Da un lato c’è un’Europa che cerca di omogeneizzarsi, dall’altro un’Europa che resuscita antiche identità e legami di appartenenza. Il potere viene consegnato, pezzo per pezzo, ai burocrati di Bruxelles, ma intanto fioccano i movimenti indipendentisti che guadagnano sempre più terreno, cioè quelli che il potere se lo vogliono tenere stretto. Non è un caso. Nessuno del resto si stupisce che le lingue territoriali (il gaelico, il gallese, lo scozzese, per restare alla sola Gran Bretagna) vengano sempre più apprezzate e studiate. Ma non erano inutili? Sì, ma solo per trovare lavoro, non per trovare se stessi. Nel mondo c’è posto per tutti, nel cuore per pochissimi.
E allora gli scissionisti spuntano come funghi. Gli inglesi non hanno fatto in tempo a dire goodbye all’Europa che gli scozzesi volevano già staccarsi – due anni prima, nel 2014, ci avevano provato con un referendum sminato all’ultimo secondo, con promesse e concessioni di autonomia – e hanno messo in cantiere un altro referendum: il dubbio sarà scegliere tra Londra e Bruxelles.
La Catalogna, da circa un secolo desiderosa di indipendenza, ormai organizza referendum a cadenza mensile. Le incursioni di Madrid vengono aggirate a forza di tiki-taka legislativi, le manifestazioni si gonfiano di persone e alla fine, quello che era un pugno di sognatori un po’ originali, anche a causa degli errori di Rajoy (qui vengono spiegati bene) negli anni, sono diventati un movimento di massa. Alla fine il governo centrale perde la testa e calano le botte.
Gli altri fronti caldi sono noti: la Baviera da tempo parla di Bayxit, ma la Corte Federale ha già detto “nein”: la Grundgesetz tedesca proibisce ai Land di decidere in solitaria la propria scissione. I bavaresi, ricchi e scontenti, minacciano altre azioni, ma per il momento restano uniti. Allo stesso modo anche Lombardi e Veneti, uniti da un passato austriacante, chiedono a più riprese forme di indipendenza e trattamenti speciali. Il motivo (e vale anche per i Catalani, checché ne dicano) sono, alla fine, i soldi. Che vogliono tenere e amminsitrare per sé.
Questa interessante infografica realizzata da Stampaprint riassume (con la presenza, forse un po’ eccessiva, del Curdistan) le zone più movimentate del continente. Da nord a sud, c’è chi non si rassegna al giogo e al gioco nazionale, dissotterra identità territoriali spazzate via dalla storia, resuscita lingue fino a poco tempo prima esistenti solo nelle facoltà specializzate, reinventa tradizioni e simboli del passato. Perché nel mondo c’è posto per tutti, ma in certe zone solo per chi ci è nato.