C’era un tempo in cui il governatore del Veneto Luca Zaia criticava, e anche tanto, le regioni a statuto speciale. Le stesse che ora invoca come modello dopo la vittoria del sì al suo referendum sull’autonomia. Nel 2013 definì addirittura «una schifezza» gli incentivi economici di cui gode il vicino Alto Adige, che invece oggi gli estensori della legge veneta da presentare a Roma indicano come esemplare. Zaia se la prendeva con lo Stato che «ci ha mandati al massacro esponendoci alla concorrenza sleale di regioni a statuto speciale che si fanno le belle usando il nostro residuo fiscale». Il governatore era andato su tutte le furie davanti alla proposta fatta da una agenzia della provincia autonoma di Bolzano ad alcune aziende venete di trasferirsi in Alto Adige, con un contributo del 75% per l’affitto dei capannoni e l’azzeramento dell’Irap per cinque anni.
Ma non fu l’unica occhiataccia lanciata alle regioni speciali. Il governatore veneto nel marzo 2016 le definì «egoiste», dopo che avevano nuovamente rinviato l’accordo con il governo sui tagli alla finanza pubblica, mettendo a rischio il riparto del Fondo sanitario nazionale. «È un atteggiamento egoistico e ingiustificato, soprattutto da parte di chi può contare su entrate speciali che le Regioni a statuto ordinario nemmeno si sognano», disse. E lo stesso anno, in piena campagna per il no al referendum costituzionale se la prendeva con Renzi perché le regioni a statuto speciale non venivano «nemmeno sfiorate nelle loro competenze, se non attraverso un accordo con lo Stato. L’unico risultato sarà che la Sicilia potrà continuare a sprecare liberamente, come nel caso del suo inutile esercito di forestali». E su Facebook commentava: «Gli Statuti speciali vedranno blindata la loro ricchezza, a noi sarà blindata la nostra povertà senza darci la possibilità di conquistarci margini di autonomia».
Eppure, mentre criticava le regioni speciali, Zaia ha sempre sognato di far parte del cerchio ristretto. Come la favola della volpe e dell’uva. Nel 2014 preferiva ancora parlare di autonomia differenziata e non di statuto speciale. L’anno dopo però, approfittando della discussione sulla modifica dell’articolo 116 della Costituzione in discussione alla Camera, scrisse una lettera ai parlamentari veneti di tutti i colori politici chiedendo di anteporre la parola Veneto a quella di Friuli nell’elenco delle regioni a statuto speciale. Poi non se ne fece niente, e si tornò tutti sconfitti a Venezia.
La vittoria del sì, però, ora è il momento giusto per farla vedere agli “acerrimi amici” del Friuli Venezia Giulia e del Trentino Alto Adige. Il fulcro della discussione sono i soldi. La spesa pubblica procapite delle province autonome di Trento e Bolzano è più alta di circa 6mila euro rispetto a quella veneta; quella della Valle d’Aosta la supera di oltre 7mila euro. Zaia ora punta a mantenere sul territorio nove decimi del gettito riscosso, proprio come fanno i vicini di Trento e Bolzano. Entrando così nel cerchio delle regioni “egoiste” che tanto in questi anni ha criticato.