Vuoi realizzare un progetto importante? La cosa migliore è non dirlo a nessuno

Quando si tratta di fare, è meglio tacere. Se lo si comunica agli altri il rischio è di far nascere la sensazione di avere già compiuto qualcosa. E di esporsi alle critiche di persone invidiose e distruttive

Parlare è bene, agire è meglio. Il mondo, come è noto, si divide tra chiacchieroni e sgobboni. I primi parlano, chiacchierano e comunicano, i secondi tacciono ma fanno. A seconda delle fasi, tutti, nella vita, possono trovarsi a far parte di un gruppo o dell’altro. La collocazione è variabile ma il principio è fermo: quando si ha in testa un progetto da realizzare, è meglio parlarne poco. In questo modo si è (più) sicuri di realizzarlo.

Lo spiega la scienza (e anche questo articolo del giornale svizzero Le Temps): secondo un esperimento del 2009, condotto all’Università di New York dallo scienziato Peter Gollwitzer, chi descrive il lavoro che intende fare avrà meno possibilità di realizzarlo rispetto a chi, al contrario, si tiene tutto dentro. Ai 163 partecipanti era stato assegnato un compito specifico da portare a termine in un periodo di tempo piuttosto breve. Una metà aveva l’obbligo di mantenersi riservata, l’altra di discuterne in modo aperto. Al termine della prova i risultati parlavano da soli: i chiacchieroni non avevano combinato quasi nulla, ma sentivano di essere molto vicini alla fine del loro lavoro. I “taciturni”, invece, erano molto più avanti dei loro colleghi, ma sentivano di non essere a buon punto. Secondo gli scienziati, il fenomeno ha diverse spiegazioni.

Prima di tutto, “quando una persona parla con i componenti della sua cerchia dei suoi obiettivi, il suo inconscio comincia a considerare i suoi sogni come realtà”. Tutta colpa delle reazioni degli amici: incoraggiamenti, complimenti e sguardi ammirati riempiono l’orgoglio e regalano la sensazione (sbagliata) di aver già ottenuto il risultato sperato. Questo fa calare la tensione creativa e toglie motivazione all’impegno.

Viene meno, esaurita in chiacchiere, una pressione a fare le cose che, nella maggior parte dei casi, costituisce il motivo principale per agire. Chi non parla, invece, è più forte perché – continuano gli studiosi – non si espone nemmeno al giudizio, spesso negativo, degli amici. “Quando gli altri si dimostrano scettici nei confronti dei progetti di una persona, è facile che questa si senta scoraggiata. Mettere in dubbio un’idea è il primo passo per cui anche chi l’ha pensata cominci a dubitare della sua efficacia”. In questo senso, ci vuole anche un poco di follia.

Il problema è che spesso, quando si parla, non si fa caso all’esperienza dell’interlocutore. È probabile che le critiche principali derivino da chi, nella vita, non abbia mai dimostrato il coraggio di mettersi in gioco. Criticare gli altri lo mette anche al riparo dal giudizio, negativo, su di sé. Chi, invece, ha già compiuto progetti simili avrà un atteggiamento molto più costruttivo (o meno distruttivo). Scegliere le persone con cui confrontarsi, allora, è un altro consiglio importante: non basta parlare poco. Bisogna farlo anche con le persone giuste.

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