La cosa più bella di “Democratica”, il nuovo giornale del PD in PDF, la cosa più bella, almeno ai miei occhi, è l’immagine che corredava l’editoriale di presentazione del suo direttore, Andrea Romano: non una foto di Renzi, il leader che sa il fatto suo, non una foto dei ragazzi in T-shirt che accompagnano le 1000 e ancora 1000 Leopolde dei nostri sogni, con gli psicanalisti piacioni messi lì a favore delle future ragazze in menopausa, piuttosto un cagnolino, un cagnetto, un canuzzo, messo invece lì a favore di un tripudio di bandiere, ovviamente del PD; e lui, il canuzzo fedelmente renziano, a guardia dell’editoriale di Andrea Romano, mite, quasi un cane di pezza, così almeno sostiene l’infame, a duellare con il barboncino Dudù di Berlusconi, e l’Agnus Dei al biberon di Forza Italia.
Un’immagine che sembra cancellare definitivamente la memoria di un altro cane, anzi, di una cagnetta, Laika, lei sì ancora legata al tempo dell’Unità di una volta, quando c’era Togliatti, e gli sputnik contribuivano alla campagna elettorale del Partito Comunista Italiano, Sputnik e altoparlante, falce e martello e faccia di Gagarin. Il cagnetto del PD, il cagnetto in PDF di “Democratica”, è invece idealmente figlio di Snoopy, figlio di Schulz, proprio un Peanuts, e a guardarlo, sempre lì accanto all’editoriale di Andrea Romano, verrebbe quasi voglia di adottarlo, viene voglia di conoscerne il nome, sapere cosa mangia, se croccantini o piuttosto il cibo umido. D’altronde, come Facebook insegna, sono gli animali, sono i gattini a tenere la breccia, la breccia del consenso, della vocazione maggioritaria, ah, se Veltroni l’avesse capito fin da allora che con i gattini, con i micetti, con i cagnolini, con i canuzzi si vince.
Come Facebook insegna, sono gli animali, sono i gattini a tenere la breccia, la breccia del consenso, della vocazione maggioritaria, ah, se Veltroni l’avesse capito fin da allora che con i gattini, con i micetti, con i cagnolini, con i canuzzi si vince
Forse, il redattore di “democratica”, al momento di piazzare l’immagine di quel canuzzo pezzato accanto all’editoriale di Andrea Romano, deve aver pensato a tutti gli altri animali che hanno lavorato al consenso nel corso dei decenni trascorsi, Laika l’abbiamo già citata, ma ci sarebbero anche da ricordare Dox, il pastore tedesco del maresciallo di pubblica sicurezza Maimone, un asso nel pescare stupefacenti tra le valigie di Fiumicino, Dox ebbe anche l’onore di figurare in un film dove era protagonista un giovanissimo Umberto Orsini, sembra però che nelle scene in cui c’era da mostrarsi attenti, Dox, diversamente da Blondie, il pastore alsaziano di Hitler, avesse bisogno di un supporto extra scenico: ci ha raccontato lo stesso Orsini che dovettero ricorrere alla disponibilità di un mite attrezzista che aiutandosi con un guanto di gomma per tutta la durata delle riprese si trovò costretto a masturbare quel cane affinché si mostrasse all’altezza del suo ruolo.
E non diremo invece del cane dei Vopos, finito impagliato come un eroe al museo della polizia dell’ex Germania comunista, la DDR, e non diremo neppure di Strelka e Belka, le prime cagnette inviate nello spazio dai sovietici. Ma stiamo scantonando, torniamo allora al cagnetto che figura su “Democratica”, a protezione dell’editoriale di Andrea Romano, e per estensione del PD tutto, ergo di Matteo ergo di Maria Elena Boschi ergo perfino di papà Tiziano.
Lo so, ai più l’immagine del canuzzo a protezione dell’editoriale sembrerà un dettaglio, sembrerà, come ho già detto, una copia della pura strategia animalista lanciata da Berlusconi dietro suggerimento, non è da escludere, della padroncina di Dudù, ma noi vi chiediamo di passarvi una mano sul cuore fino al punto di credere alle nostre parole, non può essere un caso, non può essere un capriccio, non può essere un dettaglio l’avere piazzato il primo piano del più caro amico dell’uomo nell’editoriale d’apertura di un giornale, sebbene in PDF, che avanza la pretesa di affermare la modernità liquida, quasi sciolta, almeno a sentire i dubbiosi. Quel cane è bene che Andrea Romano ci faccia sapere a presto come si chiama, qual è il suo nome. Ma che dico? Deve essere lo stesso Matteo Renzi a comunicarne l’intero pedigree alla Nazione, quasi fosse degno erede dei cani del poeta Lucio Piccolo che abitano ancora adesso idealmente il condominio della lirica del novecento, la più segreta la più struggente.
Non può essere un caso, non può essere un capriccio, non può essere un dettaglio l’avere piazzato il primo piano del più caro amico dell’uomo nell’editoriale d’apertura di un giornale. Quel cane è bene che Andrea Romano ci faccia sapere a presto come si chiama, qual è il suo nome. Ma che dico? Deve essere lo stesso Matteo Renzi a comunicarne l’intero pedigree alla Nazione
Insomma, che non finisca con uno scarno comunicato stampa nel quale ci viene detto che quel cane, a guardia dell’editoriale era soltanto un figurante, non potremmo reggere il colpo, non costringeteci a pensare che la battuta dell’ennesimo infame, secondo la quale d’ora in poi anche le feste già dell’Unità saranno in PDF, non costringeteci a pensare che sia stato soltanto un gioco dei grafici. Entro stasera, domattina al massimo, pretendiamo il nome e le pietanze preferite dal cagnetto del PD, umido o croccantini? Su questi dualismi si gioca ormai la sfida elettorale.