Evitate le “supposte di saggezza” di Vito Mancuso. Leggete (e temete) un teologo vero: Lombardi Vallauri

Il bastone e la carota: due libri alla settimana, uno raccomandato e uno sconsigliato. Evitate “Il bisogno di pensare” di Mancuso. E immergetevi nella dura razionalità (e il vero misticismo) di un eretico certificato, Luigi Lombardi Vallauri

Il bastone.

Aprite bene le orecchie. Ora vi dico dove sta la sintesi del pensiero occidentale. Canto notturno del pastore errante dell’Asia. Giacomo Leopardi. Ce l’avete tutti, è pappa scolastica, sta nel più infimo angolo della vostra biblioteca, dove crepitano croccanti ragnatele. In un verso e mezzo Leopardi ha sintetizzato la filosofia occidentale. Verso 28. “Corre via, corre, anela”. Questo è lo stato dell’essere umano. Corre. Corre ancora più forte. Desidera. È morso dal desiderio. Arso di voglie. Cosa desidera, cosa vuole? Boh. Poi: ultima parte del verso 89. La domanda che scuote tutta la cristalleria della poesia italiana. Dopo essersi interrogato sul perché delle galassie e dei mondi, il pastore di Leopardi accenna, con foga infantile, “ed io che sono?”. Non vi serve altro. L’Occidente è tutto qui, tra corsa, fuga, desiderio e interrogativo vertiginoso sul senso di sé. Dall’oracolo di Delfi (“conosci te stesso”) a Rimbaud (“Io è un Altro”) fino a noi inermi alterità, è tutto qui. Bene. Ora pigliate in mano Il bisogno di pensare di Vito Mancuso. C’è da morire dal ridere. Ma come fa a non morire di vergogna, piuttosto, lui?, ci domandiamo.

Mancuso, allineando sbalorditive sciocchezze che ci propina come supposte di saggezza, ritenendoci, probabilmente, degli scemi (esempi sparsi: “io sono convinto che questa vita sia per tutti un’odissea”; “l’amore è la forza più potente che c’è”; “un tempo si lavorava per vivere, oggi si vive per lavorare e si lavora per guadagnare e conquistare sempre di più”; “più importante del leggere è il rileggere”), fa la figura dell’arrotino – donne, venite, è arrivato l’arrotino, ricordate? – in un consesso di samurai, lui è fermo alle forbici quando gli altri sventagliano la katana da secoli. Filosofo con il megafono, pensatore piazzista, piazzato, da piazza, Mancuso si ritiene maestro di vita e di virtù (nell’arcipacchiano sito Garzanti il buon Vito ha risposte su tutto, anche “sul senso del Natale”), contravvenendo all’unico comandamento davvero intramontabile per il pensatore forte, “Non insegnare a vivere agli altri. Ognuno ha la sua verità. E la tua verità può essere inadatta a un altro” (Varlam Salamov: c’è più sostanza filosofica in ogni suo poro narrativo che nell’operetta intera del savio Vito). Il filosofo che ritiene Balla balla ballerino di Lucio Dalla più significativo, chessò, di Essere e tempo di Martin Heidegger e che cita nella stessa pagina del suo ultimo libro (p.41) Il piccolo principe di Saint-Exupéry e la Summa theologiae di Tommaso d’Aquino, stinge l’arte filosofica in bazar del quieto vivere, sparando sentenze che nemmeno Osho o Paolo Coelho (“ogni giornata può contenere almeno una goccia che scava la tua pietra interiore togliendole a poco a poco le dure asperità”).

Il libro sul “bisogno di pensare”, privo di pensieri degni di essere analizzati, ma saturo di citazioni – per sbalordire il lettore ignorante – è un marameo alla filosofia. Dopo Wittgenstein, Marleau-Ponty, Jankélévitch, Lombardi Vallauri, ma anche dopo Lev Sestov, Norman O’Brown, André Neher, è insignificante il pamphlet di Mancuso, che non ha neppure le palle di pronunciare il nome di Dio, che ora, invano, è minimizzato come “essere-energia”, un’altra volta come “un Dio creatore… un modo per dire sì al reale in quanto processo dotato di senso”, oppure è banalmente “il Dio”. Filosoficamente imbarazzante, poi, il capitolo finale del libro, con la “lista della spesa” delle pratiche “per il lavoro interiore”, una specie di teolatria, di new wave della new age. Il manuale per i giovani boy scout di Mancuso, il manifesto del ‘mancusismo’ propone di “imparare a mangiare: masticare lentamente”, di “camminare nella natura”, di “fare silenzio”, di “avere avversari, non avere nemici”, di “diventare non-violento”. L’arrotino della filosofia che si credeva samurai, ritiene che l’atteggiamento filosofico più importante sia “sorridere, sorridere anche quando non c’è motivo per farlo, e il motivo arriverà”. Viene in mente un insano incrocio tra Wanna Marchi – che sorrideva per metterti la merce proprio lì – e il Joker, che disegnava sorrisi con il rasoio. Ma che cavolo c’è da sorridere? Meglio restare ancorati al buon senso di Leopardi: “A me la vita è male”. Che nell’attuale variante suona, “a noi Mancuso è male”.

