Il sindaco Pd di Firenze, Dario Nardella, ha detto che è «un atto di sinistra». La sua ordinanza contro la prostituzione, che prevede multe fino a 206 euro e addirittura fino a tre mesi di carcere per i clienti, ha già fatto scattare la prima denuncia. E sulla scia dell’esempio fiorentino, da Nord a Sud cresce “il partito” dei sindaci anti-prostitute. A Benevento, Clemente Mastella ha emesso un’ordinanza che colpisce sia la persona che offre la prestazione sessuale sia chi la richiede. A Prato un consigliere comunale ha chiesto già di copiare l’ordinanza del capoluogo toscano. E a Cagliari in consiglio comunale il gruppo Fratelli d’Italia-An ha proposto di andare oltre la semplice multa, rendendo anche pubblici i nomi dei clienti.
Tutto grazie al decreto sicurezza Minniti, convertito in legge ad aprile, che consente ai sindaci di emettere ordinanze in nome del decoro urbano, incluse le misure che colpiscono coloro che ottengono prestazioni sessuali a pagamento. «Grazie al nuovo decreto sulla sicurezza di Minniti, convertito in legge, le città hanno uno strumento concreto per contribuire alla lotta contro lo sfruttamento della prostituzione», ha commentato il sindaco Nardella. «Mi auguro che dopo la nostra città altre amministrazioni facciano lo stesso».
Ma a sentire chi sta “sul campo”, le nuove ordinanze non avranno alcuna efficacia nella lotta allo sfruttamento della prostituzione. Anzi. «Siamo davanti all’ennesima crociata fatta per allontanare la prostituzione dalla visibilità», commenta Pietro Massarotto, avvocato e presidente del Naga, l’associazione che con la sua unità di strada ogni notte incontra le persone che si prostituiscono a Milano, facendo informazione e prevenzione. «Sono solo ordinanze di pulizia moraliste, che prendono di mira le prostitute come capro espiatorio. Si ottiene il risultato che le prostitute non si vedono più per strada. Ma così non si combatte la tratta, che invece prospera benissimo nelle case private, diventando invisibile e molto meno contrastabile dalle forze dell’ordine».
Tutte le volte che il fenomeno viene reso invisibile e marginalizzato, aumentano i reati ai danni delle prostitute. Solo perché non si vede non vuol dire che qualcosa non esista. La tratta e lo sfruttamento non ci contrastano in questo modo
Il decreto sulle “Disposizioni urgenti per la tutela della sicurezza delle città” firmato dal ministro dell’Interno Marco Minniti persegue anche la tutela del “decoro” in città. Ai sindaci vengono dati più poteri di ordinanza per “ripulire” le strade da presenze “indecorose”. E le prostitute fanno parte di questa categoria, insieme ad accattoni, ubriachi, venditori e parcheggiatori abusivi. L’autorità giudiziaria avrebbe già gli strumenti per contrastare reati come lo sfruttamento della prostituzione. Le ordinanze sono un di più. E i più critici dicono che Nardella, dopo che la storia del presunto stupro ai danni delle due ragazze americane per opera di due carabinieri ha fatto il giro del mondo, abbia colto la palla al balzo per dare un’immagine di maggiore sicurezza in città. «Un intervento “eticheggiante” per nascondere dagli occhi qualcosa di più complesso come lo sfruttamento della prostituzione», commenta Massarotto.
In passato si è cercato più volte di limitare la prostituzione dalle strade per “comune senso del pudore”. Prima colpendo le coppiette appartate, poi multando i clienti. Nel 2016 la deputata Pd Caterina Bini aveva anche sottoposto alla Camera una proposta di legge che prevedeva una multa da diecimila euro per chi consuma o contratta prestazioni sessuali a pagamento, ma poi non se ne è fatto più niente.
«Quando i clienti denunciati sono andati davanti ai giudici, tutti i decreti che puntavano a criminalizzarli sono sempre stati sconfessati», dice il presidente del Naga. «Si sa già che non funzionano. Tutte le volte che il fenomeno viene reso invisibile e marginalizzato, aumentano i reati ai danni delle prostitute. Solo perché qualcosa si nasconde non vuol dire che non esista. La tratta e lo sfruttamento non ci contrastano in questo modo».