Berlusconi è decrepito (e nessuno gli vuole più bene)

Molti lodano il ritrovato aspetto giovanile di Silvio. Ma sarebbe ora che i suoi, se gli vogliono bene, gli dicessero di smettere di volersi male con l’ostentato giovanilismo

Non è giusto, nessuno vuol davvero bene a Silvio Berlusconi. Non i suoi cari, non i collaboratori che lo accompagnano ovunque, non il suo Popolo della – già – Libertà. In caso contrario, tutti costoro gli avrebbero detto da tempo: “Presidente, si strucchi, lei così, con tutto quel fard, è davvero inguardabile, se non proprio osceno”. Insomma, “smetta di volersi male”.

Nessuno vuol davvero bene Berlusconi. Non parlo dei suoi avversari storici, che naturalmente, a parte il non più riluttante Eugenio Scalfari, sono incapaci di rinunciare a criticarne il modus operandi, a rammentarne la sua ampia storia giudiziaria, segnata da un tratto caratteriale al limite della sfida e a volte perfino della tracotanza, compresa la pura arte della bugia, del travisamento, e neppure una parola sul suo aspetto, che cinici! Parlo in questo caso di chi gli sta vicino, coloro che insieme a lui avrebbero dovuto realizzare l’agognata cosiddetta “rivoluzione liberale“; lasciamo stare gli amici della prima ora, della “discesa in campo”, dei giorni in cui Silvio B. Scelse, parole sue, di “bere l’amaro calice della politica”, Dell’Utri ormai in collegio, Previti definitivamente appartato, ma quegli altri, ossia chi gli sta intorno tra Arcore e Palazzo Grazioli e ville in Sardegna, una Francesca Pascale, una Deborah Bergamini, una Maria Rosaria Rossi, o perfino la Gelmini o la Carfagna o la Bernini o la De Girolamo, o una dottoressa in medicina come Melania Rizzoli, avrebbero dovuto, cuore e cartelle cliniche in mano, dirglielo da tempo: “Presdente, lei ha lo stesso incarnato di una peretta per lavande vaginali, ha presente quelle arancioni di gomma Pirelli! Presidente, avanti, si strucchi!”.

Non certo avrebbe potuto dirglielo la satira, che in Italia non esiste più… E il bravo Vauro allora dove lo metti? Così dicendo non avete compreso nulla dei tempi nuovi: Vauro è “comunista”, e ormai a Berlusconi di questi più nulla importa, adesso l’attenzione, anzi, i timori del Cavaliere inquadrano interamente, unicamente il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo: noterete che parla sempre di loro, non vedete che ha sostituito D’Alema e Bersani, per non dire Renzi, con Di Maio? Non potendogli rubare, faustianamente, l’aspetto da giovane e vitalissimo agente immobiliare in giro per buche delle lettere pre-elettorali, cerca di demolirlo affermando che, nei panni dello stewart, scroccava le partite del Napoli al San Paolo! Ma, battute più o meno fenomenali a parte, il problema rimane, l’anagrafe parla chiaro, e parla a favore di “Giggino”, così come lo chiama il versatile De Luca.

Nessuno vuol davvero bene Berlusconi. Non parlo dei suoi avversari storici, che naturalmente, a parte il non più riluttante Eugenio Scalfari, sono incapaci di rinunciare a criticarne il modus operandi, a rammentarne la sua ampia storia giudiziaria, segnata da un tratto caratteriale al limite della sfida e a volte perfino della tracotanza, compresa la pura arte della bugia, del travisamento, e neppure una parola sul suo aspetto, che cinici!

