Basta digitare “Hi”, e parte il barrito giusto. Oppure dire “Let’s Go”, cioè “andiamo”. E anche “Sono stanco”, o “mi infastidisci”. Tutto nella lingua degli elefanti. Il sito, che si chiama appunto “Hello in Elephant” è in grado di tradurre dall’inglese alla lingua degli elefanti. Riproduce, per ogni espressione, il suono giusto. O meglio, il suono che secondo i ricercatori possiede quel significato.
È il risultato di decenni di ricerca sul campo, in particolare al David Sheldrick Wildlife Trust, in Kenya, dove Rob Brandford si occupa di ospitare, curare e riabilitare gli elefanti. “Sentiamo questi barriti tutti i giorni.”. Hanno imparato, in lunghi 40 anni, a distinguere i toni, le inflessioni, le espressioni degli elefanti. Per ogni suono registrato, veniva segnata l’attività che l’animale stava svolgendo. Il database che si è formato, impressionante, ha fornito il materiale per il sito. Che, sia chiaro, più che una verità scientifica vuole essere un modo per sensibilizzare il grande pubblico e, alla fine, ottenere qualche donazione in più.
“Gli elefanti hanno un mondo emotivo molto simile al nostro. Sono sofisticatissimi in termini di capacità emotiva: dimostrano senso dell’umorismo, consapevolezza. Provano gioia e dolore”. Tutte cose che, sottolinea il ricercatore, “sono molto rare in altri animali”.
È una causa giusta: gli elefanti sono in pericolo. Cento anni fa erano, si stima, circa 10 milioni. Oggi sono 400mila, e si pensa che tra sette anni saranno ancora di meno: 190mila. La causa? I cacciatori di frodo, senza dubbio. Ma anche lo sviluppo incontrollato dell’Africa: gli antichi habitat di questi animali vengono interrotti, riscritti e ridisegnati da nuove strade e città, tagliandoli fuori da fonti di acqua e di cibo. Si rischia di far estinguere una specie. E anche – ma questo non lo avrebbe detto nessuno – una lingua.