La grande più grande ossessione delle donne americane? È la “donna francese”. Non come realtà, sia chiaro, ma come mito. La French Girl è uno stereotipo, anzi un archetipo, dello stile migliore (anzi, giusto) per vestirsi, per curarsi, per vivere in generale. La donna francese, come scrive Eliza Brooke su Racked, è “intellettuale, composta, un po’ romantica, non si lascia molto andare e, anzi, non concede con facilità né la sua approvazione né il suo sorriso”. Come è ovvio, è elegante, semplice, profumata (ma non troppo), sa muoversi, sa mangiare formaggio senza apparire volgare e sa tenere in mano un bicchiere di vino per ore, degustandolo senza sdilinquirsi mai. È bianca, eterosessuale e magra.
Per creare questa figura inesistente ma ideale gli americani hanno mescolato insieme modelli di stile e modelle da passerella: da Brigitte Bardot (sensuale, fiera), a Catherine Deneuve, passando per Charlotte Gainsboroug e Jane Birkin (anche se, in realtà, quest’ultima non è nemmeno francese). Il tutto ha portato a un’idea mitologica di stile e bellezza, che ha raggiunto livelli surreali e condiziona, nel profondo, la signora Usa. Anche perché, dietro all’eterea figura, si fa notare sempre qui, c’è ne è una più volgare e grossa (e molto americana): il dollaro. La French Girl è un simbolo e anche un modo per fare girare tanti soldi.
Dietro alla “Frenchness”, cioè la “francesità” dalle profonde radici e dalle importanti testimonial (si pensi alla Audrey Hepburn di Sabrina, che acquisisce stile e sofisticatezza dopo due anni a Parigi), si cela un giro d’affari enorme. Senza contare l’alta moda, che di queste illusioni campa, si annovera un florido mercato di prodotti di bellezza, che regala occasioni d’oro a prodotti di make-up che di francese hanno ben poco, se non l’aspetto (come French Girl Organics), oppure a personaggi dal giusto accento, cioè mezze francesi o francesi americanizzate come Violette, che sarebbero delle truccatrici ma che, grazie alle loro origini, diventano vere e proprie sacerdotesse della bellezza.
È così: la francese (che poi sarebbe la parigina) ha uno stile preciso, che è giusto e inarrivabile al tempo stesso per qualsiasi americana. La “negligenza simulata”, o “purposeful negligence”. Cioè truccarsi ma non sembrare truccata. Pettinarsi, ma non sembrare pettinata. Vestita dopo ore di prove e tentativi davanti allo specchio, ma sembrare uscita con i primi abiti presi a caso (che però, guarda un po’ stanno benissimo). La francese (che poi, appunto, sarebbe sempre la parigina), non parla né di trucchi né di bellezza, non fa la dieta e non va in palestra (o meglio: lo fa, ma non lo dice). Appare naturale. E incarna il sogno parigino, perché tutte le persone – anche le signore americane – hanno bisogno di una grande illusione.
Per molte di loro questa illusione è la speranza, anche contro ogni evidenza, che di là, oltre questo Oceano, viva una popolazione di donne raffinate ed eleganti da imitare. E per aiutarle si è mossa, generosa ma interessata, tutta un’industria, che parte dalla bellezza e arriva all’editoria del self-help, che cercherà di trasformarle. Sapendo bene che non ci riusciranno mai. Perché la perfezione non sta da nessuna parte. Ma se dovesse esistere, sarebbe in un accento francese. Negligente, bianco e magro.