Vito Mancuso, Il bisogno di pensare, Garzanti, 2017, pp.188, euro 16,00

(Davide Brullo)

La carota.

Perché poi c’è la moda della teologia pop, come appunto il Mancuso qui sopra bastonato, e poi l’attrazione fatale/curiale di chi ha pascolato tutta la vita nella greppia della laicitè e ora torna con libri, interviste, incontri che umettano papi e cardinali. Scalfari e non solo lui, segno non tanto che in Italia Santa Madre Chiesa è l’ultimo rifugio quando il corpo si fa frusto e l’animo si fa giusto; ma soprattutto che il dialogo tra laici e religiosi è un modo indiretto per tornare al grande abbraccio (o abbacchio) clericale da cui -sia chiesa o ideologia, poco cambia- non ci si è mai davvero allontanati.

È che tutta la teologia pop è fatta di rassicuranti abbracci (abbacchi): tra idea di Dio e idea di Ragione, tra religioni diverse, tra credenti e non credenti, tra chierici e laici. Peccato che la teologia vera sia tutt’altro che conciliante e rassicurante. È piuttosto divisiva, paradossale, antidialettica, innervata da conflitti non risolti. Una pratica in cui si danno solo domande e niente risposte. È la razionalità in bilico su uno strano abisso.
Basterebbe farsi un giretto tra le opere di Meister Eckhart (secondo cui Dio è Nulla, anzi “Sovra-Nulla”), i versi di Angelo Silesio (“Se non mi associo a Dio nel sostenerlo non gli resta che schiattare”), oppure, per restare sui contemporanei, leggere la amarissima meditazione sul male in Dio di un filosofo cattolico come Luigi Pareyson, che si trova nel suo libro più bello, Ontologia della libertà (Einaudi).

O considerare Luigi Lombardi Vallauri, che di fatto è l’ultimo eretico, ed è stato cacciato dalla Cattolica di Milano senza nemmeno che gli fosse spiegato bene perché. Poi, in effetti, il perché lo sappiamo benissimo. Lombardi Vallauri ha teorizzato l’”incostituzionalità” dell’inferno. Le colpe umane sono magari tantissime ma finite. A queste colpe non può, a lume di razionalità giuridica, corrispondere una pena eterna. Nemmeno, a cercarsi l’esempio estremo, per Hitler: anche per lui c’è dunque da immaginare un bel numero di anni, secoli, millenni, di Purgatorio, ma nessun inferno. Che è dura da sentire non solo per i cattolici, ma anche per noi piccoli costituzionalisti in cerca di mali assoluti. Hitler non è il male assoluto.
Lombardi Vallauri, originario di Dronero, famiglia eminente del cattolicesimo italiano (il cugino Federico è stato per tanti anni il portavoce del Papa, lo zio Riccardo, padre Lombardi è stato detto “il microfono di Dio”), è andato via dalla Cattolica, ha incassato una sentenza a favore della Corte Europea di Strasburgo, e ha abbandonato il cattolicesimo.

Ha scritto un saggio abbastanza inquietante, come Nera Luce (Le Lettere), in cui si arriva a teorizzare «un’oscurità intellettuale che non consente forse nemmeno più il distinguere affermazione e negazione». Ma per lui qualsiasi dogma religioso deve sottostare a un vaglio razionale, se è il caso, in grado di sgretolarlo: “Il Papa è stato spesso, storicamente, infallibile sì, ma nell’errare”.
Del Lombardi Vallauri “non più credente”, come lui stesso si definisce, abbiamo, appunto, Nera Luce, che contiene tutti i pensieroi critici sul Cattolicesimo, e una serie di notevoli trasmissioni radiofoniche sulla mistica laica raccolte nel libro Meditare in Occidente. Corso di mistica laica (Le Lettere), le battaglie tutt’ora in corso per i diritti degli animali (LLV è un vegano convinto), oggi consegnate al libro Scritti animali. Per l’Istituzione di corsi universitari di Diritto animale (Editore Gesualdo), e il trasporto per l’Oriente, che del resto c’era sempre stato: già ai suoi studenti alla Cattolica consigliava Coomaraswami, e dava in lettura il Samannaphala Sutta.
Del Lombardi Vallauri “tuttora credente” (sempre parole sue) resta il libro Terre. Con la sua indagine tutta razionale sulla Resurrezione di Cristo, da lui stesso definita “Anastasiologia”. Con i capitoli meravigliosi sulla “Realizzazione”, intesa come “rendersi conto di qualcosa intensivamente”, esperienza esistenziale/cognitiva che di fatto è meditazione. E con un folle e lucidissimo capitolo sull’orgasmo. E quindi, abbiamo chiesto al “tuttora credente” e al “non più credente”, cosa è Dio? “È un’apostrofe musicale”. Lombardi Vallauri è capace di guardarti negli occhi e dire: “si ricordi che il Diavolo è un teologo”.

Luigi Lombardi Vallauri, Terre, Vita e Pensiero, 1999, pp. 580, Euro 32
Luigi Lombardi Vallauri, Nera luce, Le Lettere, 2001, pp. 324, Euro 21

(Bruno Giurato)

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