TaccolaAldi, il re dei discount arriva in Italia e finiremo per farci tutti la spesa

Il colosso tedesco ha inventato la formula del discount e l’ha esportata nel mondo. Ora arriva in Italia, con almeno 60 punti vendita. Farà male agli altri discount ma anche ai supermercati tradizionali e alle catene di elettronica, a causa della politica commerciale e alla proverbiale efficienza

SCOTT OLSON / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / AFP

Si chiama Aldi e se è un nome che non avete mai sentito, presto le cose cambieranno. Almeno se vivete al Centro-Nord. Si tratta della catena che ha inventato il format dei discount, subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, in Germania, ed è stata una delle prime insegne a espandersi oltre i propri confini, già negli anni Settanta. Dagli Stati Uniti alla Francia al Regno Unito si espansa ovunque, ma in Italia non era ancora mai arrivata. Lo farà a partire dalla fine del 2017, con una sfilza di aperture in tutto il Nord Italia. Partirà con almeno 50-60 punti vendita, per poi raggiungere presumibilmente quota cento. Prime inaugurazioni sono date dalla stampa a Castellanza (Varese), Cantù (Como), Conegliano (Treviso), Rovereto (Trento). C‘è però un punto fondamentale: non saranno aperture qualunque perché dove arriva Aldi si sente eccome.

Un esempio? Prendiamo il Regno Unito, notizia del 17 ottobre: nelle 12 settimane precedenti le vendite di Aldi erano salite del 13%, quelle di Lidl del 16%, mentre i supermercati britannici per eccellenza, Tesco, Sainsbury, Waitrose e tutti gli altri le avevano viste salire tra l’1 e il 3 per cento. Tra i motivi c’è una guerra di prezzi (che ha portato Aldi a vedere scendere i profitti operativi del 17%, a fronte di una crescita del fatturato del 13%), ma c’è anche un sempre maggiore appealing verso una fascia di consumatori che prima non andava nei supermercati. Per questo a essere preoccupati, dal prossimo sbarco del gigante tedesco, non sono solo i discount. «Aldi si può considerare il re dei discount – commenta Sandro Castaldo, professore ordinario di economia e gestione delle imprese all’Università Bocconi -. È un’azienda che funziona molto bene. Lavora su una gamma di prodotti “private label” molto estesa, non solo nell’alimentare. E soprattutto ha fatto “trading up”: era un discount piuttosto bruttino, con la merce messa sui pellet, senza scaffali. Via via si è però trasformato in qualcosa di più simile a un supermercato». Una ricerca del 2002 mostrò come il 95% degli operai, l’88% degli impiegati, l’84% dei dipendenti pubblici e l’80% dei lavoratori autonomi faceva la spesa presso la catena.

Per questo, aggiunge, «i competitor da tempo si stanno tutti preparando al suo arrivo. Penny Market, Eurospin e Lidl stanno anch’essi facendo trading up per attirare una fascia di reddito più elevata. Lidl ha per esempio introdotto una propria linea “deluxe”. Saranno però colpiti anche tutti i supermercati e ipermercati che puntano sulla convenienza. E al di fuori del largo consumo, lo saranno i negozi che vengono telefoni ed elettrodomestici, due categorie da tempo presenti all’interno del discount tedesco». Per gli studiosi del settore, questo fenomeno si chiama ruota del dettaglio: le innovazioni arrivano sempre dal basso perché le aziende fanno trading up.

Perché non sarà un arrivo che passerà inosservato? Perché è il più primo discount al mondo ed è un colosso che ha insegnato a tutti prima come offrire i prodotti al minor prezzo, poi a come conquistare anche chi normalmente non andrebbe in un discount. E poi perché ha un’efficienza quasi leggendaria

