Immaginate la scena, vi alzate la mattina, la nuova caffettiera domotica si accende (ha un sensore di prossimità integrato) appena entrate in cucina. Con un dolce drin vi avvisa che il caffè doppio macchiato è pronto. Vi avvicinate e la caffettiera vi esplode in faccia provocandovi ustioni su tutto il volto.
Benvenuti nel nuovo terrorismo 4.0.
Facciamo una breve cronistoria del terrorismo per comprendere come si passa dalle torri gemelle alla caffettiera assassina.
Terrorismo 1.0
Il terrorismo vecchio stile: uno o più individui che per ragioni varie diffondono il terrore tramite azioni violente.
Con l’evoluzione delle democrazie e dei mezzi di comunicazione le azioni terroristiche hanno proliferato (soprattutto la loro diffusione come contenuto).
I giornali vendono la notizia. Una morte, in un ambito violento e teatrale, può sicuramente aiutare a vendere più copie. Questo sinistro rapporto media-terrorismo, per quanto non cercato (almeno dai media) è continuato nel tempo.
Terrorismo 2.0
Un’evoluzione verso quello che possiamo chiamare terrorismo 2.0 lo possiamo identificare con le Torri Gemelle.
Un evento che ha avuto una copertura mediatica senza precedenti.
Tutti ricordiamo il signor Bin Laden, nella sua grotta, con gli AK47 alle spalle, che minacciava di scatenare contro il mondo occidentale un eterno jihad. Storicamente quello fu il primo momento in cui un terrorista sfruttava in modo strutturato i media, per poter veicolare il suo messaggio di terrore.
Pochi anni prima i media erano divenuti oggetto di interesse degli eserciti di pace. Durante la prima guerra del Golfo l’esercito della coalizione aveva “inserito” i media nelle operazioni militari.
Con Bin laden i media divennero (a loro insaputa) partner nella diffusione del terrorismo. Ogni cittadino nel mondo libero voleva comprendere come si poteva abbattere due torri coordinando tutto da una grotta nel centro di una nazione “a casa di Dio”.
Sono trascorse due guerre, due nazioni devastate e arriviamo alla nascita di un fenomeno nuovo.
In Iraq il generale Petraeus organizza un’azione militare violenta e massiccia contro gli ultimi scampoli locali di Al Qaeda.
I “sopravvissuti” di questo evento si disperdono tra Siria e Iraq.
Fino al tardi 2011 di Isis si sapeva poco nulla. Una delle tante sigle che combattevano in Siria contro il presidente eletto Assad.
Una guerra civile dai contorni poco delineati e i confini molto permeabili, con gente come il capo dei servizi segreti sauditi, il principe Bandar, che andava avanti e indietro.
Il rischio che la vostra caffettiera vi esploda in faccia, che il frigorifero vi svuoti il conto in banca a colpi di cartoni di latte ordinati e mai ricevuti, o che la vostra macchina decida di ammazzare persone per strada non è solo plausibile ma una realtà futura
Terrorismo 3.0
In poco più di un anno Isis sboccia. Il senatore Lindsay Graham, in un intervista, mi confermò che Isis fu “adottato” e accresciuto grazie alle risorse economiche e di intelligence del regno saudita.
Grazie alle risorse donate a Isis, si inaugurò un nuovo modo di fare la guerra. La qualità della comunicazione mediatica di Isis è impeccabile, degna di un set di Hollywood. Una guerra a due facce. Sul territorio “nazionale” che include Iraq, Siria, Isis agisce come fanteria meccanizzata. Arriva veloce con mezzi leggeri (solo in seguito alla presa di Mosul potrà dotarsi di mezzi corazzati), colpisce e terrorizza.
La presa di Mosul fu prima di tutto un successo di guerra mediatica. Prima di attaccare i social media manager di Isis scatenarono un fuoco di artiglieria digitale: messaggi sui social con immagini e minacce rivolte ai difensori di Mosul.
La seconda parte della guerra di Isis, quella praticata in Occidente, è sempre stata principalmente mediatica. Non sono mancati morti e feriti ma se si fa un cinico conteggio delle vittime di azioni Isis in Occidente e sul suolo natio, un paragone quantitativo non è proponibile.
Isis in Occidente uccide, ferisce e, conseguenza diretta, crea terrore. Il contenuto (morti e feriti) viene amplificato. La strategia di Isis in occidente mira a veicolare, con la massima efficienza, grazie anche ai media, la paura.
Un attacco terroristico in Paesi islamici (da Afghanistan a Iraq) deve avere un alto numero di morti e feriti per “guadagnare la prima pagina” su un media occidentale.
Per la stessa prima pagina, Isis deve impegnarsi meno in termini di morti. L’eco mediatico di un atto criminoso in occidente viene decuplicato tramite i media dall’utilizzo efficace dei social media da parte degli stessi terroristi.
Quando Isis rivendica un attacco le singole cellule sui social media possono agire in modo indipendente diffondendo foto e immagini degli incidenti.
