Guido Brera: «Troppa liquidità, algoritmi, bitcoin: c’è il rischio di ricadute devastanti»

Il finanziere e scrittore ospite nella redazione de Linkiesta parla delle distorsioni create dai tassi a zero “contro natura” e avverte: «Se i derivati diventano strumenti di investimento, con la liquidità che c’è in giro si creano delle bolle e c’è il rischio di ricadute sulla gente devastanti»

Una serata contro il facile ottimismo. Contro l’idea che il Qe sia stato un toccasana, che la tecnologia ci sia sempre amica, che ci possiamo fidare di strumenti molto propagandati e incentivati come i Pir, i nuovi Piani individuali di risparmio. La serata con Guido Maria Brera nella redazione de Linkiesta, nell’ambito degli incontri del ciclo “Redazione FInanza”, in collaborazione con Moneyfarm, si chiamava “Guida galattica per investitori. Gestione attiva o passiva?”. Non è stato un tour guidato rassicurante. Il mondo – è la sintesi – è pieno di pericoli, di bolle in agguato e soprattutto è fatto di una diseguaglianza crescente che è figlia proprio dei tassi di interesse a zero.

Guido Brera parla da un osservatorio privilegiato. È un finanziarie e per essere più precisi è stato co-fondatore della società di gestione del risparmio Kairos. È quindi un operatore della “gestione attiva” della finanza, quella in cui uno o più analisti decidono titolo per titolo dove mettere i soldi dei risparmiatori che vi si affidano. È però diventato anche altro, ormai da diversi anni. Ha scritto un romanzo che ha permesso di aprire “la scatola nera della finanza”, attraverso la vicenda umana di un finanziere alle prese con i dilemmi etici riguardo al condizionamento della politica di uno Stato attraverso la finanza. Si tratta de I Diavoli (Rizzoli), i cui protagonisti da anni vivono nei post “Il Tredicesimo Piano” del sito www.idiavoli.com (molti dei quali raccolti da Linkiesta) e che l’anno prossimo saranno oggetto di una serie tv trasmessa da Sky e finanziata anche dalla Disney. Nel 2016 il libro “Tutto è in frantumi e danza”, scritto con il premio Strega Edoardo Nesi (La Nave di Teseo).

A dialogare con Brera c’era Sebastiano Picone, head of Sales & CRM di MoneyFarm, a rappresentare una società che invece rappresenta la “gestione passiva” dei risparmi, rappresentata dagli Etf, ossia da strumenti che replicano determinate classi di titoli in maniera automatica, con uno sguardo dall’alto che privilegia l’allocazione di risorse sulla base di indicatori macroeconomici, come la crescita del Pil e i tassi di interesse. Hanno il vantaggio di costi minori e di una statistica che solo nel 20% dei casi vede i gestori attivi battere sistematicamente il mercato.

Non è stato uno scontro, perché, è emerso dal dibattito, c’è ancora spazio per i due approcci, a patto che ci agisce nella gestione attiva abbia una preparazione e una conoscenza tale dei titoli che sceglie da avere un reale vantaggio rispetto alle repliche degli indici. «Non c’è un clash tra noi “artigiani” e i “roboadvisor” – ha detto Brera -. C‘è invece con chi fa il nostro mestiere in maniera superficiale, perché oggi chi sta in mezzo muore».

«L’età del ghiaccio, quella dei tassi a zero, alimenta i disequilibri: chi ha ha sempre di più, perché può dare soldi in pegno e può prendere soldi in prestito a tassi molto bassi. Chi non ha ha sempre di meno, perché quel poco che ha in banca oggi non gli serve a nulla, anzi è quasi una tassa. Prima chi aveva in banca 100mila o 150mila euro aveva un reddito, quello che io chiamo reddito di cittadinanza»


