Questa è una dichiarazione d’amore. E come tutte le dichiarazioni d’amore è irrazionale, forse prematura, non del tutto necessaria e nove su dieci si concluderà con una cocente delusione. Ma gli innamorati sono coraggiosi. E pure un po’ incoscienti. Quindi, procediamo.
Ieri sera, 4 settembre anno domini 2017 è andata in onda la prima puntata della sesta stagione di Camera Cafè. La sitcom d’ufficio trasmessa da Italia 1 dal 2003 al 2008, dopo quasi una decade ha traslocato in quel di Rai 2: striscia quotidiana dalle 21.05, tre sketch. È già abbastanza folle innamorarsi di qualcuno una volta nella vita, farlo la seconda è da mentecatti recidivi. Resta però che il fresco esordio di camera cafè sia stato, senza se e senza ma, un colpo di fulmine, qualcosa di inaspettato, come incontrare un ex dopo anni e ritrovare il solito, adorabile, cretino.
I “cretini” – leggendaria definizione del grande capo De Marinis – principali qui sono due, Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu che finalmente, dopo anni passati a svernare in Mediaset conducendo più che altro il concerto di Radio Italia, sono tornati negli sgargianti panni di Luca Nervi e Paolo Bitta, il sindacalista scansafatiche e il buzzurro amante dei Pooh, protagonisti di Camera Cafè. Per anni i fan hanno invocato un ritorno che poteva assumere tutti i contorni di una gigantesca sòla.
Basti pensare alle operazioni nostalgia flop di cui la nostra tv si è fregiata senza distinzione di rete negli ultimi anni (dall’improbabilissima resurrezione del Karaoke di Fiorello sciaguratamente affidata ad Angelo Pintus, al più recente ma non meno tragico Furore di mamma Rai).
È già abbastanza folle innamorarsi di qualcuno una volta nella vita, farlo la seconda è da mentecatti recidivi. Resta però che il fresco esordio di camera cafè sia stato, senza se e senza ma, un colpo di fulmine, qualcosa di inaspettato, come incontrare un ex dopo anni e ritrovare il solito, adorabile, cretino.
In questo caso, invece, se il buongiorno si vede dal mattino, ci sono i migliori presupposti per una splendida giornata. Gli uffici sono stati parzialmente rinnovati per via dell’imminente acquisizione da parte di una multinazionale cinese i cui boss storpiano le canzoni dei Pooh (“chi picchierà la musica” è già un piccolo cult che avrebbe tutto il diritto di stare su Spotify insieme alle live session di “Minuscola Betty”) davanti ad un sofferente ma rassegnato Paolo Bitta (ancora scosso dal fatto che i Pooh si siano sciolti) e allo stesso Roby Facchinetti, special guest di questa prima puntata.
Poi tutto cambia affinché nulla cambi, dunque riecco il lancio di Silvano (lo sfigato con gli occhiali, quello che le prende sempre da tutti a prescindere) e lo sventurato Pippo, il cui destino è rimasto invariato: essere brutalmente invitato ad andare in bagno qualunque cosa accada. Alle new entry Serena Autieri e Brenda Lodigiani fanno da contrappeso due assenze importanti: quella di Olmo (uno straripante Carlo Gabardini, anche ex sceneggiatore della sitcom, che nei giorni scorsi ha riversato la propria amarezza in un lungo Facebook papiro parlando di immeritoria esclusione dal ruolo) e soprattutto quella di Debora Villa che non interpreterà più la mitologica Patty, fidanzatina di Silvano e “mostro” rompiscatole dell’ufficio.
Un’intera generazione è cresciuta davanti a quella macchinetta del caffè e alle gag in area relax di Paolo Bitta, Luca Nervi, Silvano, Wanda (la stagista settantenne), Alex, lo spietato bodyguard Andrea e tutti gli altri, senza immaginarsi che il mondo del lavoro sarebbe stato davvero così. Camera cafè, versione nostrana dell’omonimo format francese, è un Boris in pillole e proprio per questo è stata per anni lo spauracchio di qualunque autore tv comico (che non faceva ridere) della televisione italiana.
La buona notizia è che può ancora continuare ad esserlo. Certo, la delusione è sempre dietro angolo, anzi, sicuramente suonerà irrazionale, forse prematuro e non del tutto necessario profondersi in una dichiarazione d’amore dopo un solo appuntamento che non sappia di minestra riscaldata. Ma cosa possiamo dire a nostra discolpa? Il fatto è che siamo coraggiosi, incoscienti, in una parola innamorati. E soprattutto che ci siete proprio mancati, “cretini”.