“No, noi non lasciamo che i nostri figli utilizzino l’iPad”, disse Steve Jobs. “Pensiamo che abbia degli effetti troppo pericolosi su di loro”. Potrebbe stupire o far sorridere, ma Jobs tutto era fuorché un cretino. E sapeva benissimo che i nuovi strumenti creati dalla Apple avevano una particolarità: quella di creare dipendenza.
È un insieme di estetica e design e, soprattutto, di possibilità. Tutte cose fatte per agganciare le preferenze delle persone (che, nonostante gli studi, l’eventuale raffinatezza concettuale, restano sempre semplici, istintive e uguali a quelle degli altri). Come si spiega qui, quello che ne deriva è il behavioural addiction, cioè il ripetere in modo compulsivo alcune particolari comportamenti.
Controllare le email, guardare il feed di Facebook, passare da un episodio all’altro di Netflix (o, in misura minore, dei video su Youtube) ne sono tutti esempi. Non a caso ogni giorno si passano tre ore della vita da svegli sullo smartphone. È tutto voluto e, in realtà, provocato dagli strumenti che si utilizzano: può diventare una slot machine hanno un potere ipnotico proprio per come sono progettate.
Ma si può evitare di rimanere incantati? E soprattutto: si può evitare che vengano coinvolti anche i più piccoli, come lo stesso Jobs temeva (per i suoi ma non per gli altri)? I genitori potrebbero aiutarli cercando di far evidenziare i legami tra ciò che i bambini vedono nello schermo e ciò che vivono nella vita reale. E poi insistere su giochi e programmi più coinvolgenti, cercando di evitare un approccio passivo. Il tutto, sia chiaro, va bilanciato con una vita fuori dallo schermo, con rapporti interpersonali vivaci, sia con i genitori che con attività e giochi con altri bambini. Che poi sono anche più divertenti.