Per essere in arresto, sono in arresto. Di sicuro, non sono in galera. In Arabia Saudita funziona così: tutti i personaggi eminenti colpiti dall’ondata di fermi decisa dal re – e soprattutto dal principe, Mohammed bin Salman – sono finiti reclusi. Ma non possono lamentarsi, visto che la prigione, per loro, è il Ritz-Carlton hotel di Riyadh.
Dotata di una spa (solo per uomini), una piscina stellare, tappeti stupendi e sale d’incanto, l’albergo di extralusso si era guadagnato un punteggio di quattro stelle e mezzo su Tripadvisor (e ben poche recensioni negative). Adesso può vantare anche la fama di miglior prigione del mondo, almeno per gli 11 principi finiti nelle grinfie della giustizia (o delle purghe di potere), compreso l’investitore miliardario Alwaleed bin Talal.
In Arabia Saudita funziona così: nonostante ci siano almeno 300 milioni di abitanti, le leggi della tribù, come si premura di sottolineare il Guardian, sono ancora ben funzionanti. O, per dirla meglio, l’élite, anche quando fa la guerra ai suoi stessi componenti, si preoccupa comunque di trattarli con i guanti: sono parenti, amici, sodali.
E gli altri ospiti? Per loro un brusco risveglio (si fa per dire): alle 11 del mattino hanno dovuto, senza ricevere troppe spiegazioni, lasciare la stanza e ritrovarsi, con tutte le valigie, nella lobby dell’albergo. Dopodiché sono stati trasportati in altri alberghi della città. In Arabia Saudita, così come per il marchese del Grillo, funziona così.