Ritorno sui banchiMensa a scuola, al Sud i bambini restano a digiuno

L’ultimo rapporto di Save The Children “(Non) Tutti a Mensa 2017” dimostra come le cinque regioni italiane con il peggior servizio mensa si trovino tutte nel Mezzogiorno: Sicilia, Puglia, Molise, Campania e Calabria

Ci sono due Italie anche tra i refettori delle mense scolastiche. Una a Nord, l’altra a Sud. L’ultimo rapporto di Save The Children “(Non) Tutti a Mensa 2017” dimostra come le cinque regioni italiane con il peggior servizio mensa si trovino tutte nel Mezzogiorno. In Sicilia, Puglia, Molise, Campania e Calabria il pasto a scuola è disponibile solo per una percentuale di alunni che va dal 20 al 37% massimo. Tutti gli altri restano fuori. Sono le stesse cinque regioni che hanno l’offerta più scarsa per il tempo pieno. E, non a caso, il tasso più alto di ragazzi che non completano gli studi. Il quadro è completo.

Un panorama a macchia di leopardo, quello tracciato da Save The Children, dove ogni regione e ogni comune italiano fa a modo suo. Nelle modalità di erogazione del servizio, nella spesa affidata alle famiglie e nelle tariffe. Guardando nel piatto delle mense scolastiche dei nostri bambini, viene fuori un sistema pubblico disattento ai minori e troppo dipendente dai bilanci pubblici. Ci sono comuni che non prevedono esenzioni e agevolazioni per le famiglie meno abbienti, e magari arrivano a negare un piatto di pasta a un bambino se il genitore risulta moroso. E altri che fanno pesare troppo i costi sulle spalle delle famiglie, che non a caso optano sempre più per panino e “schiscetta” da casa.

Nell’anno scolastico 2015/2016, in Italia solo il 52% circa degli alunni delle scuole primarie e secondarie di primo grado ha avuto accesso alla mensa. Vale a dire solo uno su due. Ma al Sud la situazione è ancora più preoccupante. Nelle regioni meridionali in media il 62% dei bambini non ha a disposizione una mensa. «Ci sono “due Italie” anche nella qualità della refezione scolastica e nella tutela della salute e dei diritti dei bambini, specie di quelli appartenenti a famiglie con reddito medio basso», si legge nel rapporto. «Il mancato accesso al servizio mensa, superiore al 50% degli alunni in ben otto regioni italiane, è davvero allarmante», spiegano da Save The Children. Così come la mancanza del tempo pieno nel 69% delle classi italiane. Con regioni come Molise, Sicilia, Campania e Puglia dove il servizio è quasi inesistente. E «dove c’è una scarsa offerta di mensa e tempo pieno si annida il fenomeno preoccupante della dispersione scolastica». Che in Italia, con il 14% dei giovani che non consegue il diploma, è ancora superiore alla media dei Paesi dell’Ue (11%) e ben lontano dal raggiungimento della soglia del 10% entro il 2020.

Ci sono “due Italie” anche nella qualità della refezione scolastica e nella tutela della salute e dei diritti dei bambini, specie di quelli appartenenti a famiglie con reddito medio basso. E dove c’è una scarsa offerta di mensa e tempo pieno si annida il fenomeno preoccupante della dispersione scolastica

La maglia nera delle mense scolastiche va alla Sicilia, dove l’80,04% degli alunni non usufruisce della mensa, seguita da Puglia con il 73,10%, Molise con il 69,3%4, Campania con il 64,58% e Calabria con il 63,11 per cento. Ma non se la passano bene nemmeno Abruzzo, Marche e Umbria, dove oltre la metà dei bambini non ha un pasto scolastico. Le regioni virtuose sono invece Piemonte e la Liguria, dove solo una percentuale inferiore al 30% dei bambini non usufruisce della mensa.

Se si guarda ai singoli comuni, la situazione sembra ancora più grave. In media il 40% delle scuole italiane risulta sprovvisto del servizio mensa. E anche qui esiste una forbice notevole tra Nord e Sud del Paese. Si va dal 29% delle scuole in Liguria senza mensa al 53% in Puglia. In Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Liguria, Trentino e Friuli Venezia Giulia e nel Lazio la percentuale delle scuole con la mensa scolastica utilizzata almeno cinque giorni a settimana è superiore al 90%, tra il 75% e il 90% in regioni come il Veneto, Emilia Romagna, Toscana e Basilicata, tra il 50% e il 75% in Sardegna, Marche e Abruzzo. Fino ad arrivare a una presenza inferiore al 50% nel restante Centro-Sud, con picco di una percentuale inferiore al 29% in Sicilia. Nel Mezzogiorno ci sono addirittura comuni che offrono il servizio mensa a meno del 10% degli alunni: a Reggio Calabria la copertura è dello 0,07%, a Siracusa dello 0,88%, a Palermo del 2,38% a Foggia del 7 per cento. Fino al caso eclatante del comune di Messina che lo scorso non ha erogato il servizio mensa a causa di motivi connessi al bilancio.

In Italia la mensa scolastica è un servizio a domanda individuale, che quindi può essere o non essere garantito dai comuni. Dipende dai soldi che ci sono in cassa. «Fino a quando le amministrazioni locali continueranno ad avere piena discrezionalità, esisteranno delle disparità», spiega Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia Europa di Save The Children. «Per questo continuiamo a chiedere con forza la riqualificazione della mensa da servizio a domanda individuale a servizio pubblico essenziale». In Parlamento, ci sono due disegni di legge che lo chiedono, uno alla Camera e uno al Senato. E il Piano nazionale infanzia del 2016, per contrastare la povertà infantile e il disagio sociale, prevede anche un’azione dedicata all’accesso alla mensa scolastica. Peccato che ai buoni propositi non sia seguito un investimento adeguato.

Fino a quando le amministrazioni locali continueranno ad avere piena discrezionalità, esisteranno delle disparità. Per questo continuiamo a chiedere con forza la riqualificazione della mensa da servizio a domanda individuale a servizio pubblico essenziale

Ma anche quando i soldi ci sono, non vengono neanche spesi bene. Per il Fondo di aiuti europei agli indigenti (Fead) c’è un tesoretto stanziato per il 2014-2020 di 789 milioni per l’Italia. Tra i punti previsti, 77 milioni di euro sono destinati all’attivazione di mense scolastiche e attività di doposcuola per contrastare l’abbandono scolastico e la povertà minorile. Questi fondi dovevano essere attivati dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali, in collaborazione con il Ministero dell’istruzione. Ma non sono ancora stati erogati.

Intanto i dati dicono che un milione 131mila minori in Italia sono in condizioni di povertà assoluta. Che significa che oltre un bambino su dieci vive al di sotto del livello di vita minino ritenuto accettabile. «La mensa, oltre a svolgere una funzione cruciale nell’educazione alimentare, rappresenta non solo un mezzo di inclusione e socializzazione fondamentale, ma anche uno strumento per combattere dispersione e indigenza», spiega Raffaela Milano. «In Italia la povertà minorile è in costante aumento: è un dovere investire sul servizio di mensa scolastica, garantendo un pasto proteico al giorno a quel 5,7% di bambini che non ha altro modo di consumarlo».

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