Il cinema Empire di New York, a due passi da Times Square, stasera è tutto pieno: i biglietti messi in vendita al prezzo non esattamente popolare di 40 dollari sono esauriti da un pezzo, la stessa cosa vale per centinaia di cinema sparsi per i cinquantadue stati dell’Unione.
Eppure Hollywood, dopo un’estate disastrosa dal punto di vista degli incassi, non tira alcun sospiro di sollievo: sui grandi schermi non ci sarà un film, ma un incontro di pugilato unico nel suo genere.
A incrociare i guantoni, per l’occasione pesanti solo 8 once, saranno il 40enne americano Floyd Mayweather – l’unico ad aver eguagliato, con 49 vittorie e nessuna sconfitta, il record di Rocky Marciano – e Conor McGregor, un irlandese dal passato complicato, che di incontri di boxe, in carriera, non ne ha mai combattuto uno.
Per capire come mai l’incontro tra il pugile più vincente di sempre e un esordiente totale dia origine a un business da circa un miliardo di dollari, bisogna partire dal boom delle Mixed Martial Art, uno sport diventato popolare in Giappone e negli Stati Uniti negli anni ’90 che oggi conta milioni di fan in giro per il mondo.
Si tratta di uno sport di combattimento che combina le tecniche di tutti gli sport da ring esistenti, un fenomeno post-moderno che, come tutti i fenomeni post-moderni, mescola codici già esistenti per creare qualcosa di completamente nuovo. A prima vista una rissa in una gabbia ottagonale, le MMA sono invece un mistero di tecnica e atletismo esasperato, tanto che la testata sportiva più prestigiosa al mondo, ESPN, le ha più volte definite “lo sport del futuro”.
Per dare un’idea del giro d’affari, basti pensare che la promotion di MMA più famosa del pianeta, la UFC, è stata recentemente acquistata da una multinazionale americana dell’intrattenimento per la cifra di 4 miliardi di dollari, più di quanto la Disney abbia sborsato per la Marvel.
Conor McGregor è l’atleta UFC più noto, l’unico capace di conquistare contemporaneamente le cinture di campione dei pesi piuma e di quelli leggeri. Un fenomeno mediatico da 6,5 milioni di fan su Facebook, un mostro di talento sia sportivo che comunicativo, entrato nella classifica di Forbes dei 25 sportivi più pagati del mondo.
Il commentatore di Fox-Sport Alex Dandi, ovvero la voce italiana dell’ottagono UFC, lo racconta così a Linkiesta. «Oltre ad essere un atleta eccezionale e un personaggio eccezionale, Mc Gregor è eccezionalmente intelligente. Tutto quello che fa e dice, sia dentro che fuori l’ottagono, è frutto di una pianificazione perfetta, attenta ad ogni dettaglio. In pochi anni è diventato un’icona mondiale, non solo delle MMA e dello sport, ma della cultura pop di questo inizio secolo».
Questo trascendere i confini dello sport per entrare in quelli della cultura popolare è, per Dandi, il segreto del successo di un incontro discutibile sul piano sportivo (stiamo parlando di un 49-0 che combatte contro uno 0-0), ma impressionante da quello mediatico. «Sono due icone, una contro l’altra – aggiunge -: non è mai accaduto nella storia. In chiave pop questo match è la trasposizione nella vita reale di scontri epici del mondo del cinema o dei fumetti. Mayweather vs McGregor è Alien vs Predator, Freddy vs Jason, Superman vs Batman. La fascinazione va oltre l’interesse sportivo. Bisogna poi considerare che boxe e MMA sono due sport mediaticamente antagonisti. Mentre le MMA conoscevano un successo vertiginoso la boxe – per varie ragioni – perdeva terreno. Tra i fan delle due discipline è nata una rivalità, e così l’incontro è diventato una specie di passato contro futuro, di conservatori (i fans della boxe) contri i progressisti (i fans delle MMA)».
«Mayweather vs McGregor è Alien vs Predator, Freddy vs Jason, Superman vs Batman. La fascinazione va oltre l’interesse sportivo. Bisogna poi considerare che boxe e MMA sono due sport mediaticamente antagonisti»
Il discorso “boxe contro MMA” è stato uno degli argomenti forti con cui il portentoso apparato di marketing che si è occupato di promuovere l’incontro ha costruito gran parte dell’hype attorno all’evento. Tuttavia si tratta di una forzatura evidente: l’incontro sarà, a tutti gli effetti, un incontro di pugilato, sport dove Mayweather eccelle da una vita e dove McGregor deve ancora esordire.
Proprio per questo, il paragone con lo storico incontro che Muhammad Ali e la leggenda del wrestling giapponese Antonio Inoki combatterono nel 1976 a Tokyo è, secondo Dandi, poco calzante. «Paragone suggestivo ma non del tutto azzeccato – aggiunge Dandi -. Quello fu un match interstile mentre questo sarà un match di boxe. In questo caso è McGregor che entra in un territorio sconosciuto e tenta l’impresa contro uno dei migliori di tutti i tempi. Inoltre, è bene dire che la popolarità di Inoki al tempo non era minimamente paragonabile alla popolarità di McGregor di oggi».
