Attenzione, compagni. Quando pure Lino Banfi – uno che è sta aspettando l’ok per l’undicesima stagione di Nonno Libero in Rai – si mette a prendere in giro il segretario del Pd in prima serata tv, le cose vanno male. Non c’è più rispetto. Non c’è più timore. E il contemporaneo, modesto risultato d’ascolto di Massimo D’Alema (peraltro in grande spolvero) su RaiTre ci parla di un abbassamento di tensione, di una noia collettiva, di un sentimento distratto che si conciliano male con le notizie di giornata.
Gli ingredienti per rialzare gli indici di interesse c’erano tutti: sul Def, si è registrato l’ennesimo strappo fra la maggioranza e la sinistra-sinistra di Mdp. Giuliano Pisapia ha riattaccato briga coi dalemiani chiedendo un passo “di lato” al Leader Maximo. Quelli gli hanno risposto per le rime. Poteva venirne fuori un martedì piccante. Invece niente. Encefalogramma (quasi) piatto.
Molti osservatori hanno situato nella giornata di ieri il primo atto della campagna elettorale del movimento che va addensandosi a sinistra del Pd. Probabilmente è un’analisi corretta. Ma nel caso, mai inizio di campagna elettorale fu più burocratico e soporifero. Il passo da lumaca del “nuovo soggetto”, che procede alla definizione di se stesso con movimenti quasi impercettibili, corrisponde peraltro a una generale atonia, come se dopo i furori iniziali si fossero tutti stufati, compreso Matteo Renzi che bordeggia intorno ai grandi temi politici come un ciclista in surplace. La sinistra, che nel bene e nel male è stata il motore del dibattito negli ultimi anni – con le sue proposte, le sue suggestioni, e perché no, i suoi scazzi interni – sembra in preda a un uggia collettiva, stanca di fare e di dire.
Il comunismo sentimentale di Staino si rifugia sulle pagine dell’Avvenire, il giornale dei vescovi italiani. Il manifesto, nell’anno del centenario della Rivoluzione d’Ottobre, allega al giornale i discorsi di Papa Francesco.
L’anima collettiva se ne accorge. Le molte figure pubbliche che negli ultimi anni erano state disposte a spendersi nella partita politica, hanno da tempo preso le distanze. Non c’è più un cantante, un attore, un regista, ma nemmeno un Farinetti o un Baricco, disponibile all’endorsement per nessuna delle parti in causa.
Il comunismo sentimentale di Staino si rifugia sulle pagine dell’Avvenire, il giornale dei vescovi italiani. Il manifesto, nell’anno del centenario della Rivoluzione d’Ottobre, allega al giornale i discorsi di Papa Francesco. È come se tutti guardassero altrove, se la sinistra esistente (il Pd) e quella nascente (il nuovo possibile movimento di Pisapia, D’Alema e Bersani) fossero uscite dal centro della scena. Persino su Facebook, ogni giorno in cerca di una nuova rissa, lo scontro fra renzisti e antirenzisti ha assunto i toni flebili del dovere d’ufficio.
Nel quadro del generale arretramento delle sinistre europee, questo disamoramento dovrebbe preoccupare. La sinistra italiana è l’ultima forza con radici storiche sopravvissuta allo tsunami che ha seppellito il Ps francese di Francois Hollande, distrutto dal ciclone Macron, il Psoe spagnolo di Pedro Sanchez, il Pasok greco e di recente ha duramente punito la Spd in Germania. Resiste il solo Labour di Jeremy Corbyn, nel Regno Unito, con la sua ricetta novecentesca e il suo sguardo rivolto al passato, ma ancora non abbiamo capito quanto sia merito suo e quanto colpa di Theresa May
Ma attenti alla noia. È un nemico invincibile, assai peggiore dell’eccesso di adrenalina di cui pure ci siamo tanto lamentati. La noia, in Italia, non viene perdonata a nessuno
Ci è riuscita per il suo radicamento territoriale fortissimo e per la continuità di potere nei suoi “feudi” ma anche per la sua capacità di tenere il banco sia dall’opposizione sia da posizioni di governo, negli ultimi cinque anni, quando è riuscita nel bene e nel male a “fare notizia” quotidianamente nella girandola delle vittorie, delle sconfitte, delle crisi interne, delle scissioni, delle mani fortunate e di quelle disgraziatissime. Ora non gli riesce più, e persino i nuovi protagonisti dello show, a cominciare da Giuliano Pisapia, suscitano educati sbadigli.
Magari è solo un momento. Magari il sentiment non è cambiato, e la campagna elettorale ormai incombente riaccenderà le polveri. Ma attenti alla noia. È un nemico invincibile, assai peggiore dell’eccesso di adrenalina di cui pure ci siamo tanto lamentati. La noia, in Italia, non viene perdonata a nessuno.