L’India ha un problema con la crescita. Non quella economica ma quella, letterale, della statura dei suoi abitanti. Secondo le stime, un bambino su quattro è rachitico, cioè cresce a una velocità più bassa rispetto a un suo coetaneo sano. È un dato allarmante perché, come rileva Quartz, non è in linea con le tendenze registrate nei Paesi in via di sviluppo: più aumenta il benessere, più diminuisce il rachitismo. In India no.
Gli olandesi, per fare un esempio, sono in media più alti di 20 centimetri rispetto a 200 anni fa. E va bene. Ma anche gli africani sono più alti. Gli indiani hanno visto una crescita economica del 6% ogni anno dal 1992 al 2005, eppure il tasso di rachitismo è sceso solo dello 0,6%. Su altri fronti, poi, il progresso è stato tangibile: aspettativa di vita, istruzione, sicurezza alimentare sono molto migliorate negli anni e hanno raggiunto standard che in molti Paesi africani sono ancora lontani. Perché, invece, la statura è ancora un capitolo difficile? Almeno la metà dei bambini rachitici del mondo si trova in Asia (un terzo è in Africa). E lo svantaggio non è solo in termini di salute: i bambini più bassi sono meno sani e hanno risultati peggiori nei test cognitivi. E guadagneranno di meno.
Le ragioni di questo ritardo erano state attribuite all’abitudine, poco commendevole, di defecare all’aperto. Colpa dei batteri, insomma. Oppure, come suggerisce uno studio di due scienziati della Northwestern University e della Harvard University – nota: ancora da passare sotto le forche caudine della peer review – la colpa sta nella preferenza accordata ai genitori al maschio primogenito rispetto agli altri figli. Viene nutrito di più e meglio e, secondo le ricerche, prevale in statura rispetto ai fratelli. La discriminazione principale riguarda le femmine, in media più basse e meno nutrite.
Alla base della questione, allora sarebbe un fattore genetico. Ma soprattutto, un fattore culturale.