Futureland: l’innovazione che riguarda tutti noi (ma gli innovatori devono uscire dal guscio)

Innovare per cambiare il mondo non è più una questione di manifesto, ma di azione. Le sfide del futuro raccontante da chi ci sta provando

Ieri in Talent Garden a Milano è iniziata Futureland, una conferenza ed esposizione sul suturo e sulle nuove tecnologie. Davide Dattoli e il suo team di TAG hanno fatto un evento di un livello tale che nulla ha da invidiare a TED alla Singularity e ai miglior eventi in Silicon Valley.

Normalmente mi annoio alle conferenze, capita a chi ne ha fatte centinaia, capita a molti di noi. Non mi è capitato ieri, perché in Futureland non si parla solo di un futuro lontano ma di un presente futuro. E soprattutto non si parla solo di qualche app che mette in contatto qualche migliaia di utenti con qualche mercato; vengono anzi presentate le industrie che stanno cambiando. Boing usa la “augmented reality” per progettare, Caterpillar usa i cruscotti virtuali per i propri mezzi.

C’è una caratteristica presente in ogni discorso che ho sentito oggi nel descrivere il motivo per cui ogni persona è qua e porta avanti queste tecnologie ed è: «improve and change the world» (lo scrivo in inglese perché la conferenza del futuro è in Inglese, ovviamente). E, fidatevi, non sono sognatori, lo stanno facendo.

Non è nulla di nuovo. Io sono stato e sono ancora un imprenditore metalmeccanico. Mio padre lo è stato e lo è. Forse noi della old economy ci siamo un po’ persi per strada. Forse la crisi e sfide degli ultimi 30 anni ci hanno fatto concentrare su altro e non sul motivo per cui tante della nostre aziende erano nate. Prima la globalizzazione praticamente subita ci ha obbligato ad internazionalizzarci e giravamo il mondo come trottole per aprire stabilimenti in asia e nelle americhe. Poi è arrivata la crisi finanziaria e quelli di noi esposti negli investimenti proprio per l’internazionalizzazione si sono concentrati a difendersi e a mantenere la finanza aziendale a posto o almeno non troppo scricchiolante.

Insomma, ci siamo forse un po’ persi.

E quindi sono arrivato qui a Futureland e ritrovo tutti i motivi per cui mio padre e io stesso e migliaia di imprenditori hanno intrapreso quella avventura unica. E la speranza è che Futureland e i “taggers”, come amano definirsi, ci contaminino più spesso con la voglia di futuro e di cambiare e migliorare il mondo (lo scrivo in Italiano perché la maggioranza di noi nel presente ragiona amcora in Italiano e i sogni che avevano fatto nascere tante aziende erano in gran parte in Italiano).

Questa è la mia speranza e l’augurio che faccio ai Taggers e a noi. Ci sono però un paio di sfide su cui noi e loro dovremmo ancora ragionare e risolvere.

La prima. Chi ha partecipato ieri sarà protagonista della rivoluzione che la AR, VR, AI, 3Dprinting 4Dprinting (lasciatemi usare un po’ di slang da nativo digitale ché mi fa sentire più giovane e integrato) porteranno? O sarà piuttosto uno spettatore informato e basta?

Mi viene questo dubbio perché in sala c’era un’audience entusiasta e giovane e mi domando quanti imprenditori tradizionali, quanti manager e top manager, quanti alti bassi e medi funzionari pubblici quanti politici abbiano ascoltato. In realtà vorrei vedere la fila fuori di questi ultimi, vorrei vedere il classico sistema di potere politico ed economico che fa la fila fuori e spinge per entrare in questa terra del futuro. Ovviamente questo non è stato. E di qua il mio dubbio: questo mondo dell’innovazione riuscirà davvero a diventare mainstream anche attraverso nuove grandi aziende e nuovi grandi imprenditori o rischierà piuttosto di fare la fine del commercio equo-solidale: una testimonianza piuttosto che un impatto?

La seconda sfida e forse quella ancora più importante è quella tra innovazione e lavoro. Sono di questi ultimi mesi molti dibattiti sul futuro del lavoro e sulla potenziale perdita di milioni di posti di lavoro a causa dell’innovazione.

Non voglio entrare nel dibattito che è lungo e complesso e di cui si parla molto. Voglio piuttosto fare un appello. Se i Taggers (e con taggers voglio indicare tutti i pionieri e alfieri dell’innovazione) vogliono che l’innovazione vera cambi davvero il mondo non possono più limitarsi solo a proporla e a comunicarla. Devono anche proporre le policy di come l’innovazione aiuterà anche a creare nuovi posto di lavoro e a non lasciare nessuno indietro. Non basta più proporre l’innovazione e poi sperare che la politca trovi le soluzioni economiche e di welfare: non può farlo, perché non vive il futuro come lo fanno i taggers e gli innovatori. È un cambio di passo ma è l’unico modo per far sì che tutti, davvero, abbraccino il futuro.

* imprenditore, presidente di NexTo

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