È solo l’ultimo amaro scherzetto per le coppie italiane che hanno adottato un bambino all’estero. Dal 2012 si scopre che non esiste alcun decreto che preveda rimborsi per le spese adottive. Le oltre 14mila famiglie che negli ultimi cinque anni hanno concluso un’adozione internazionale, sottoscrivendo magari mutui e prestiti, non riceveranno quindi la restituzione del 50% delle spese sostenute, come accadeva in passato.
Inutile presentare domanda alla Commissione adozioni internazionali (Cai). La nuova Cai, guidata dalla vicepresidente Laura Laera, sta conducendo un’operazione trasparenza in questo mondo rimasto opaco per lunghi anni. E ha messo nero su bianco anche l’impasse rimborsi ereditato dalle gestioni precedenti, facendo sapere che le spese sostenute per le adozioni concluse nell’anno 2011 saranno finalmente liquidate entro il 2017, ma che per quelle successive non è previsto nulla. «Successivamente al DPCM del 4 agosto 2011, non vi è stato alcun provvedimento analogo che preveda il rimborso delle spese sostenute per le adozioni concluse dopo il 31 dicembre 2011». Pertanto, «attualmente non verrà dato seguito a ogni eventuale istanza di rimborso relativa agli anni successivi al 2011».
Dal 2016 è stato anche istituito il Fondo per le adozioni internazionali, con una dotazione di 15 milioni di euro l’anno, incrementata di 5 milioni nel 2017, in parte destinato anche ai rimborsi. La stessa Maria Elena Boschi nel 2016 aveva dichiarato una disponibilità di risorse fino a 20 milioni di euro. Ma dopo il decreto del 2011, nessuno si è ricordato di firmare un provvedimento che destini le risorse stanziate alle famiglie adottive
Non è che i soldi per le adozioni siano finite nel nulla. Anzi, dal 2016 è stato anche istituito il Fondo per le adozioni internazionali, con una dotazione di 15 milioni di euro l’anno, incrementata di 5 milioni nel 2017, in parte destinato anche ai rimborsi. La stessa Maria Elena Boschi nel 2016 aveva dichiarato una disponibilità di risorse fino a 20 milioni di euro. Ma dopo il decreto del 2011, nessuno si è ricordato di firmare un provvedimento che destini le risorse stanziate alle famiglie adottive. Manca un tassello insomma. Un indicatore di quanto nei palazzi di Roma finora si siano interessati alle adozioni.
La norma stabilisce che le coppie che adottano un bambino all’estero possono contare su una deduzione del 50% delle spese sostenute, purché documentate e certificate dall’ente autorizzato che ha seguito la pratica. Mentre il restante 50% viene rimborsato a seconda del reddito della famiglia. I soldi finora sono arrivati in ritardo, ma sono arrivati. Una misura non di poco conto, visto che per concludere un’adozione internazionale si possono spendere fino a 40mila euro, tra i costi (a volte molto alti) degli enti autorizzati, i viaggi, le traduzioni e la documentazione necessaria. Senza dimenticare i costi post-adozione. C’è chi chiede prestiti ad amici e parenti, chi si rivolge alle banche. Tant’è che gli istituti hanno creato prodotti ad hoc, spesso con tassi agevolati, per chi volesse accendere un mutuo destinato a sostenere le spese per l’adozione. E gli stessi enti hanno sottoscritto convenzioni con le banche.
«Molte famiglie hanno gettato il cuore oltre l’ostacolo proprio sapendo di contare su questo rimborso», si legge nella petizione lanciata dal Coordinamento delle associazioni familiari adottive, che ha già superato le cinquemila firme. «Ricordiamo che la genitorialità adottiva è l’unica genitorialità completamente a carico delle famiglie nelle adozioni internazionali ed è molto costosa e rimane però l’unico modo per dare una famiglia a un bambino in stato di abbandono. Pertanto chiediamo al Presidente del Consiglio e Presidente della Commissione Adozioni Internazionali Gentiloni di rispettare l’impegno con le migliaia di famiglie adottive».
Ma dopo le diverse indagini per truffa ai danni di enti autorizzati dalla Cai, anche le famiglie che hanno speso migliaia di euro senza riuscire a portare a termine l’adozione chiedono l’istituzione di un fondo di garanzia. «Non ci sono solo quelle famiglie che l’adozione l’hanno conclusa, ma anche chi, lanciando il cuore oltre ogni ostacolo, quell’adozione l’ha vista svanire per sempre. Sul piatto della bilancia ci sono troppe famiglie che si sono affidate ad enti autorizzati per i quali, ora più che mai, si chiede una verifica attenta e trasparente», dicono dal comitato Family For Children. Alla Commissione adozioni internazionali, che sugli enti deve vigilare, chiedono quindi di sostenere l’istituzione di un fondo di garanzia «che tenga conto di tutte quelle famiglie che si sono ritrovate ad aver perso tempo, denaro e la speranza di poter dare una famiglia ad un bambino abbandonato».
Sarebbe un segnale importante per restituire fiducia a chi voglia adottare, oltre che per segnare un nuovo corso in un settore in forte crisi, che in questi anni è stato stravolto dalle polemiche e da gravi inchieste giudiziarie.