Terrorismo 4.0
Quello descritto è uno stadio evolutivo che si proietterà verso il terrorismo 4.0.
Come capiremo quando saremo entrati in questa fase? Il terrorismo 4.0 comincerà con l’utilizzo di strumenti civili ad uso bellico: droni civili (per intenderci quelli che comprate al supermercato) carichi di esplosivo (un carico sui 4-5 kg di esplosivo può causare seri danni) e scagliati contro bersagli civili. Di lì in poi il passo sarà breve.
Torniamo a parlare di forni a microonde e caffettiere assassine.
Domani avremo frigoriferi intelligenti che, quando il latte sta per finire, lo ordinano. Già ora i dash button di Amazon ci facilitano la vita (forse).
Ci saranno maggiordomi digitali a cui ordinare un sushi consegnato a casa dal nostro ristorante preferito. Alexa è già un buon esempio. Quella parte di mondo chiamata domotica che, in gergo più tecnico, si chiama internet delle cose. Macchine e software che eseguiranno compiti sulla base di direttive impostate da noi e coordinate da remoto dai grandi gestori di dati: Amazon, Facebook, Apple etc..
Cosa succederà quando uno o più di questi gestori verranno attaccati e i loro strumenti diventeranno ostili?
Il rischio che la vostra caffettiera vi esploda in faccia, che il frigorifero vi svuoti il conto in banca a colpi di cartoni di latte ordinati e mai ricevuti, o che la vostra macchina decida di ammazzare persone per strada non è solo plausibile ma una realtà futura.
Come capiremo quando saremo entrati in questa fase? Il terrorismo 4.0 comincerà con l’utilizzo di strumenti civili ad uso bellico: droni civili, per intenderci quelli che comprate al supermercato, carichi di esplosivo e scagliati contro bersagli civili. Di lì in poi il passo sarà breve
Il leit motive è che la tecnologia sarà sempre più avanzata, che tutti i grandi gestori di big data possono proteggere i nostri dati. È falso.
Dalle banche alle compagnie telefoniche, dai gruppi media alle auto la lista di compagnie che si definivano “inviolabili” e sicure, è piuttosto lunga.
Esempi? Unicredit banca hackerata e i dati sottratti. Dati, per dichiarazione della banca, inutili. Il concetto di correlazione di dati per ricavare password è un concetto piuttosto comune tra gli hacker.
Macchine automatiche? Hackers cinesi hanno corrotto e comandato un’auto da 24 km di distanza. Compagnie telefoniche? Talk talk si vede rubare alcuni milioni di dati utenti. Apple vede il suo cloud bucato. Sicurezza militare? Nsa sfondata.
Google addirittura che si vede il suo maggiordomo hackerato (in questo caso per gioco) da Burger king.
E questo è solo l’inizio.
Questo reame si chiama terrorismo 4.0.
Le dinamiche, le strategie e le conoscenze che lo realizzeranno sono già presenti sia nel mondo occidentale che in quello orientale.
Dai battaglioni di hacker cinesi, coreani o russi, fino al novelli Snowden (magari con un indole meno pacifica) che decidono di lasciare l’esercito per darsi al mercato privato, fino ad arrivare ai singoli Millenials (o Gen Z) che crescono a pane e codice. Certo la domanda che ci si pone è per quale ragione una persona razionale dovrebbe fare il terrorista. O ancor di più il terrorista digitale. Perché no? Dopo tutto il rischio di morte è potenzialmente minore e, si può supporre, la paga sarà ragionevolmente più alta.
Per tranquillizzare il lettore ho discusso con Matteo Flora, esperto di lunga data di Sicurezza Digitale e di Propaganda Digitale. Uno dei “buoni”, insomma. «Gli unici due elementi che si devono considerare per questo scenario sono costo/opportunità (o ritorno di investimento) e tempo. Allo stato attuale un criminale informatico, o un terrorista, ha molto più interesse a rubare i dati ad una grande azienda e chiedere un riscatto», spiega. «D’altra parte per la generazione del terrore è ancora incredibilmente più economico usare terroristi umani che guidano una veicolo o accoltellano una persona su un tram. Certamente in futuro un forte incremento delle persone che possiedono competenze sufficienti, e quindi “costi” minori e disponibilità di risorse più elevata, unito a alla diffusione quasi epidemica dei device “intelligenti”, creerà le condizione per rendere molto meno fantasioso pensare a organizzazioni terroristiche più strutturate e molto motivate che impostino attacchi in uno scenario di terrorismo digitale» conclude Flora.
L’unica domanda plausibile sul terrorismo 4.0 è quando comincerà, non Se.
@enricoverga
Oggi è ancora incredibilmente più economico usare terroristi umani che guidano una veicolo o accoltellano una persona su un tram. In futuro costi minori e disponibilità di risorse più elevata creeranno le condizione per rendere molto meno fantasioso pensare a organizzazioni terroristiche che impostino attacchi in uno scenario di terrorismo digitale