A prescindere dal vincitore, i fan che hanno speso 100 dollari per acquistare il match in Tv (per non parlare di chi ne ha spesi almeno 1.000 per vederlo dal vivo) si augurano che lo sviluppo sia diverso. Ali vs Inoki fu infatti una noia mortale: il wrestler passò tutto l’incontro sdraiato a terra perché, per effetto del complicato regolamento creato per l’occasione, in quel modo Ali non era autorizzato a colpirlo. Di fatto, per 12 riprese non accadde nulla e gli organizzatori rimpiansero di non aver dato ascolto a Vince Mc Mahon senior, padre dell’attuale proprietario della federazione di wrestling WWE (marito di Linda Mc Mahon, ministro del governo di Donald Trump), che suggerì ai due contendenti di recitare il seguente canovaccio: Ali avrebbe dovuto massacrare Inoki per tutto il match, fino a che il giapponese, non visto dall’arbitro, avrebbe dovuto tagliare la fronte del pugile con una lametta nascosta nel pugno e aggiudicarsi l’incontro per KO tecnico. Pazzo di rabbia, Ali avrebbe gridato “it’s Pearl Harbor again!”, lanciando una rivincita da combattersi in quel di Las Vegas.
Niente di tutto questo accadrà stasera, visto che tra i tanti record battuti dall’incontro c’è anche quello relativo alle scommesse generate. Quote e pronostici sono stati un tormentone durato tutta l’estate, ma la domanda è rimasta la stessa: il debuttante Mc Gregor ha davvero una chance? «All’inizio McGregor era molto più sfavorito. Ora le quote si sono avvicinate perché moltissimi fan dell’irlandese hanno iniziato a scommettere per il loro idolo. Non credo quindi che i bookmakers diano vere speranze a McGregor, sono stati costretti ad adattarsi perché le persone che pensano che McGregor possa farcela, e ci scommettono sopra soldi, sono tante. Da osservatore tecnico di entrambi gli sport, non vedo la possibilità di McGregor di poter vincere eppure c’è una parte irrazionale di me che mi fa credere nel miracolo. È la parte dell’appassionato di MMA, del fan di vecchia data di McGregor. E così torniamo al punto di partenza, al discorso MMA versus boxe».
Mentre il New York Times dedica da una settimana un articolo al giorno al match e nei bar di mezzo mondo non si parla d’altro da settimane, in Italia i media main-stream hanno tentato negli ultimi giorni un’improbabile rincorsa, dopo aver ignorato l’incontro tutta l’estate (ad eccezione di un “commento” uscito a giugno su un noto quotidiano sportivo diventato virale nella comunità italiana di appassionati per il numero di castronerie riportate). Sul perché di questo ostracismo, Dandi ha le idee chiare. «Il nostro è un paese moralmente cattolico, nel bene e nel male, e uno sport dove ci sono persone che si menano viene immediatamente bollato come violento. C’è un grosso lavoro da fare per spiegare che le MMA non hanno nulla a che fare con la violenza ma sono solo uno bellissimo sport, nemmeno più pericoloso di tanti altri».
Per capire come mai l’incontro tra il pugile più vincente di sempre e un esordiente totale dia origine a un business da circa un miliardo di dollari, bisogna partire dal boom delle Mixed Martial Art, uno sport diventato popolare in Giappone e negli Stati Uniti negli anni ’90 che oggi conta milioni di fan in giro per il mondo. Si tratta di uno sport di combattimento che combina le tecniche di tutti gli sport da ring esistenti
Si tratta, soprattutto, di una questione culturale. Le MMA sono uno sport giovane seguito in prevalenza da giovani eppure complicato, con un suo lessico specifico fatto di termini tecnici provenienti dall’inglese, dal giapponese e dal portoghese, che richiede competenze specifiche per essere raccontato. Secondo un modo di fare tipicamente italiano, piuttosto che investire sulla novità, i media preferiscono far finta di nulla, rinunciando agli introiti che migliaia di appassionati porterebbero in dote. «Se gli chiedi perché ignorano la disciplina, ti dicono “noi ci occupiamo solo di sport olimpici”. Già, e la Formula 1 allora? È ovvio che è una scusa che maschera una mancanza culturale, una diffidenza verso il nuovo tipica di tutta la società italiana. Ma le cose cambieranno, la crescita è inarrestabile, basta vedere i numeri che fanno i blog o le pagine Facebook dedicate a UFC».
Una crescita a cui Alex Dandi sta contribuendo in prima persona. Insieme all’imprenditore Frank Merenda, ha fondato nel 2014 la promotion italiana Venator Fighting Championship, un esperimento sportivo ed imprenditoriale già diventato un punto di riferimento europeo (prossimo evento: il 14 ottobre al Teatro Principe di Milano).
Proprio Venator ha lanciato il promettente Marvin Vettori, alias “The Italian Dream”, uno dei due italiani che attualmente combattono in UFC (l’altro è Alessio Di Chirico). Ma un Mc Gregor italiano, prima o poi, comparirà?
«In Italia un personaggio come McGregor non verrebbe capito – conclude Dandi -. Non è nelle nostre corde culturali. Servirebbe un atleta giovane capace di creare empatia con il grande pubblico italiano ma non è cosa che si crea a tavolino. Abbiamo Di Chirico e Vettori in UFC, altri giovani si stanno facendo notare. Anche in questo caso sarà solo questione di tempo».
Fuori i secondi: a prescindere da stasera, per le MMA sarà un successo.
Mentre il New York Times dedica da una settimana un articolo al giorno al match, in Italia i media main-stream hanno tentato negli ultimi giorni un’improbabile rincorsa, dopo aver ignorato l’incontro tutta l’estate (ad eccezione di un “commento” uscito a giugno su un noto quotidiano sportivo diventato virale nella comunità italiana di appassionati per il numero di castronerie riportate)