capitali detenuti all’estero possano costituire un problema nel problema, tanto più se in conti segreti sono noti solo al titolare e a qualche fiduciario.

Già, perché non sono cose che capitano solo agli Agnelli. E non sono necessariamente tentativi di occultare il patrimonio a uno o più rami della famiglia. È di qualche anno fa la notizia che ci sono più o meno 400 milioni di franchi svizzeri parcheggiati in conti svizzeri dormienti, che nessuno movimenta da almeno cinquant’anni. Il motivo? È abbastanza logico supporre che si tratti di denaro rimasto giacente quando i titolari sono morti senza poter avvisare nessun erede della loro esistenza: «Succede spesso – spiega Marianna Vintiadis di Kroll -, soprattutto in questi anni in cui muoiono le generazioni che hanno nascosto i soldi all’estero per paura delle rapine e dei rapimenti negli anni ’70 e ’80. E qualcuno per occultarli al fisco, ovviamente. Il problema è che se poi succede che il titolare di quel conto muore all’improvviso non sempre la banca avvisa».

È una vicenda esemplificativa, quella della famiglia Agnelli, per raccontare non solo quanto siano delicate le questioni di eredità (e va beh) capaci di far litigare furiosamente madri e figli, fratelli e sorelle. Ma anche quanto i capitali detenuti all’estero possano costituire un problema nel problema, tanto più se in conti segreti sono noti solo al titolare e a qualche fiduciario

«Ci sono almeno tre tipologie di situazioni legate ai soldi parcheggiati all’estero – spiega ancora Vintiadis -: c’è chi fa tutto da solo, in totale segretezza, senza comunicare nulla ai familiari. Il rischio, in questo caso, è quello di una morte improvvisa, perché la banca non sempre comunicherà l’esistenza di quei soldi. Poi c’è chi li fa gestire a qualcun altro, in cui ha mal riposto fiducia, e che al momento della morte si “dimenticherà” di avvisare gli eredi. O ancora, ed è il caso più frequente, quei capitali sono detenuti in forma anonima in conti intestati a società di cui nessuno sa nulla. Del resto, l’offshore è anonimo per definizione. E senza nomi, non ci sono titolari, né eredi». Attenzione a quel che si fa, quindi, perché si rischia di perdere il controllo dei propri beni.

Allora, come si può scoprire, in condizioni normali, se in un’eredità c’è di mezzo pure patrimonio estero segreto? Strano ma vero, il miglior alleato è il fisco italiano, che in tempi di magra va a caccia di quei soldi quanto se non più degli eredi. E che, rispetto a loro, ha mezzi migliori per scovarli: «C’è chi si è rivolto a noi perché nel momento in cui è stata fatta la voluntary disclosure da un terzo, il fisco li ha avvertiti, senza che loro sapessero di avere familiari con soldi all’estero», racconta. Le cronache non raccontano se stavano ridendo o se stavano piangendo.