Dei dati della società tedesca non si sa moltissimo, spirgano da Mediobanca R&S, perché si tratta di una società non quotata che, come spesso accade con le aziende tedesche, non rende pubblici i bilanci. Il suo fatturato nel 2015 in totale era di poco più di 67 miliardi di euro, ma in realtà si tratta della somma dei ricavi di due gruppi distinti: Aldi Nord (21,8) e Aldi Sud (45,5 miliardi). L’origine della divisione è curiosa, perché i due fratelli fondatori, Karl e Theo Albrecht, nel 1960 ebbero una disputa circa la vendita di sigarette nei supermercati, a seguito della quale decisero di divere le sorti aziendali. È una storia che ricorda quella di altri due fratelli Dassler, che sempre in Germania diedero vita dopo dissapori alle aziende Adidas e Puma. In ogni caso, a Theo Albrecht rimasero i negozi al Nord della Germania (e l’azienda AldI Nord), a Karl il Sud (Aldi Sud). In seguito si divisero anche i Paesi in cui si espansero, tranne gli Usa, dove Aldi Nord opera con l’insegna Trader Joe’s (comprata negli anni Settanta) e Aldi Sud con l’insegna Aldi. Per quanto siano aziende diverse, i prodotti a marchio sono gli stessi, un po’ come accade con le diverse società che compongono le insegne Coop in Italia.

Quello che si sa dell’azienda è che è terribilmente efficiente. «È un’azienda orologio – commenta Castaldo -. Se guardiamo alla logistica, ha quel che si dice una supply chain tesa. Ha un rapporto con i fornitori basato sull’approvvigionamento just in time. Questo le permette di avare poco magazzino, per quanto i magazzini siano grandissimi».

Quello in Italia è a Oppeano, n provincia di Verona, e si estende su un’area di 370mila metri quadrati. Come e più di altri supermercati, il centro logistico è l’hub attorno a cui girano tutti i supermercati. Quando la società pensò per la prima volta di entrare in Italia, dopo la svalutazione della Lira del 1992, dovette rinuciare perché non riuscì a ottenere dai commercianti in attività abbastanza licenze (che allora non erano libere e si dovevano cedere) per giustificare l’esistenza di un centro logistico. In ogni Paese in cui è entrato, con l’eccezione della piccola Lussemburgo, della Slovenia e del Portogallo, la catena ha almeno cento punti vendita. In Germania sono circa 4mila, in Francia quasi 900, nel Regno Unito oltre 700. Oggi le licenze sono libere e gli spazi immobiliari commerciali in vendita talmente abbondanti che non c’è stato bisogno di acquisire catene esistenti.

«I competitor da tempo si stanno tutti preparando all’arrivo di Aldi. Oltre ai discount saranno colpiti anche i supermercati e gli ipermercati che puntano sulla convenienza. E al di fuori del largo consumo, lo saranno i negozi che vengono telefoni ed elettrodomestici, due categorie da tempo presenti all’interno del discount tedesco»

Questi sono i numeri, ma che dire della qualità? Secondo il docente della Bocconi, la catena «è attentissima alla gestione della filiera. Sa che è dal controllo che dipende la fiducia. In Spagna i manager assaggiano la frutta tutte le mattine. Ha avuto degli intoppi, ma non veri scandali».

Quanto ai fornitori, aggiunge, molte cose arriveranno dal Nord Europa. Ma «in Spagna si affidano molto a fornitori locali e credo che facciano la stessa cosa in Italia, soprattutto per i prodotti freschi e perché inevitabilmente si adattano ai gusti locali. Già ora in Italia ci sono molti fornitori di prodotti private label per la catena tedesca, soprattutto nel food».

Si vedrà che fortuna avrà in Italia. Di certo il Belpaese negli ultimi anni ha visto proprio i discount come protagonisti assoluti della crescita dei ricavi (per quanto nella marginalità Esselunga resti imbattibile). Se si guardano le serie storiche 2011 al 2015 raccolte da Mediobanca R&S, si vede che in solo lustro, mentre il fatturato complessivo della Gdo italiana saliva del 4,5, Lidl ed Eurospin avevano performance da razzi: +43% e +42,9 per cento rispettivamente. La loro capacità è stata quella di trasformare questi aumenti di fatturato in redditività. In mezzo c’è un costo del lavoro basso (soprattutto per Lidl), ma anche efficienze gestionali. I principali punti di forza sono il veloce riciclo del magazzino, il rapido pagamento dei fornitori. È una gara che si è fatta sempre più dura e in cui finora hanno avuto la peggio i grandi gruppi francesi, come Carrefour e Auchan.

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