Vietato giocare a pallone in cortile. Vietato fumare. Vietato fare schiamazzi. Vietato abbracciarsi con sorriso troppo sorridente. L’agenda politica della sinistra che prova faticosamente a unirsi a sinistra del PD si incaglia sulla foto dell’abbraccio tra Giuliano Pisapia e Maria Elena Boschi sciorinando un’infinita serie di interpretazioni degne di un manuale d’amore. È la posa, dice qualcuno. No, no, è il sorriso, la colpa principale, secondo qualche altro. E le pagine dei giornali si infarciscono di tutte le diverse tesi agitando la penna di retroscenisti, dei duri e puri, degli incazzati, delle brigate anaffettive, dei cultori dell’uno abbraccio vale uno, degli allarmisti, degli arresi, degli stanchi e di chi legge in quell’abbraccio la costituzione nefasta (e segreta) di un nuovo ordine mondiale.
È la sinistra, bellezza. Meglio ancora: è questa sinistra, questa che ci ritroviamo a maneggiare con cura perché non si scheggi e intanto lei non perde mai l’occasione di dimostrarsi in briciole. Ci deve essere da qualche parte a sinistra il tragico convincimento che le “questioni di famiglia” siano una saga interessante per i cittadini: il “Trono di Spade” di quest’estate troppo calda sono i riflussi sentimentali tra Pisapia, Montanari o Speranza? No grazie. Davvero, no.
Certo la politica è una scienza che si applica anche ai comportamenti e una stretta di mano (e il modo in cui la si stringe) è un atto politico, che piaccia o no, ma se davvero le incomprensioni (vere o presunte) hanno bisogno di attaccarsi a una foto allora significa che qualcosa davvero non funziona: la coalizione a sinistra si costruisce intorno alla convergenza di valori e programmi (meglio ancora, intorno alla comunione di valori e programmi) oppure sulla miscela delle diverse simpatie dei capipartito? Capiamoci, per favore, perché se il gioco consiste nello spulciare le figurine allora sappiate che la Waterloo sarà inevitabile: ci sono ex PD che sono usciti “troppo presto” per alcuni, ci sono ex PD che sono usciti “troppo tardi” per altri, ci sono ex compagni di partito che se le sono date di santa ragione durante i congressi, c’è chi si è scisso da quelli che ora si ritrova di fianco, c’è chi fa il nuovo e ha attraversato più di un partito, c’è chi digrigna i denti per funzionare, chi si traveste da pontiere e di nascosto sogna che ne rimanga solo uno, c’è chi è stato europeista e poi ha sbroccato contro l’Europa, c’è chi forse non ha nemmeno più la maggioranza del proprio partito, chi ha votato leggi invotabili, chi dileggia D’Alema e ne è stato inventato (e aspetta fremente una sua chiamata di nascosto), c’è chi vorrebbe un leader non riuscendone a immaginare altri oltre a se stesso e c’è chi ama il formaggio mentre un altro odia il formaggio, chi gioca a bocce e chi si lascia andare al tennis. Se dovessimo fare la conta di tutti gli aspetti minimi e insopportabili ne uscirebbe, come succede in famiglia o con gli amici, un quadro in frantumi. Sono terribilmente asociali, gli uomini, quando sentono le responsabilità di stare insieme, del resto.
«Certo la politica è una scienza che si applica anche ai comportamenti e una stretta di mano (e il modo in cui la si stringe) è un atto politico, che piaccia o no, ma se davvero le incomprensioni (vere o presunte) hanno bisogno di attaccarsi a una foto allora significa che qualcosa davvero non funziona»
Per questo lanciarsi su quell’abbraccio di Pisapia, volendolo prendere come paradigma di qualcosa che è un personale fastidio, è una cagata pazzesca: Pisapia ha detto qualcosa che non avrebbe dovuto dire all’incontro della festa del PD? Questo è il punto. La sua colpa è nell’avere dichiarato di fronte alle persone che animano la festa del PD a Milano di “sentirsi a casa”? Ecco, già meglio. Se il punto è la controversa vicinanza (e la controversa narrazione) dell’ex sindaco di Milano nei confronti del PD allora sarebbe il caso di parlare di questo, non c’è bisogno di di attaccarsi a un abbraccio. Eppure Pisapia (e non solo lui, a dire il vero) ha sempre chiaramente detto di non vedere possibilità di convergenza con Matteo Renzi (potrebbe essere anche un po’ più tagliente, vero) chiarendo comunque di ritenere il popolo dei democratici (gli elettori, soprattutto) parte integrante del centrosinistra. Nessuna novità, quindi. E anche sul rapporto con il PD forse varrebbe la pena di riflettere: siamo tutti d’accordo sui danni che il renzismo ha procurato al Paese e al centrosinistra, ma se si vuole tagliare netto con tutti gli elettori del PD facendo di tutto il partito un Renzi allora ci si prende la responsabilità di veleggiare verso percentuali da Sinistra Arcobaleno. È una scelta, legittima.
Se invece “l’unità a sinistra” vuole essere qualcosa di più della semplice testimonianza residuale allora forse sarebbe il caso di convincersi che anche l’ultimo fuoriuscito dal PD è di fatto il primo elettore e il primo costruttore di una forza che voglia essere di governo. Tra gli elettori del PD, ebbene sì, ci sono ancora le sensibilità del centrosinistra.
C’è, in ultimo, anche un altro punto: ma davvero è utile fare dell’antirenzismo la principale forza aggregante? Ma davvero (in un momento in cui il segretario del PD le sta sbagliando quasi tutte, tanto che qualcuno comincia a scommettere che non arrivi nemmeno alle prossime politiche) vale la pena tenere a galla Renzi proprio grazie a un antagonismo che rischia di rinforzarlo piuttosto che indebolirlo più di quanto stia facendo lui e la sua accolita di dirigenti? Io, personalmente, non ne sono convinto. No.
Però c’è un modo ancora migliore per non rischiare di sciogliersi in un abbraccio: parlare di programmi. Vedersi, incontrarsi e decidere dieci punti dieci, anche solo cinque per iniziare, per dire agli italiani cosa si è sbagliato in questi anni e (soprattutto) quali sono le ricette per invertire la rotta. Un manifesto, un volantino, un pagina web – fate come diavolo volete – che sia chiaro, puntuale e diffuso: stabilire i punti irrinunciabili per la sinistra che verrà. Raccontarli dappertutto, casa per casa, dibattendone città per città. Ma farlo. E in fretta.
E vedrete che non ci sarà il tempo (e nemmeno la voglie) di discutere di abbracci e sorrisi, gli elettori ringrazieranno, e sarà facile capire le reali intenzioni di ognuno. Pisapia incluso. Altro che gli abbracci.