Una settimana da Berlusconi

Ma ci pensate mai a vivere una vita da Silvio Berlusconi? La possibilità di intervenire nelle dirette televisive, i compleanni della Panicucci, le attenzioni dei giornali... Ma con il passare del tempo tutto svanisce

Pensa la settimana di Berlusconi.
Passa giornate intere al telefono con Renzi, il leader del partito le cui milizie pochi anni fa lo chiamavano Nano Mafioso e che oggi lo vuole Padre Costituente.
Tra tedeschellum, porcellum e mattarellum, Silvio trascorre i pomeriggi a consultare il vecchio dizionario di latino, a far di conto nel giardino pensile di Arcore, cercando la formula magica in grado di rendere invisibili gli elettori.
Poi se ne va a letto – chissà se in quel letto – e per addormentarsi invece di contare le pecore conta le sue Resurrezioni politiche, tenendo la zampina a Dudù; quando al mattino si sveglia e Dudù gli porta il giornale, per poco non gli va di traverso il caffè.
Dal regime di 41bis in cui è teoricamente sepolto, il boss mafioso Giuseppe Graviano è stato intercettato mentre dice che il mandante delle stragi di mafia del 1993 è lui, il Berlusca!
Ora: Graviano è un tipo di cui varrebbe la pena parlare, specie in questi giorni in cui si è parlato molto di Riina: soprannominato “Madre Natura”, Giuseppe Graviano è, insieme al fratello, l’ideologo della stagione più folle di Cosa Nostra, quella delle stragi del 1993, le bombe a Milano e a Firenze, l’attentato fallito all’Olimpico.
Catturato nel 1994 e richiuso in prigione, ha avuto un figlio nel 1996. Ufficialmente, è riuscito a trafugare all’esterno una provetta contenente il suo liquido seminale (?); ufficiosamente, ha dormito per mesi in compagnia della moglie in regime di carcere duro (!).
Ecco, immaginate di svegliarvi e di leggere che un tipo del genere, un romantico che alla passione non rinuncia neppure dentro al 41bis, ha detto di aspettarsi da voi un po’ di riconoscenza per i favori che vi ha fatto, laddove per favori si intendono le stragi che avrebbero favorito la vostra carriera politica.
Chissà cos’ha pensato in quel momento Berlusconi. Forse si sarà seduto in poltrona, telefono alla mano, pronto ad affrontare tutte le testate più tignose. Al suo segnale, scatenare l’Ufficio Stampa.
E invece niente. Il telefono non squilla, tutto procede tranquillo. Nessuna polemica, nessun can can, a parte i latrati di Dudù, un lieve belato d’agnello che reclama il suo latte.
Così Silvio si alza, l’adrenalina in circolo, e per scacciare dalla mente il viso di “Madre Natura” raccoglie l’animale, lo imbocca con un biberon, si accoccola in poltrona.

E invece niente. Il telefono non squilla, tutto procede tranquillo. Nessuna polemica, nessun can can, a parte i latrati di Dudù, un lieve belato d’agnello che reclama il suo latte

Accende la TV, quella di famiglia si intende, ed ecco una piacevole sorpresa. C’è quel giovane virgulto di Paolo Del Debbio, un sessantenne fresco, il volto giusto per parlare ai giovani. Questo Del Debbio gli piace un casino, voleva perfino candidarlo sindaco a Milano.
L’agnello sugge felice, Silvio si fa contagiare e decide di esibirsi nel celebre numero del “Babbo Silvione a sorpresa”. Da Del Debbio un povero diavolo sta raccontando i suoi guai e così Berlusconi molla l’agnello, afferra il telefono e chiama in diretta – il canale è suo, c’avrà anche diritto a interrompere una diretta – per offrire al povero diavolo di comprargli la casa pagando di tasca sua.
Riattacca. Sogghigna come solo lui sa fare. Ora si che scoppia la polemica. La vede, la sente arrivare. Ora parleranno di nepotismo, sultanismo, populismo…
Ma anche stavolta nulla. I grandi giornali – il Fatto, Repubblica, i vecchi amici di una volta insomma – tacciono. Solo sui social si registrano reazioni, e per giunta in maggioranza positive, ma cosa vuoi che contino i social.
Così Silvio si alza, fa una passeggiata notturna nel parco.
Piove. Ascolta. Anche qui solo silenzio, pure Dudù è tra le zampe di Morfeo. Il Nostro si sente smarrito. Ora che tutti parlano di lui senza imbarazzo, ora che finalmente, a 81 anni, è diventato “normale”, lui non si diverte di più.
Com’era bello prima, quando il rumore degli insulti dei nemici lo infiammava, lo caricava per la pugna. Quando all’antico desco si attovagliavano i generali per escogitare un piano di conquista al fianco dell’Imperatore, oppure i messi inviati dai nemici ad implorare una pietosa tregua, e i traditori li si decapitava in pubblico e con lo scalpo in mostra si galoppava dai Colli Romani su fino alle Praterie Brianzole affinché il sacrificio servisse da monito per tutti gli altri. Uno sforzo massacrante, specie passati gli ottant’anni: ma lui sapeva, e c’è da scommetterci sa ancora, come godersi il riposo.

