Antipasto, primo, secondo. Poi, di solito c’è il dessert. Il caffè, ovvio, e poi l’ammazzacaffè, ed è lí che la pancia inizia ad essere piena. Quando hai tanta fame, dicono, continui a mangiare anche se sei sazio ma forse non è sempre così. Prima o poi arriva un punto di rottura, prima o poi, anche se non te l’aspetti, arriva. Cambi qualche giocatore sperando che la fame, quella vera, quella naturale, quella insaziabile, venga portata dai nuovi, da chi, a tavola, non si è abbuffato nei giorni precedenti eppure qualcosa non va, c’è qualche ingranaggio che sballa, che salta, che non permette di andare avanti nella direzione giusta. Ed è un po’ quello che sta succedendo alla Juventus che dopo sei scudetti consecutivi forse sta accusando la sindrome della pancia piena.
Certo, un paio di passi falsi ci possono stare durante una stagione. Ricordiamoci che nella stagione 2015/2016 la squadra di Allegri era partita male, malissimo e poi, nonostante l’ottima partenza di Napoli e Inter alla fine è stata la Juventus a vincere. Qualche anno prima ancora la Roma di Garcia aveva vinto 10 partite consecutive dall’inizio della stagione e poi? E poi arriva la Juventus che porta via tutto. Ma adesso? Oggi sembra che manchi qualcosa. Una su tutte: la tenuta mentale. È fisiologico ma sembra davvero che la Juve non sia più la Juve malata di vittoria degli anni passati. Badate, non parlo del mero risultato ma del gioco, della grinta, della voglia. Quella sta mancando. Ma di chi è la colpa? Tutti e nessuno, come accade spesso.
Oggi sembra che manchi qualcosa. Una su tutte: la tenuta mentale. È fisiologico ma sembra davvero che la Juve non sia più la Juve malata di vittoria degli anni passati. Badate, non parlo del mero risultato ma del gioco, della grinta, della voglia. Quella sta mancando
Forse si è chiuso un ciclo? Può darsi. Può essere che, dopo sei anni e sei scudetti consecutivi, due finali di Champions League in tre anni, la Juventus non abbia più l’energia mentale per mettere il cuore sul banco e l’anima sugli spalti insieme ai 40 mila che saltano per 90 minuti. Quest’anno manca la grinta e il gioco di Bonucci, mancano i gol e il lavoro di squadra di Gonzalo Higuain, mancano le scorribande di Dani Alves sulla destra, e anche quelle di Alex Sandro a sinistra, manca la muraglia difensiva di Barzagli, i dribbling di Cuadrado, la dinamicità di Khedira e mettiamoci anche i rigori di Dybala.
Tutte cose che con il tempo e con il lavoro di Allegri possono andare sui binari giusti ma forse, davvero, la pancia di questa squadra inizia a essere piena. Forse davvero si inizia a slacciare la cintura a dieci minuti dalla fine. È per questo che percepiamo meno attenzione, meno disciplina tattica, meno voglia di fare uno scatto in più, di dare una spallata in più, di fare una giocata personale in meno.
È per questo che la Juve ha finito il suo ciclo, è per questo che la sconfitta contro la Lazio è solo la prima contro le grandi del nostro campionato, è per questo che SE la Juventus continuerà a dimostrare questa disobbedienza etica e verso la propria storia e verso il proprio calcio, quest’anno non si festeggerà a Torino ma piuttosto a Napoli. Dopo un pranzo durato sei anni con antipasto, primo, secondo. Ah, poi dessert, caffè e ammazzacaffè. Ecco, si inizia ad essere sazi. Ma quest’anno, il caffè, napoletano, potrebbe andare di traverso per la troppo sazietá.