Ecco le paure che non pensavate di avere, ma che avete

"Il grande libro illustrato delle fobie" di Gianluca Bavagnoli e Andrea Q vi aiuterà a dare un nome alle vostre paure più inusuali

Sono irrefrenabili, molteplici, forse ingiustificate, o forse traccia di qualche nostro vecchio trauma. Sono le fobie, e chi non ne ha (o pensa di non averne) ritiene siano un problema del tutto controllabile, oppure soltanto una cosa interessante o buffa da dire quando si parla di sé. Ebbene, cari scettici, chi soffre seriamente di fobie difficilmente ne parlerà agli altri: diciamocelo, chi si sentirebbe veramente a proprio agio nel confessare a nuove conoscenze la propria climacofobia, ovvero la paura per le scale? O la catisofobia, la paura di sedersi? Paure talmente assurde e rare di cui tutti mettono in dubbio l’esistenza. Eppure ci sono.

Ci vorrebbe un manifesto dei diritti dei fobici. Perché le paure sono sacre e inviolabili e nessuno può permettersi di giudicare chicchessia per una inspiegabile avversione ai palloncini (per molti sono orribili e spaventosi e qualcuno doveva pur dirlo).

Ma per ora l’unica guida che abbiamo a disposizione è “Fobie” di Gianluca Bavagnoli e Andrea Q, un prontuario essenziale e ben illustrato per chi ha necessità di scoprire quali e quante fobie sono state catalogate ad oggi.

Provate adesso a immergervi in una ipotetica dimensione in cui esistete solamente voi e i vostri oggetti più cari, o se non altro gli oggetti di cui necessitate quotidianamente per sopravvivere. C’è un’unica novità rispetto alla realtà di tutti i giorni: improvvisamente, tutti questi oggetti si sono caricati di significati arcani, incomprensibili, che vi proiettano immediatamente verso un brutto ricordo che sperate sempre di dimenticare. Magari, alzandovi dal vostro letto la mattina ed entrando normalmente in bagno, verrete colti da un attacco di eisoptrofobia, la paura degli specchi. Guardate il vostro viso stravolto e provate un senso di vuoto, di vertigine nauseabonda, poiché lo specchio è un artificio distorcente, satanico, da esorcizzare e distruggere.

Ma per ora vi allontanate inorriditi e vi dirigete verso la cucina, sperando di calmarvi con un cappuccino. Guardate la schiuma che ammonta, arrivando fino alla superficie della tazza… ed è allora che vi accorgete di essere tripofobici e che quindi avete una paura incontenibile per i buchi ravvicinati, o per qualunque cosa ve li ricordi, come le bollicine. La nausea ritorna e i brividi, e spasmi lungo la spina dorsale. Gettate via il cappuccino e optate per un caffè solubile: prendete la polvere e un bicchiere d’acqua. Manca solo qualcosa per mescolare. Aprite il cassetto delle stoviglie e quasi vi sentite svenire. Lì, disposti ordinatamente come criptici soldati coreani, vi sono almeno una decina di cucchiaini. E allora vi ricordate di essere anche koutaliafobici: questi piccoli strumenti vi danno un senso di sporco, di repulsione, vi sentite come un animale che scappa da una carogna.

Richiudete il cassetto e buttate via l’acqua e il caffè. Optate per un succo di frutta e aprite il frigo con mano tremante. Sentite che vi attende qualcosa di orribile ed è proprio così: la lachanofobia è la paura per le verdure, e il vostro frigo ne è pieno. Stanno lì, vi osservano, sono esseri viventi furiosi per essere stati strappati alla loro madre terra e cercano vendetta, potete sentire la loro ira. Richiudete il frigo, la tachicardia e il senso di soffocamento sono ormai incontrollabili. Tornate in camera, prendete il cellulare, dovete contattare qualcuno, chiunque, in cerca di rassicurazione. Scegliete vostra madre, anche se non la sopportate. Provate a far partire una chiamata, ma vi rendete conto di essere rimasti senza credito. Il panico si intensifica, siete ormai in preda alla nomofobia, l’ormai comunissima ansia di rimanere isolati dal mondo a causa del malfunzionamento di un nostro dispositivo mobile. Vi sentite isolati. Vi rendete conto che ormai l’unica soluzione è quella di uscire di casa. Tornate in camera vostra, aprite l’armadio per scegliere pantaloni e camicia. Ma quando arriva il momento di vestirvi venite colti da un nuovo terrore: quello dei bottoni. La koumpounofobia non è così rara come può sembrare, e adesso capite anche voi come ci si sente ad avere un mancamento alla vista di questi innocui oggetti. Lasciate perdere la camicia con disgusto, decidete di uscire così, in canottiera, e spalancate la porta d’ingresso di casa vostra. Ma basta una veloce occhiata all’esterno per capire che è una pessima idea.

Fuori tutto è completamente bianco, il vostro paese è stato avvolto da una nebbia che non lascia intravedere nulla, oltre le vostre mani. Vi ricordate di quella volta che avete rischiato di fare un grave incidente in auto e siete pervasi da una sensazione di pericolo imminente. State sperimentando la homichlofobia e anche questa è comunissima, ma non basta saperlo per sentirsi meno soli e spaesati.

I sintomi ormai si sono estesi anche allo stomaco e sentite le prime avvisaglie di una gastrite. Forse la scelta più saggia è una: tornare a letto. Chiudete la porta di casa, vi andate a stendere sotto le coperte, chiudete gli occhi… e vi rendete conto che non avrete pace nemmeno lì, nel posto più confortevole in assoluto. Sentite una minaccia incombere su di voi, ombre che scivolano dentro e fuori dalla vostra mente. Anche riposare sarà impossibile per voi, ormai siete affetti da una delle fobie più debilitanti e pericolose di tutte: la cinofobia, la paura di dormire. Vi alzate di scatto dal letto, debilitati, stremati. Vi affacciate alla finestra. Fuori ormai è buio, il vetro vi restituisce solo una fredda immagine di voi stessi e di quello che ormai siete diventati. Bavagnoli vi definisce la “vittima sacrificale per eccellenza”, l’incarnazione pura dell’agonia senza fine.

Ormai siete pantofobici. E avrete sempre paura di tutto.

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