Nessuno risparmia l’inganno a Silvio Berlusconi, non i suoi consiglieri politici ed economici, e non mi riferisco di certo alle proposte politiche che l’uomo fa e rifà, il medesimo In Hoc Signo Vinces delle dentiere di sempre lì nel cielo di una campagna elettorale permanente, e poi pensioni a 1000 euro al mese per i “vecchietti”, detto da chi ne conta ottantuno, tuttavia sostiene di percepirne solo 40, l’età del salto della staccionata, per citare un remoto spot. L’armamentario retorico, propagandistico inossidabile per un paese di piccola borghesia credulona, insomma. Mettiamo però da parte il programma politico, torniamo piuttosto al volto, all’incarnato e alla tinta errata sui capelli fin troppo squadrati sulla fronte: l’ho già detto che nessuno gli ha fatto compassionevolmente notare che il suo volto riporta alla memoria l’arancione proctologico della gomma Pirelli? E le sopracciglia? Spesso e volentieri, il presidente Berlusconi, sembra, a guardare bene, un personaggio delle storie a fumetti di Dick Tracy, uno dei cattivi disegnati da Chester Gould, come Flattop, “Testapiatta”, già eroe sulle pagine di “Linus”, dove la caratterizzazione somatica serve a marcare la propensione all’acume criminale. Gliel’avessero almeno detto.
Nessuno vuole veramente bene a Berlusconi, non i consanguinei, non le sue collaboratrici, non le consulenti d’immagine, altrimenti al momento di vederlo raggiungere la sala-trucco, almeno queste ultime, con pathos da eroine paleo-cristiane, gli sbarrerebbero il passo davanti alla porta, lo supplicherebbero con un “Non vada, presidente, la scongiuriamo!” E, di fronte al suo diniego, l’indomani rassegnerebbero le dimissioni presentandosi magari alla Stampa estera per denunciare la pervicace volontà masochistica dell’ex principale… Manca perfino un Diego Dalla Palma che, come avvenne con Renato Balestra, gli faccia notare che innalza una maschera cosmetica da pupazzo tragico, da fantoccio del ventriloquo perfido, e non certo un Rockfeller, il corvo di José Luis Moreno, che almeno quello nella sua cifra volgare da rattuso in pannolenci faceva tuttavia ridere.

Nessuno risparmia l’inganno a Silvio Berlusconi, non i suoi consiglieri politici ed economici, e non mi riferisco di certo alle proposte politiche che l’uomo fa e rifà, il medesimo In Hoc Signo Vinces delle dentiere di sempre lì nel cielo di una campagna elettorale permanente, e poi pensioni a 1000 euro al mese per i “vecchietti”, detto da chi ne conta ottantuno, tuttavia sostiene di percepirne solo 40, l’età del salto della staccionata, per citare un remoto spot

La questione della maschera tragica di Berlusconi non è un dettaglio secondario della commedia dell’arte comunicativa politico-elettoralistica: è vero, che tu hai deciso di puntare tutto sui voti dei “vecchi”, dunque, con una forzatura retorica, si potrebbe anche dire che, mimeticamente, brechtianamente, hai scelto una maschera opportuna, cioè da vecchio travestito da giovane, ma Silvio dimentica che perfino i vecchi conoscono il cinismo non meno dei giovani ambiziosi e hipster, quindi, aguzzando la vista sotto i bifocali della mutua, alla fine capiranno l’inganno, intuiranno che Berlusconi non potrà mai essere davvero un loro coetaneo, innanzitutto per ragioni di censo. Loro, i vecchi modello base, con il libretto della pensione protetto dalla custodia di plastica con bottone automatico lì nel fondo buio del comodino, quell’altro, il Cavaliere che perfino al momento dell’acquisto di un bottone può contare sul ragionier Spinelli, anzi, “Spinaus”, così come lo chiamavano le ragazze del residence Olgettina, silenti e ingrate pure quelle.
Perché i vecchi sanno bene che quando Berlusconi sarà infine decrepito potrà contare su decine di badanti, volendo perfino vestite e truccate come Carmen Miranda, Ima Sumac o Raffaella Carrà o, che so?, come Lady Gaga o Kim Kardashian o Ryanna, mentre loro finiranno, presumibilmente, all’ospizio ficcati lì da figli insensibili perfino al richiamo del sangue.

Ora che ci penso, questa storia di Berlusconi che recita la faccia del giovane grazie a un’oscena cosmesi, ricorda un racconto di Guy de Maupassant, “La maschera“, il regista Max Ophüls ne trasse perfino un film. Ecco la storia. C’è un signore che, nel suo prezioso frac e cilindro, va tutte le sere alla “maison de danse” a esibirsi nel più frenetico dei balli, il più ammirato, il più instancabile, finché una notte, mentre tutti lo applaudono, viene colto da malore, un medico gentile lo accompagna fin nella sua mansarda, questi, al momento di distenderlo sul letto, si accorge che il ballerino ha sul viso una maschera, sotto alla quale si cela una creatura decrepita. Ecco, questo racconto di Maupassant, fatte le debite proporzioni storiche politiche e perfino atletiche, sembra quasi perfetto per il volto Berlusconi, il campione cui tutti nascondevano la verità del tempo. Neppure Scalfari è riuscito ad andare fino in fondo, neanche Nanni Moretti, forse soltanto chi lui chiamerebbe “comunisti”, accusandoli di “invidia sociale”, sono rimasti ad amarlo davvero, a non tacerne il mascherone, anzi, la caricatura cosmetica.
Vittorio Sgarbi, che gli è così amico, almeno lui potrebbe dirglielo, così come già fece Roberto D’Agostino al “Costanzo Show” con Carmelo Bene. Potrebbe esattamente dirgli: “Silvio, smetti almeno di tingerti di capelli con il brill”.

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