Ma anche stavolta nulla. I grandi giornali – il Fatto, Repubblica, i vecchi amici di una volta insomma – tacciono. Solo sui social si registrano reazioni, e per giunta in maggioranza positive, ma cosa vuoi che contino i social

E invece adesso niente. Un nuovo sole si affaccia su Arcore, mangiucchiando beluga il telefono squilla ma è solo Galliani che ride dicendo tante volte “Donnarumma”, la Panicucci che lo invita alla sua festa.
Massi, perchè no. Ed è li sui divanetti in finta pelle, sotto le luci stroboscopiche succhiando caramelle al rabarbaro, fetticcio umano prestato alla voracia di selfie della plebe, che Silvio proprio non capisce.
La sua faccia sulfurea sembra dire <<Ho fatto e disfatto questo Paese decine di volte, sono stato Presidente del Consiglio quanto nessun altro, sono stato condannato, messo in mezzo dal peggiore dei mafiosi, accusato di adescare minorenni da mia moglie con cui anche nel divorzio ho stabilito un record circa gli alimenti… cos’altro devo fare, adesso, perchè torniate ad accorgervi di me? Che cosa, in nome del Cielo, per essere al centro come prima?>> mentre la Panicucci gli bacia le guanciotte anziane, color del mandarino per il trucco.
Ma la domanda resta inevasa. Come Mitridate col veleno, anche noi in vent’anni abbiamo assunto tante di quelle dosi di Berlusconi che ormai a Berlusconi non facciamo nemmeno più caso, come il Vesuvio in una cartolina da Napoli. Dieci, venti anni fa, quegli stessi avvenimenti, il mafioso che lo cita non sapendo di essere intercettato, l’intervento in diretta nella TV di casa sua, avrebbero fatto scattare l’Apocalisse. Oggi il tutto è perfettamente digerito, tollerato, registrato come si registra una bolletta che arriva puntuale nella buca delle lettere.
Unico Essere nella Storia a sconfiggere Eraclito, Berlusconi è rimasto sempre uguale, e invece di cambiare lui è finita che siamo cambiati noi per diventare come lui, facendo proprie molte delle sue idiosincrasie.
La mafia parla di Berlusconi!
Menate da Fatto… E poi ‘sti magistrati, du’ palle…
Berlusconi ha un conflitto di interesse, usa la TV per farsi propaganda!
Sai che novità…
Il populismo! È inaccettabile che Berlusconi dica —
E Grillo? E Salvini?
Le bugie, le “mille balle blu”!
Ah, perchè Renzi invece…
Le donne, le donne che in questo Paese–- oh, guarda quella che gnocca!
Eh già, proprio una bella gnocca!
Stia sereno, Presidente. Lei non deve fare nulla. Siamo noi che siamo diventati lei. Siamo noi ad essere diventati (chi più, chi molto meno) Berlusconi. E se tutti o quasi siamo Berlusconi, nessuno più si accorge di Berlusconi, qualunque, ma proprio qualunque cosa egli sia ancora in grado di fare. La profezia di Giorgio Gaber insomma – “non temo il Berlusconi che è in lui ma il Berlusconi che è in me” – si è infine verificata.

Avanti con la prossima legislatura quindi. Avanti Berlusconi. Avanti tutti Berlusconi.

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