I crolli a Ischia non sono dovuti solo all’abusivismo edilizio, che è stato giustamente stigmatizzato sia dagli organi di informazione che da Legambiente. In realtà il grave problema di Ischia è un altro e ben più evidente: le case sono vetuste. Casolari, case coloniche e costruzioni contadine ottocentesche, altre di inizio novecento, altre ancora mai messe in sicurezza dopo il terremoto dell’80 e chissà come ancora in piedi.
Molti edifici andrebbero abbattuti e ricostruiti. O almeno puntellati e rinforzati per far fronte ad eventuali, ulteriori, terremoti visto che siamo in zona sismica. A essere vulnerabili sono in generale tutti i vecchi edifici, che sull’isola sono molti, pari quasi ad un terzo dell’intero patrimonio immobiliare (ma non ci sono purtroppo stime precise). Clotilde Bavaro, architetto e studiosa delle strutture, in particolare dell’isola d’Ischia, ha spiegato che è questo il vero problema dell’isola.
“Ischia parte con un patrimonio edilizio costruito perlopiù da pescatori – spiega a Linkiesta – oltre ai palazzi dei nobili che villeggiavano sull’isola. Con gli anni la densità è aumentata. Ciononostante il patrimonio urbanistico non è stato attualizzato e si sono fatte solo manutenzioni e non vere ristrutturazioni o riedificazioni. La normativa vincolistica, giusta di per sé, fa però desistere dal riedificare. Si preferisce l’intervento parziale, spesso sbagliato. Così è cresciuto il patrimonio dell’isola. Un patrimonio particolare, interessante, che va certo preservato ma con corrette e rigorose ristrutturazioni attraverso tecniche edilizie strutturali”.
I fabbricati in muratura di tufo sono stati violati con aperture, soprelevazioni anche in cemento armato e questo mette a rischio l’equilibrio della muratura
Inerpicandosi lungo alcuni comuni colpiti dal sisma (Barano, Serrara-Fontana) è facile imbattersi in alcune di questi vecchi edifici la maggior parte dei quali costruiti col tufo verde del Monte Epomeo, una roccia vulcanica tipica che pare debba la sua colorazione grigio-verde al contatto con l’acqua sottomarina. Utilizzata da sempre sull’isola per l’agricoltura, in edilizia è stata utilizzata per la costruzione delle case e dei muri a secco, le famose parracine. Il problema però non è il tufo ma il fatto che queste strutture, vetuste ma ancora possenti, sono state negli anni violate.
“I fabbricati in muratura di tufo – spiega Clotilde Bavaro – sono stati violati con aperture, soprelevazioni anche in cemento armato e questo mette a rischio l’equilibrio della muratura portante. Laddove è stato mantenuto in modo serio, il fabbricato in muratura di tufo potrebbe resistere anche oltre le nostre aspettative. La casa dei bambini salvati era infatti in muratura di tufo ma con soprelevazione in cemento armato. Due murature con strutture così diverse hanno risposte diverse alle sollecitazioni creando così dei nodi fragili. Il problema è che se anche sappiamo che la maggior parte degli edifici ad Ischia è fatto in muratura portante non sappiamo quanti di questi poi sono stati violati”.
Insomma un patrimonio già vetusto di per sé sul quale si è continuato a costruire senza ristrutturare adeguatamente e di cui si conoscono poco i confini. Sarebbe dunque auspicabile un grande cantiere di prevenzione con interventi di consolidamento e riqualificazione del patrimonio e con una messa in sicurezza di tutti gli edifici?
“La strada maestra è quella del sisma-bonus – spiega Bavaro – perché può dare la possibilità ai proprietari di avere un riscontro di quanto loro vanno a versare. Il privato ha poca disponibilità economica e va incentivato in questo modo. Poi occorre fare un’attività di convincimento sui sindaci, soprattutto dei piccoli centri, che devono conoscere i loro tessuti urbani e utilizzare il bilancio per risanare il patrimonio. Spesso gli stessi sindaci non conoscono le normative, nei piccoli centri c’è scarsità di tecnici, non c’è un nucleo di protezione civile, il personale non è formato e non sa cosa fare in queste situazioni. La sanzioni purtroppo servono a poco, l’unico strumento che funziona è l’incentivo economico con accesso a crediti senza interessi o con interessi irrisori”.
Oltre agli edifici vetusti c’è però un altro fattore non meno importante di cui si è parlato poco e male: la conformazione del territorio d’Ischia ma anche la natura stessa del terremoto che non è quella che si è creduto all’inizio. Non è normale infatti che un terremoto di dichiarata bassa entità e con un epicentro nel mare provochi crolli del genere, vittime, duemila sfollati e diversi feriti. Il terremoto era davvero così debole e lontano dalla zona di Casamicciola?
Il terremoto è avvenuto a poca profondità non in mare ma giusto sotto alla zona dove ci sono stati i maggiori danni ed ha fatto crollare case vecchie e violate dal punto di vista strutturale
“La determinazione della profondità dell’ipocentro del terremoto – spiega Egidio Grasso, presidente dell’Ordine dei geologi della Campania – è molto importante. Si partiva nelle constatazioni da un terremoto di una magnitudo dichiarata di 3.6 con una profondità ipocentrale di 10 km. Con questi dati però i danni registrati erano eccessivi. Ora già parliamo di ipocentro non più in mare ma sotto la zona stessa su cui sorge Casamicciola. La profondità è stata rivista anche sotto i 5 chilometri. Ed è chiaro che con una profondità così limitata anche un terremoto di magnitudo 4.0 si risente in maniera netta o comunque superiore a quella immaginata inizialmente.
Poi c’è un altro fattore. Nella zona ci sono stati fenomeni di amplificazione sismica locale perché il sottosuolo dell’area dove si sono registrati il maggior numero di danni è costituito da terreno detritico, terreno sciolto. Non c’è insomma il tufo compatto che risponde meglio al passaggio delle onde sismiche e contribuisce in maniera differente al sostegno dei fabbricati. Il problema dell’interpretazione dei dati è che ci troviamo su terreni vulcanici interessati anche da fenomeni tettonici. Ecco perché è difficile capire certi dati. Poi tutte le stazioni sismometriche per determinare ipocentro ed epicentro sono localizzati sulla terraferma ed anche questo ha aggiunto ulteriore difficoltà ad interpretare i dati”.
Insomma il terremoto è avvenuto a poca profondità non in mare ma giusto sotto alla zona dove ci sono stati i maggiori danni ed ha fatto crollare case vecchie e violate dal punto di vista strutturale, il tutto su un terreno già friabile e non compatto. Illegittimo dunque l’allarmismo anti-abusivista? Certo che no. E’ giusto condannare l’abuso edilizio (soprattutto laddove si erge su costruzioni già vetuste) ma forse è ancor più giusto (ed urgente) avviare un vasto programma di messa in sicurezza del patrimonio edilizio. Non solo ischitano ma di tutta Italia visto che ci ritroviamo ben 10 milioni di case a rischio sulla nostra amata e bistrattata penisola e se arriva un terremoto di maggiore entità saranno dolori.
@marco_cesario