Proust tra soldi e sprechi: era un grande scrittore ma un pessimo investitore

Regalava aeroplani alle persone che amava, investiva in modo forsennato e perdeva in borsa. Ma dalle scottature che riceveva sapeva trarre grandi lezioni da tradurre sulla carta

Più che scrivere, amava spendere. Marcel Proust, sempre bisognoso di affetto e amore incondizionato da parte delle persone che aveva accanto, non si faceva nessun problema nel tirare fuori il portafoglio e coprire gli amici e gli amanti di soldi e regali. Era fatto così: un po’ stravagante, molto spendaccione, amante del rischio e della spesa. Investiva in borsa seguendo l’umore, spesso perdendo fortune, quasi mai guadagnandoci. Ma forse il vero ritorno del suo investimento era fuori dai mercati finanziari: le sue peripezie finanziarie venivano tradotte sulla pagina, gli permettevano di donare verosimiglianza e vividezza alle storie dei suoi protagonisti.

Tutto questo però avveniva alla faccia di suo cugino, che era anche il suo consulente finanziario, il povero Lionel Hauser. Di fronte alle mani bucate di Proust non sapeva mai che pesci pigliare. È una storia, lunga, questa. Si sviluppa nel loro fitto carteggio (il libro Proust and His Banker, dello studioso Gian Balsamo, si concentra sulle 350 lettere considerate più significative) e mette in luce i diversi aspetti della personalità dello scrittore. Proust sapeva che dalle sue spese, almeno dal punto di vista artistico, riusciva a trarre qualche vantaggio. Hauser, che non aveva alcuna percezione (era ancora presto) delle abilità dello scrittore, non lo poteva immaginare. I soldi venivano spesi, sprecati, buttati via. Regalati. E lui, il cugino, si disperava.

Proust investì molto: si dedicò ai titoli della Royal Dutch alle ferrovie americane (all’epoca in grande spolvero), fino alle miniere di rame dell’Europa dell’Est. Cambiò più volte banche. Si scontrò con gli intermediari. Regalò, a una sua fiamma, un aeroplano. Finanziò le indagini sulla vita privata di un altro suo amore che, nel frattempo, era morto. Nonostante fosse una mossa sconsigliata (e a riprova che si trattasse di un atteggiamento scorretto dal punto di vista finanziario) modificava più volte il suo portfolio di investimenti. Era un virtuoso del pessimo uso del denaro.

Alla fine, nonostante le pressioni di Hauser, gli interventi, i consigli, Proust riuscì a sperperare almeno il 60% delle sue ricchezze. Tutte in investimenti assurdi e in regali eccessivi per le persone che lo avevano ammaliato. Di fronte a queste bizzarrie, chiunque si sarebbe spazientito. Ma è anche merito di Hauser che, alla fine, anche La Recherche è stata completata. Che poi non la legga mai nessuno, è un’altra storia.

X