Guido Maria Brera

Di certo lo scrittore-finanziere quando c’è da dare visioni non rassicuranti non indora la pillola. Si comincia con un punto che è stato sottolineato più volte anche in passato: le distorsioni che derivano dall’eccesso di liquidità sui mercati derivante dal Quantitative easing. «Quando ci sono sommosse c’è una riconquista del territorio da parte della politica. Oggi la politica vera la fanno le banche centrali. Riconquistano il territorio imponendo i tassi a zero». I tassi sono “imposti” perché quelli così bassi o addirittura negativi sono “contro natura”. «È l’età del ghiaccio», sintetizza. Non a caso il nome “I Diavoli” non sta a indicare una malvagità della finanza, ma evoca il diavoletto del fisico Maxwell. Era un diavolo immaginario che avrebbe potuto evitare l’entropia nell’incontro tra un liquido caldo e uno freddo. Ma per la seconda legge della termodinamica non è possibile; è contro natura, appunto. «Tutto è nuovo. Il tempo non ha più valore – continua Brera -. I soldi in banca avevano un valore. Le azioni rendevano meno delle obbligazioni». Ma perché questo dovrebbe essere un problema? «L’età del ghiaccio alimenta i disequilibri – risponde – perché chi ha, ha sempre di più, perché può dare soldi in pegno e può prendere soldi in prestito a tassi molto bassi. Chi non ha ha sempre di meno, perché quel poco che ha in banca oggi non gli serve a nulla, anzi è quasi una tassa. Prima chi aveva in banca 100mila o 150mila euro aveva un reddito, quello che io chiamo reddito di cittadinanza».

Ci sono poi i pericoli che derivano dal fatto che «i tassi a zero invogliano tantissimo la leva finanziaria». E che, in questo clima sui mercati «qualcosa diventi una asset allocation anziché essere usato nell’economia reale». È quello che succede quando, come nel caso dei Bitcoin, «il valore diventa solo concettuale, diventa puramente psicologico e slegato dalla realtà». Noi, aggiunge, «abbiamo vissuto periodi in cui a causa del Qe già tanti strumenti sono diventati asset allocation e hanno affamato l’economia reale». Il riferimento non è solo ai bitcoin ma al petrolio, alle case nel centro di Londra, al cobalto, ricercato perché componente essenziale delle batterie.

«I derivati – aggiunge – devono servire solo come copertura del rischio o come garanzia di fermare un determinato profitto o perdita. Ma se diventano strumenti di investimento, con tutta la liquidità che c’è in giro si creano delle bolle gravissime, dei danni all’economia gravissimi e delle ricadute sulla gente devastanti».

«I derivati devono servire solo come copertura del rischio o come garanzia di fermare un determinato profitto o perdita. Ma se diventano strumenti di investimento, con tutta la liquidità che c’è in giro si creano delle bolle gravissime, dei danni all’economia gravissimi e delle ricadute sulla gente devastanti»


Guido Maria Brera

Ci sono ancora altri due punti che vengono evocati come rischi possibili. Uno ha a che fare con gli algoritmi usati per allocare gli investimenti. «Il rischio degli algoritmi – sottolinea – è che tutti leggano un evento nella stessa maniera, perché dietro un algoritmo c’è l’uomo che l’ha costruito. Se tutti gli algoritmi si allineano all’unisono amplificano i crolli e e le risalite a dismisura». Se il finanziere-scrittore si definisce «tecno-pessimista verso tutti i profili», è perché si aspetta un cambio di clima economico che potrebbe avere una dinamica violenta. «Abbiamo vissuto anni con crescita economica, tassia zero, banche centrali che governano il mercato. Questo cambierà, il Qe finirà, le banche centrali non governeranno il mercato. Quel momento arriverà e quando arriverà tutti gli algoritmi leggeranno il dato nello stesso istante. E si centuplicherà la probabilità di un crollo».

L’ultimo passaggio riguarda i Pir, i Piani individuali di risparmio. Sul punto a mettere in guardia gli investitori è soprattutto Sebastiano Picone di Moneyfarm: «L’iniziativa dei Pir sulla carta è lodevole perché incentiva il risparmio, ma in pratica sono molto diseducativi perché non passa il concetto della diversificazione – spiega -. Il Pir è strumento molto rischioso, perché alcune aziende piccole sono inondate di liquidità e faranno investimenti senza una selezione. Nel momento in cui tanta liquidità si riversa su questo segmento c’è un percorso inflattivo. Questo segmento come valore di borsa cresce in maniera artificiale, sintetica».

Anche Brera condivide la preoccupazione di fondo: «Sono stato entusiasta di questi strumenti, ci avrei messo la firma sopra e noi stessi come società ne gestiamo uno. Ma ora vedo il problema dell’enorme liquidità che sta arrivando a poche aziende. È uno strumento che sta diventando priogioniero del suo stesso successo».

«Abbiamo vissuto anni con crescita economica, tassia zero, banche centrali che governano il mercato. Questo cambierà, il Qe finirà, le banche centrali non governeranno il mercato. Quel momento arriverà e quando arriverà tutti gli algoritmi leggeranno il dato nello stesso istante. E si centuplicherà la probabilità di un crollo»


Guido Maria Brera

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