Peggio di Fantozzi, l’arroganza del potere è più viva (e inutile) che mai

Dal caso di Sulmona, con le donne a reggere l'ombrellino dei politici, alle battute di Farinetti, Briatore, Salvini, Berlusconi. La figura del Grand. Uff. Lup. Mann. è viva e vegeta. La novità è che ha perso prestigio e autorità

Il Ragionier Fantozzi è morto ma il Grand. Uff. Lup. Mann. è vivo e vegeto, e si mette in mostra ogni giorno con le consuete modalità. Se ne troverà traccia nello scatto fotografico del convegno della Fonderia Abruzzo a Sulmona, con un ministro, un Governatore e un presidente di Consiglio regionale comodi sulle sedie mentre un gruppo di sottoposti (sottoposte, nella fattispecie) in piedi tiene aperto l’ombrello per proteggerli dal tempo variabile: prima pioggia, poi eccesso di sole. Ma abbiamo impronte di Grand. Uff. Lup. Mann anche nel famoso imprenditore del food che in tv minaccia querela alla ricercatrice giudicata molesta (Oscar Farinetti vs. Marta Fana), o nel faraone dei locali di lusso che, sempre in tv, si chiede come si possa vivere con 1.300 euro al mese (Flavio Briatore, Carta Bianca) polemizzando coi ragazzi italiani che restano qui anziché andare all’estero a lavorare «15 o 18 ore al giorno» come tanti coetanei.

Il Grand. Uff. Lup. Mann. prospera nelle aziende ma anche in politica. Fa battute ai sottoposti nei convegni («Signorina, lei quante volte viene?», cit. Silvio Berlusconi) e i sottoposti devono ridere. Insegna a vivere agli studenti senza santi in paradiso («Meglio giocare a calcetto che mandare curriculum», cit. Poletti) e gli studenti senza santi devono applaudire. Maramaldeggia interi popoli alla canna del gas («Ma che ca** ha la Grecia? Isolette, formaggi, il Partenone e basta», cit. Matteo Salvini); derubrica a «spiacevolissimo incidente» una strage con 32 morti (cit. Mauro Moretti); suscita sghignazzi nel suo devoto pubblico chiamando «chiattona» una signora che gli sta antipatica (cit. Vincenzo De Luca). Il Grand. Uff. Lup. Mann. è fatto così, con una sola differenza rispetto all’iconica figura del dott. Barambani della Superditta del Ragionier Fantozzi. La differenza è che la Superditta – la grande fabbrica, il grande ufficio, i grandi partiti – non c’è più da un pezzo, e quell’esibizione di potere appare una cosa un po’ sfigata, poraccia, una cosa da caporali che si credono ancora generali ma sono stati degradati da un pezzo.

Il Grand. Uff. Lup. Mann. è fatto così, con una sola differenza rispetto all’iconica figura del dott. Barambani della Superditta del Ragionier Fantozzi. La differenza è che la Superditta – la grande fabbrica, il grande ufficio, i grandi partiti – non c’è più da un pezzo, e quell’esibizione di potere appare una cosa un po’ sfigata

Povero Grand. Uff. Lup. Mann. La morte di Paolo Villaggio è un’occasione per fare il punto anche su di lui, oltrechè sulla sua vittima designata. È vero, è vivo. E spesso con la sua arroganza ci fa arrabbiare. Ma oltre gli attributi del potere – gli applausi a comando, le risate finte, le hostess sull’attenti con l’ombrellino – non gli resta un granché. Prestigio sociale, poca roba: deve evitare di farsi vedere troppo in giro che rischia i pomodori. Potere, quasi niente: passati i bei tempi delle assunzioni alle Poste da diecimila a botta, con i beneficiati che strisciavano per ricambiare, deve umiliarsi in un’infinita serie di “non posso far niente”. Consenso, non ne parliamo: i sottoposti magari battono le mani, magari gli chiedono pure il selfie, ma poi manco si prendono il disturbo di andarlo a votare, e se ci vanno rischia che votino il suo nemico. Lealtà, figuriamoci: le aziende sono ridotte a perquisire i dipendenti in uscita per evitare che si freghino scatolette di tonno o calzettoni.

Chissà come Paolo Villaggio disegnerebbe, oggi, il fatidico Mega Direttore Clamoroso Duca Conte Pier Carlo Semenzara, che lo obbligava a toccargi il sedere per scaramanzia, mentre giocava a Chemin: sempre arrogante, certo, ma di sicuro più goffo, incattivito, insicuro, un po’ patetico, con le insegne del comando ma senza la sua essenza, che in fondo era la possibilità di promettere cose in cambio della canina subordinazione dei poveracci. Il Duca Conte, a fronte di una pubblica umiliazione, poteva offrire a Fantozzi la scalata dal Tredicesimo al Primo Livello («Quattro piante di ficus, tre telefoni, dittafono, sei quadri naif iugoslavi, tappeto e moquette per terra»): il suo omologo odierno sbatterebbe in cinque minuti contro un ricorso al Tar del Ragionier Filini, o un’inchiesta per abuso d’ufficio, e ti saluto.

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