Non è per essere allarmisti, ma il pericolo è reale: la FDA, cioè l’agenzia americana dei prodotti americani e medici, ha dichiarato in una nota che esistono sei modelli di pacemaker (prodotti dalla Abbott) a rischio hackeraggio. Per capirsi, attraverso una rete wi-fi, un hacker può penetrare e controllare il meccanismo che continua a far battere il cuore. E, volendo, cambiare le impostazioni.
“L’accesso al pacemaker – sostiene la nota – potrebbe essere utilizzato per modificare i comandi della programmazione. I rischi per il paziente vanno da uno scaricamento completo della batteria p una modifica inappropriata del ritmo del battito cardiaco”. Come è ovvio l’azienda produttrice, la Abbott, è già corsa ai ripari, con alcune modifiche importanti: per collegarsi al dispositivo le macchine dovranno disporre di un’autorizzazione speciale. Insomma, più difficile craccarle. Ma basterà?
Non è del resto la prima volta che viene lanciato l’allarme. Già prima del 2013, prima cioè che venisse versata sul mondo la grande propaganda dell’Internet delle Cose, alcuni ricercatori avevano già evidenziato il problema. Finora non ci sono mai stati attacchi, o almeno non sono mai stati documentati. Che però la minaccia fosse seria, lo testimonia il fatto che perfino l’ex vicepresidente Usa Dick Cheney avesse deciso di modificare il defibrillatore impiantato accanto al suo cuore. Ci sono almeno 460mila pacemaker in funzione, oggi. E forse non è il caso di abbandonarli a se stessi.