Social & LavoroA Torino il primo corso per diventare Influencer di Instagram

Non basta un selfie con il filtro giusto, o una fotografia del pranzo quotidiano. Il mondo dei social media è sempre più competitivo, e chi vuole trasformarlo in un lavoro non può più improvvisare. Ecco tutti i trucchi del mestiere

Si fa presto ad aprire un profilo Instagram. Per diventare Chiara Ferragni ci vuole molto di più (lo abbiamo raccontato qui). Guai a sottovalutare l’impegno. Non basta un selfie con il filtro giusto, o una fotografia del pranzo quotidiano. Il mondo dei social media è sempre più competitivo, e chi vuole trasformarlo in un lavoro non può più improvvisare. Da Torino ora parte #RoundAcademy, il primo corso in Italia per diventare Instagram Influencer. Il social costola di Facebook ha creato un business milionario, e se si vuole partecipare alla torta bisogna essere professionisti.

Le menti dietro il corso torinese sono RoundAbout, la app (prima nel suo genere in Italia) che mette in contatto gli influencer con le aziende locali, e il seguitissimo blog Le Strade di Torino, primo influencer della città. Dieci lezioni (gratuite) con cadenza mensile «per scoprire che non basta avere 10mila di follower per poter influenzare un pubblico». Si parte il 21 ottobre, imparando i primi trucchi del mestiere e i segreti della brand identity.

Prima regola: in questo mondo i termini in inglese non si contano, quindi abituatevi. Il programma delle lezioni (non solo teoriche), che si svolgeranno nelle sedi delle aziende sponsor, prevede corsi di fotografia, storytelling, comunicazione con i brand e interazioni con la community. In “cattedra” ci saranno le fondatrici di Le Strade di Torino, Jehanne Oostra e Monica Pianosi, e Ilaria Di Lecce e Antonio Montemurro, ideatori di RoundAbout.

«Per essere influencer, non conta solo il numero di follower, ma quanto bene riesci a parlare con queste persone», spiega Monica Pianosi, che ha un passato professionale in una multinazionale della moda. Certo, per potersi definire influencer si deve raggiungere una soglia minima di follower. «Dai tremila in su», dice Monica. «Ma ci sono profili Instagram con centinaia di migliaia di follower e un basso engagement». Dove per engagement si intende una grandezza misurabile incrociando i numeri di impression, reach, like, follower e commenti. Tradotto: saper stare nel mondo, dei social ovviamente. «Se sei sui social, devi essere social. Quindi interagire». E uno dei trucchi per scalare le vette dei follower è quello di usare gli hashtag giusti, in modo da ampliare l’audience anche oltre confine.

Durante il corso, saranno presentati esempi locali, nazionali e internazionali. «Guardando chi lo fa bene e chi lo fa male». Jehanne Oostra, che ha origini olandesi, racconterà cosa succede ad Amsterdam, dove «ormai si consulta Instagram (e non Tripadvisor) per scegliere in quale ristorante mangiare».

Per essere influencer, non conta solo il numero di follower, ma quanto bene riesci a parlare con queste persone. Ci sono profili Instagram con centinaia di migliaia di follower e un basso engagement

​Ed è qui che intervengono gli Instagramer, provando e consigliando locali e bar. Ma anche t-shirt, cappelli, scarpe, rossetti, bibitoni e barrette proteiche. A suon di assaggi, outfit e make-up si dettano le tendenze. E i brand pagano. La remunerazione, ovviamente, varia in base al numero di follower, like e commenti. La proporzione è di circa 1.000 euro a post per un milione di follower. Ma dipende anche molto dal settore: a guadagnare di più sono le modelle, seguite dal mondo del fitness e degli animali.

E spesso dietro a un profilo Instagram che funziona anche a livello economico non c’è una persona sola. Ci sono professionisti, e agenzie (che esistono anche in Italia) che mettono in contatto influencer e brand. È quello che fa ad esempio la startup Audisocial, che realizza anche una classifica giornaliera degli influencer più quotati in Italia. Il 13 ottobre ai primi tre posti ci sono Gianluca Vacchi, Chiara Ferragni e Mariano Di Vaio (una specie di Ferragni al maschile con oltre 6 milioni di follower). Se un’azienda vuole lavorare con uno dei tre, deve esser disposta a spendere molto.

Ma se si fa pubblicità a un brand è sempre buona educazione dirlo. E non solo. L’Antitrust a luglio ha inviato delle lettere di “moral suasion” a vip e aziende specificando che “la pubblicità deve essere sempre trasparente”. «Anche se i brand ogni tanto cercano di non farlo, è importante essere chiari e dire se si guadagna o meno con una certa cosa», spiega Monica. Basta aggiungere #ad tra gli hashtag e l’operazione trasparenza è fatta.

Perché, per quanto il mondo di Instagram appaia tutto patinato e per nulla naturale, «il segreto sono la continuità e l’autenticità», dice Monica. «Il livello di comunicazione è talmente immediato che le persone capiscono subito se la cosa che fai è vera o no. Poi certo, per farsi spazio nel mare magnum degli Instagramer bisogna trovare quella parte della tua personalità che hai voglia di spingere e che non è stra-usata. Ma ognuno deve trovare la sua strada ed essere autentico. Perché è come parlare con i propri amici. Se fingi, se ne accorgono». E anche l’incantesimo di Instagram si spezza.

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