Gli occhi di Eva scrutano lo spazio fra gli alberi, per cercare lo spazio più adatto al sacrificio. Dopo un lungo silenzio, finalmente sceglie: vuole un tronco accogliente di una quercia secolare, un tronco attorcigliato che la accolga e che la pianga, torcendosi sopra di lei per il dolore. Almeno lui verserà lacrime di cordoglio. Giunti al luogo da lei prescelto, Nyuzi estrae dalla tasca una boccetta contenente cianuro, al cui interno versa un po’ d’acqua. Dopo aver agitato bene, la consegna ad Eva. «Digli che ho fatto come lui ha ordinato» sussurra Eva, prima di bere il veleno letale. E queste sono le sue ultime parole.
Pausa.
Eva viene ritrovata qualche giorno dopo sotto la quercia che l’aveva accolta, con addosso una camicetta bianca rattoppata, la gonna leggermente sollevata, spesse calze nere e scarponcini dalle suole consumate.
Il Sacrificio di Eva Izsak (Chiarelettere) verrà messo in scena presso il Teatro Stabile Mercadante di Napoli, dal 23 novembre al 3 dicembre, con la regia di Alessandra Felli, e sul palco Andrea Renzi e Teresa Saponangelo. Tutto questo dopo oltre settant’anni di oblio. Su Eva è sempre stato meglio tacere: il tempo scivola via e confonde vittime e carnefici. Quello di Eva rappresenta un femminicidio ante litteram, collocato in un contesto “intoccabile”: la Resistenza e l’ Olocausto. «Si fatica a credere che sia potuta accadere una storia simile» ha scritto Corrado Augias a tal proposito.
La vicenda si svolse in piena occupazione nazista, in Ungheria. Eva si stava nascondendo con alcuni amici, tutti ebrei e comunisti, guidati dal giovane e carismatico Imre Lakatos. Ma la paura di essere scoperti e catturati dal nemico trasformò i compagni di Eva in carnefici.
Alla base del suicidio/omicidio o femminicidio (in qualunque modo lo si voglia chiamare), c’è stata una mancata cooperazione tra i capi del partito marxista, fra cui appunto Lakatosh. Lui, nel condannare Eva, affermò di agire in nome del Partito, ma in verità agì per il suo volere. Eva eseguì il comando, dal momento che si doveva obbedire senza ribellarsi.
Dopo la rivoluzione del ’56 e del suo fallimento, Lakatos scappò in Inghilterra, dove lo aspettava un futuro accademico di onori e gloria alla London School of Economics.
Il meccanismo del potere di decidere della vita, e soprattutto della morte, il desiderio di esercitarlo, la soddisfazione di governare le vite degli altri, non ha risparmiato nessuno: questo è il concetto più significativo e inquietante del libro. Ed è per questo che «sembra che nessuno voglia parlare di questo libro», ha scritto Davide Bidussa, storico sociale delle idee e autorità della intellighenzia ebraica, non solo italiana.
Con la rappresentazione teatrale de Il Sacrificio di Eva Izsak si aggiunge un tassello di verità sulla tragica fine di quella donna.