Il segreto perduto dell’acciaio Damasco, il materiale più forte dell’antichità

In Europa i primi a conoscerlo furono i Crociati: l’acciaio era leggero e resistente. La formula della sua produzione era segreta. E fu proprio questa riservatezza che lo condannò all’oblio

È possibile “disinventare” qualcosa? Se lo chiede un utente di Quora e la risposta, forse, è sì. L’esempio migliore è proprio l’acciaio Damasco, il materiale leggendario utilizzato da numerosi cavalieri del passato, compresi i crociati, la cui formula è tuttora sconosciuta, persa come un segreto nel passato. In tanti, negli ultimi anni, hanno cercato di riprodurlo. Alcuni sono convinti di esserci riusciti, ma non tutti sono d’accordo.

L’acciaio Damasco fu conosciuto dagli europei durante l’epoca delle Crociate. Spade leggendarie in grado di tagliare a metà, in aria, delle piume. Ma che, al tempo stesso, riuscivano a resistere a numerosi combattimenti con i saraceni. Erano riconoscibili a prima vista, per le caratteristiche venature “damascate” che apparivano sulla lama. Ma erano anche molto difficili da riprodurre. Il metodo di lavorazione, come sempre nella storia (e anche oggi) quando si parla di armi, è considerato un segreto industriale.

Il problema è che, mentre sono sopravvissuti vari manuali di tecniche di lavorazione di ogni genere di oggetto dell’antichità, la formula dell’acciaio Damasco è scomparsa nel tempo. La spada, sostituita in breve tempo dall’ingresso delle armi da fuoco, divenne sempre meno importante. In poco tempo fu dimenticata, sopravvivendo solo come leggenda.

Secondo quanto riportano le fonti, il segreto delle spade Damasco stava nel momento della tempratura, cioè del raffreddamento. Si trattava di un processo artigianale che si caricava, al tempo stesso, di numerosi significati magici. La ricetta del liquido di raffreddamento di una spada era un altro, importante, segreto di produzione. Le spade in acciaio Damasco venivano raffreddate, secondo la diceria, affondandole “in sangue di drago”. Una cosa impossibile, chiaro. Ma che rivela, se si confrontano altre fonti, che il liquido utilizzato era rosso (anche se a volte si parla di “medicina verde”).

Esistevano numerose altre storie sul modo in cui si poteva raffreddare una spada. Ad esempio, tenendola in mano mentre si sta in sella a un cavallo al galoppo (cioè raffreddandola con l’aria). Un altro era quello di farla scaldare “fino a quando non diventi come il sole che cresce nel deserto”, cioè molto rossa, e poi di farla raffreddare fino a quando non sia “viola”. È a quel punto che andrà immersa nel corpo di uno schiavo “muscoloso”, in modo da acquisirne, uccidendolo, la forza.

Il processo di tempratura, insomma, era più un rituale che una vera e propria procedura tecnica. Forse è proprio per questo che, tutto sommato, le formule magiche legate all’acciaio Damasco apparivano così misteriose e, per chi non le conosceva, affascinanti. Se si aggiunge poi che, a quel tempo, era uno dei migliori acciai in circolazione, è facile comprendere le ragioni del mito. Tutto questo per dire che sì, l’umanità progredisce. E spesso dimentica quello che si lascia indietro. A volte per sempre.

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