È vero che in Italia si fanno pochi figli. Ma anche per i pochi bambini che nascono, i pediatri nei nostri ospedali non bastano più. L’ultimo allarme arriva dalla Fondazione Poliambulanza di Brescia, una delle eccellenze ospedaliere lombarde. «Mancano i pediatri, e soprattutto quelli specializzati in neonatologia», dicono. I bambini in Italia sono circa 4,5 milioni, i pediatri 13mila. E la previsione è che entro il 2020 avremo un calo ulteriore del 40% dei pediatri ospedalieri. Mentre da Nord a Sud, i pochi bandi degli ospedali spesso vanno a vuoto.
Dietro la scomparsa dei medici pediatri, c’è tutto il mix di malesseri della sanità italiana. Con il blocco del turn over e i ritmi massacranti nei reparti, in tanti si sono spostati verso la libera professione. Ai bandi degli ospedali spesso non si presenta nessuno. I candidati al massimo sono poco più del numero richiesto. A Faenza, l’azienda sanitaria aveva pensato di introdurre la copertura pediatrica per 24 ore, ma ben due bandi sono andati deserti. Sul tavolo c’era un contratto a tempo determinato, e nessuno si è presentato.
E i contratti delle scuole di specializzazione in pediatria (di cui abbiamo già parlato) pagati con i soldi pubblici sono pochi per il reale fabbisogno. Così, alla fine, il conto tra chi va in pensione e chi viene assunto ha sempre il segno meno davanti. Per fare un esempio: nel 2015 sono andati in pensione 800 pediatri, ma dalle scuole di specializzazione ne sono usciti solo 280 in un anno. Tanto che, pur di avere personale nei reparti di pediatria, qualche ospedale come la Fondazione Poliambulanza, ha anche pensato di contribuire alle spese per formare nuovi specializzandi.
Le previsioni non sono confortanti. Secondo i calcoli della Società italiana di pediatria, si passerà dai circa 13mila pediatri del 2013 a poco più di 8mila entro il 2020-2025. Vale a dire circa 5mila pediatri persi per strada. Mentre molti laureati in medicina restano fuori, tra i non ammessi ai concorsi di specializzazione. La Federazione italiana medici pediatri calcola che, considerando il massimale di 800 assistiti più le deroghe (così si arriva intorno a mille pazienti), il 15% dei bambini nati in Italia già ora si trova senza pediatra di riferimento.
Per migliorare la situazione basterebbe aumentare il numero dei posti disponibili nelle scuole di specializzazione in pediatria, accettando le risorse economiche che soggetti terzi mettono a disposizione. Una sorta di mecenatismo. Sarebbero posti aggiuntivi che integrerebbero quelli con costi a carico della collettività ed assegnabili con il medesimo meccanismo di quest’ultimi, tramite il concorso nazionale
La difficoltà, secondo la Fondazione Poliambulanza di Brescia, riguarda soprattutto l’attività della terapia intensiva neonatale, cioè l’attività di assistenza medica per i bimbi nati prematuramente. I dati dicono che ogni cento nati c’è un bimbo che ha bisogno della terapia intensiva. Ma in corsia spesso non c’è chi se ne può occupare.
«La mancanza di medici pediatri è legata soprattutto alla programmazione insufficiente delle scuole di specializzazione in pediatria», spiega Daniela Conti, direttore del personale della Fondazione Poliambulanza. «Inoltre, rispetto a una branca ancora poco esplorata della pediatria come la neonatologia abbiamo pochissimi medici specializzati e un’attività formativa ancora carente».
Gli ospedali, in alcuni casi, hanno fatto anche sapere di essere disposti a sostenere il costo degli studi degli specializzandi, circa 25mila euro all’anno. Ma la proposta è bloccata dal numero ristretto dei posti aggiuntivi finanziabili, quantificato dal ministero dell’Istruzione. «Per migliorare la situazione basterebbe aumentare il numero dei posti disponibili nelle scuole di specializzazione in pediatria, accettando le risorse economiche che soggetti terzi mettono a disposizione. Una sorta di mecenatismo», dicono dall’ospedale bresciano. «Sarebbero posti aggiuntivi che integrerebbero quelli con costi a carico della collettività ed assegnabili con il medesimo meccanismo di quest’ultimi, tramite il concorso nazionale».
Ma la programmazione di lungo termine al momento non sembra uno degli obiettivi del nostro sistema sanitario nazionale. A fine luglio, dopo una lunga attesa, è arrivato il decreto che determina il numero dei posti nelle scuole di specializzazione. I contratti sono 6.105. Ben al di sotto dei 7-8mila posti calcolati dalle associazioni di categoria e dai sindacati per coprire il fabbisogno dei nostri ospedali.