Autonomia alle regioni? Ecco perché sarebbe un disastro

Le 23 competenze rivendicate sembrano eccedere di parecchio le capacità fin qui dimostrate dagli enti Regione. Prima di Zaia il Veneto ha avuto cinque governatori su cinque condannati. Cavalcavia che crollano, superstrade inutili. Le Regioni sono riuscite a mandare in perdita pure i casinò

JOHN THYS, Alberto PIZZOLI / AFP

“Il professor Miglio si rivolterebbe nella tomba”, dice Massimo Cacciari commentando la pretesa veneta di farsi Regione a statuto speciale ma soprattutto l’appiattimento del grande tema dell’autonomia sulla contabilità fiscale, sul ragionierismo del dare-avere, sull’idea che “padroni a casa propria” non sia uno slogan ma un programma da intendersi in senso letterale: tutti i soldi, tutte le competenze, e voi non ficcate più il naso nei nostri affari. Anche perché queste rivendicate 23 competenze sembrano eccedere di parecchio le capacità fin qui dimostrate dagli enti Regione, tutti, senza eccezione alcuna.

Le Regioni italiane sono da un ventennio sulla vetta della questione morale italiana. Il Veneto, in particolare, detiene probabilmente un record: prima di Luca Zaia, quattro presidenti eletti su quattro coinvolti in scandali, anzi 5 su 5 poiché anche il primo (Angelo Tomelleri) incappò in un’inchiesta giudiziaria e si autosospese per un anno salvo poi essere assolto. Fuori elenco solo i tre che si alternarono in una caotica successione fra il ’92 e il ’95, e che forse, visto la brevissima durata dei loro mandati, non ebbero neanche il tempo di mettersi nei guai. Mica solo loro, per carità. Per ogni calabrese che si paga il Gratta e Vinci con i soldi pubblici c’è un lombardo che se ne va in ferie sullo yacht dell’amico con clinica privata, per ogni Batman col fuoristrada a spese dello Stato c’è un Celeste che scambia favoroni con favoretti. Gli scandali fanno coppia con una conclamata inefficienza gestionale: passino i trasporti, passino gli ospedali con le cimici, passino i cavalcavia che crollano o le superstrade che non servono a niente, ma le Regioni italiane sono riuscite a mandare in perdita persino i Casinò, che fanno utile in ogni luogo del mondo.

Di questa incompetenza lo Stato centrale paga i conti ogni mese. Le mancate bonifiche sul territorio sono alluvioni, e danni da risarcire e sopportare. Le mancate messe a norma degli edifici sono terremoti catastrofici, e altri danni da risarcire e sopportare. Le mancate manutenzioni dei bacini idrici sono siccità, e ancora danni, ancora risarcimenti. I contabili del regionalismo, nel conto del dare/avere, dovrebbero metterci anche questo. E spiegarci poi come dovrebbe funzionare la cosa una volta che si saranno impadroniti delle 23 competenze 23 che rivendicano.

Di questa incompetenza lo Stato centrale paga i conti ogni mese. Le mancate bonifiche sul territorio sono alluvioni, e danni da risarcire e sopportare. Le mancate messe a norma degli edifici sono terremoti catastrofici, e altri danni da risarcire e sopportare. Le mancate manutenzioni dei bacini idrici sono siccità, e ancora danni, ancora risarcimenti. Ci siamo svenati per tenere in piedi le famose “banche del territorio”, a cui le Regioni – tutte – tenevano moltissimo e trattavano come fiore all’occhiello, difendendole ogni volta che si alzava un sopracciglio. Ci sveniamo per pagare i forestali che hanno assunto per farsi votare. Ci sveneremo a vita per sostenere le loro idee balzane sul futuro, tipo il voto elettronico in Lombardia, peraltro adottato con l’entusiasta sostegno delle opposizioni, M5S compreso.

I contabili del regionalismo, nel conto del dare/avere, dovrebbero metterci anche questo. E spiegarci poi come dovrebbe funzionare la cosa una volta che si saranno impadroniti delle 23 competenze 23 che rivendicano. Tra di esse ci sono, ad esempio, «i rapporti internazionali e con l’Unione europea»: nel caso facessero casino violando un embargo, rifiutando una direttiva o altro, le multe chi le paga? Lo Stato? E quando avranno conquistato «porti, aeroporti, grandi reti di trasporto e di navigazione», gli eventuali errori dei cugini nominati manager, li scaliamo dalle loro diarie? Per non dire delle altre cose che completano l’elenco, che amplificano fino al disastro le possibili conseguenze dell’approssimazione regionale: la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia; la previdenza complementare e integrativa; il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; le casse di risparmio, le casse rurali, gli enti di credito fondiario.

Dare corda alle rivendicazioni di questo tipo di regionalismo è da matti. E bisognerebbe dirlo con chiarezza, senza cedimenti all’idea del “tanto poi si stufano, è solo campagna elettorale” e senza concessioni all’idea di imbastire tavoli e tavolini per lasciarli sfogare. L’attuale assetto delle Regioni non può reggere un trasferimento di competenze ne’ su grande ne’ su piccola scala. E la pretesa di costruire l’autonomia, lo Stato federale, con la logica dei conti della serva – novanta a me, dieci a te – che tra l’altro somigliano alla spartizione di un bottino, è da respingere al mittente subito, senza mezze misure.