La destra sta conquistando tutto (soprattutto la sinistra)

Dal pacifismo alla nostalgia per il servizio militare, dalla libertà di insulto alle prediche contro l'hate speech: com’è che senza accorgercene stiamo vivendo il ’68 dei reazionari

Ah, i bei tempi della naja, il servizo militare obbligatorio che educava i giovani a servire la Patria mentre oggi li svezziamo con l’Erasmus, il cavallo di Troia del «globalismo post-nazionale», il demone «dell’erranza planetaria, dell’espatrio permanente, del moto diasporico globalizzato e della centrifugazione postmoderna dell’identità». Se a dirlo fossero le indimenticabili figure del Prof. Aristogitone o del Gen. Damigiani – le macchiette dello spirito reazionario inventate da Arbore e Boncompagni – non farebbe notizia. Ma a parlare così, a evocare con nostalgia il servizio militare per il suo portato “educativo”, è stato ieri uno dei giovani intellettuali più popolari tra i ragazzi, Diego Fusaro. E nel consenso che hanno trovato le sue parole c’è una delle tracce utili a capire i tempi nuovi e il “Contro-Sessantotto” che sta concretizzandosi sotto i nostri occhi, cambiando segno agli slogan che hanno formato le nostre giovinezze. Dal Vietato Vietare a Vietiamo Tutto: il fumo in pubblico e anche in auto, il campeggio libero, gli orsi selvatici, la guida oltre i 60 all’ora, giocare a pallone in spiaggia, al parco e ovunque venga in mente. Dall’elogio delle risate che avrebbero sepellito gli adulti ai funerei post dell’hate speech, bordati di nero, grondanti di allarme e ansie da ottuagenari. Dall’immaginazione al potere all’ossessione per l’ordine, la regola, e ora persino le divise da coscritti e l’Avanti March.

È una mutazione antropologica, un rovesciamento di senso, e varrà la pena avvertire quelli che da quarant’anni invocano il superamento della famigerata “cultura sessantottina”. Il superamento c’è già stato, e da un pezzo. Possono esultare e intestarsi la battaglia vinta. Il Sei Politico è finito da una vita: oggi, al primo anno di scuola superiore, 12 studenti su cento vengono rispediti indietro e altri 23 circa (il record è nei Professionali, 27%) sono rimandati a settembre e costretti a un’estate di studio per mettersi in pari. In totale reflusso anche l’idea dell’emancipazione femminile attraverso il lavoro: sono oltre due milioni le italiane che risultano inattive “per motivi di famiglia” e tra quelle che lavorano (lavoravano) il 22 per cento ci rinuncia alla prima maternità. Che altro? Meno Orario Più Salario? Viene da ridere. La Casa Si Prende L’Affitto Non Si Paga? A Roma stanno sfrattando persino i custodi in pensione degli uffici pubblici. La Tirannia del Consumo? Chiedetelo ai fan di Gianluca Vacchi, che ogni giorno si inchinano al loro Vitello d’Oro a suon di like. E poi scienza, progresso, modernità sostituite dal neo-millenarismo delle scie chimiche e delle sirene assassine, e ancora il local come unica dimensione identitaria ammissibile, e insomma: anziché Che Guevara sulle magliette c’è Nonna Papera (peraltro un gran personaggio); invece del Libretto Rosso, il Manuale delle Giovani Marmotte (peraltro un grande successo editoriale).

Dall’elogio delle risate che avrebbero sepellito gli adulti ai funerei post dell’hate speech, bordati di nero, grondanti di allarme e ansie da ottuagenari. Dall’immaginazione al potere all’ossessione per l’ordine, la regola, e ora persino le divise da coscritti e l’Avanti March.​ È una mutazione antropologica, un rovesciamento di senso, e varrà la pena avvertire quelli che da quarant’anni invocano il superamento della famigerata “cultura sessantottina”. Il superamento c’è già stato, e da un pezzo. Possono esultare e intestarsi la battaglia vinta

The Times They Are A-Changing, come cantava Bob Dylan, ma in direzione opposta e contraria. I leader muscolari e guerrafondai – Donald Trump, Vladimir Putin – sono i più amati e votati. A differenza dei loro predecessori, non hanno nessun bisogno di travestire con perifrasi gentili il loro karma superomista perché le espressioni estreme suscitano consenso. La parola “guerra” piace, chiama applausi. Le maniere rudi conquistano. L’espressione sessista manda in sollucchero. In un’immaginaria riproposizione del film-cult del ’68, Fragole e Sangue, c’è da scommettere che la maggioranza del pubblico tiferebbe per la Guardia Nazionale che mena gli studenti, anzi “quei coglioni buonisti degli studenti”. E ciò sia detto senza alcun giudizio di merito: è quel che succede, è quel che vediamo ogni giorno nella politica, sui media, sui social. È il mainstream culturale del momento. È il motivo per cui in tante circostanze le valutazioni di destra e sinistra si sovrappongono e si incrociano, cancellando le differenze: siamo (sono) tutti figli di questa nuova stagione.

Così la nostalgia della Naja – che in politica accomuna Matteo Salvini a ogni recente ministro della Difesa, Roberta Pinotti compresa – appare solo come la ciliegina sulla torta, la definitiva cartina al tornasole del Come Siamo rispetto al Come Eravamo. Ieri si cercava consenso tra i giovani reclamandone l’abolizione assoluta e immediata; oggi fa audience l’esatto contrario, perché l’idea di una divisa, di una scala gerarchica, delle sveglie all’alba e degli anfibi da lucidare per molti non è più un incubo ma un sogno (anche, viene da sospettare, per il salario e vitto-e-alloggio correlati). Così come piace tutto ciò che delimita e ossifica abitudini consolidate – vogliamo gli stessi vicini di sempre, lo stesso cibo di sempre, le stesse regole di sempre, gli stessi orari di sempre – nello stile più classico della caserma, metafora dell’ordine e della sicurezza assolute. Deprimente? Forse. Ma ognuna generazione sceglie il suo, e c’è poco da fare oltreché dire: buona fortuna ragazzi, con queste premesse ne avrete bisogno.

Entra nel club, sostieni Linkiesta!

X

Linkiesta senza pubblicità, 25 euro/anno invece di 60 euro.

Iscriviti a Linkiesta Club