Il personaggio politico dell’anno è, almeno fino a questo momento, Emmanuel Macron: un leader capace di arrivare giovanissimo all’Eliseo, districandosi tra i partiti tradizionali in crisi e ponendosi come nuova speranza non solo di un Paese ma addirittura dell’intero progetto europeo. La vicenda politica dell’attuale presidente francese può essere esemplificativa di cosa si intenda per leadership in politica, ma oltre a vincere le elezioni c’è bisogno di governare, di unire l’idealismo dei programmi al pragmatismo della loro attuazione e soprattutto, c’è bisogno di alimentare il consenso giorno dopo giorno. Macron ha ereditato un Paese diviso, alta è stata l’astensione agli ultimi appuntamenti al voto e molte sono le contrapposizioni che attraversano la Francia con esigenze diverse tra città e campagna, nord e sud, classi sociali e generazionali. Solo il tempo dirà quanto la sua determinazione sarà in grado di conciliarsi con la necessità di dialogare con il suo popolo coinvolgendolo realmente. Intanto arriva già un campanello d’allarme per la sua popolarità. Le Journal Du Dimanche riporta infatti un sondaggio condotto da Ifop in base al quale egli avrebbe perso in un solo mese dieci punti per quanto riguarda la stima della sua popolarità. Il JDD elenca anche una serie di motivi alla base di questo dato, che vanno dai preannunciati tagli alla difesa, ai timori dei pensionati, allo scetticismo che accompagna la riforma del lavoro, fino ai provvedimenti che riguardano il fisco. Nel tempo della disintermediazione della leadership, senza la reintermediazione di nuovi corpi intermedi il consenso si consuma in fretta.
Quello che sta avvenendo in Francia con Macron è solo l’ultimo esempio. La (ri)connessione sentimentale con i cittadini da sola non basta, servono luoghi d’ascolto e dove gestire i conflitti. A proposito di corpi intermedi, En Marche, ora denominata La République En Marche, è nata soltanto il 6 aprile 2016, pochissimo tempo fa se pensiamo che il suo fondatore nel frattempo è diventato presidente e ha vinto anche le successive elezioni legislative. Ma quanto En Marche ha aiutato Macron nella sua incredibile ascesa? In realtà molto, moltissimo ha fatto il suo carisma personale, la sua abilità e il tempismo nel volgere in suo favore una serie di circostanze positive. Ora En Marche e in generale tutti gli spazi di dialogo con i francesi assumono un rilievo notevole per guadagnare nuovamente consenso e approvazione. Da sola la leadership non basta.
«Che Macron abbia una personalità molto accentuata e che ami i simboli ormai abbiamo imparato a capirlo, a cominciare dal suo discorso appena eletto passando per le uscite ufficiali, è palese che l’inquilino dell’Eliseo non lasci nulla al caso»
Che Macron abbia una personalità molto accentuata e che ami i simboli ormai abbiamo imparato a capirlo, a cominciare dal suo discorso appena eletto passando per le uscite ufficiali, è palese che l’inquilino dell’Eliseo non lasci nulla al caso. Una conferma è arrivata anche con il discorso di Versailles dello scorso 3 luglio, a inizio mandato quindi, fatto richiamando l’articolo 18 della Costituzione francese che permette al presidente di parlare a entrambi i rami del Parlamento in Congresso. Macron ha voluto farlo probabilmente per parlare delle Istituzioni che intende cambiare e dei principi a cui intende ispirarsi durante il suo quinquennio. Le linee guida sono state chiare e nette: efficacia, ma anche rappresentatività e responsabilità. Molte sono state le proposte: ridurre di un terzo il numero dei componenti del Parlamento, quest’ultimo con una quota proporzionale, rendere più fluido l’iter legislativo prevedendo la possibilità che le leggi vengano valutate entro due anni dalla loro approvazione. Tra gli auspici dichiarati rilevanti modifiche toccano anche il potere giudiziario e ampio spazio assume inoltre la politica estera. Il programma di Macron, già annunciato durante la campagna presidenziale, si conferma dunque tanto ambizioso quanto dinamico e mira a una vera e propria metamorfosi istituzionale che passerà per il voto e se necessario anche per un referendum. Nel solenne discorso non poteva mancare il riferimento all’Europa e il richiamo alla speranza. “Il popolo francese ci ha fatto conoscere i suoi desideri e noi siamo i suoi servitori” ha detto Macron ancora a Versailles. Ora però sembra che quello stesso popolo vada interpellato, coinvolto e convinto di nuovo per gestire gli inevitabili conflitti e per trovare i necessari compromessi.