La formazione in Italia rimane argomento da dibattiti o poco più. Le imprese, all’atto pratico, la considerano inutile o troppo costosa. È una delle letture che si possono dare alla pubblicazione dell’Istat “La formazione nelle imprese in Italia”, nella quale l’istituto di statistica ha messo a confronto i dati del 2015 con quelli del 2010 e 2005. Il risultato: i progressi ci sono, ma appaiono soprattutto frutto di adempimenti formali. Dai dati e dalle risposte ai quesiti poste alle imprese non emerge la convinzione che attraverso la creazione di nuove competenze si possa fare fronte alle sfide che pongono le due leve dell’evoluzione tecnologica e della globalizzazione.
Vediamo i dati. Nel 2015 il 60,2% delle imprese attive in Italia con almeno 10 dipendenti ha svolto attività di formazione professionale. Sono cinque punti percentuali in più rispetto alla quota del 2010, quando la quota era del 55,6 per cento. Sette anni fa c’era stato un notevole progresso rispetto al 2005, quando la quota riguardava solo 32,2% delle aziende.
Il progresso, tuttavia, va contestualizzato, perché si tratta di corsi per lo più obbligatori e sganciati dall’investimento sulle competenze professionali. Spiega l’Istat, l’andamento positivo è determinato dall’incremento di aziende che hanno realizzato corsi di formazione nell’area ambiente-sicurezza sul lavoro, mentre per gli altri corsi la quota di imprese si è ridotta lievemente, dal 33,7 del 2010 al 32,3% del 2015. Già nella rilevazione precedente era emerso che un quarto delle imprese formatrici svolgeva solo corsi di formazione obbligatoria (sicurezza sul lavoro, salute, ambiente, ecc.).
C’è stato un progresso nella percentuale di imprese che effettua attività formativa. Ma è un incremento che va contestualizzato, perché a crescere sono solo i corsi obbligatori su ambiente e sicurezza sul lavoro, mentre scendono gli altri corsi
Il dato è coerente con le risposte che danno le aziende sui motivi che le hanno spinte a non investire sul miglioramento delle competenze dei propri addetti. Tre su quattro (il 74%) ritengono che la formazione non sia necessaria perché il personale è già qualificato, mentre il 13% considera troppo elevati i costi della formazione professionale. Guardando le tabelle dell’Istat in dettaglio, emerge che sono soprattutto le piccole imprese tra i 10 e i 19 dipendenti a ritenere che il personale non abbia bisogno di essere formato (76%), una quota che scende man mano che salgono le dimensioni di impresa, fino ad arrivare al 36% delle grandi imprese con più di mille dipendenti.
Le grandi imprese sono non sorprendentemente le più attive nella formazione (98% nelle società con almeno mille dipendenti), mentre tra quelle piccole la percentuale è appena sopra la metà del totale.
Emerge quindi un tema di consapevolezza, oltre che di costi. Secondo l’Istat se si tiene conto dei costi diretti relativi a dicenti, servizi esterni, infrastrutture eccera (1,394 miliardi di euro spesi nel 2015), dei costi del lavoro, cioè ore perse (2,657 miliardi) e saldo tra contributi e finanziamenti regionali ed europei ricevuti (462 milioni), si ha un costo totale di 4,513 miliardi di euro nel 2015. Il costo medio orario è di 57 euro. Un salasso per i piccoli? È possibile, ma va pur detto che la voce “costi eccessivi” come motivo ostativo non si discosta nelle risposte delle piccole imprese (13,8%) dal dato generale (13,2%) ed è sensibilmente inferiore a quello di imprese medie e grandissime.
Nei dati dell’Istat c’è anche un effetto disincanto: le competenze professionali ritenute di importanza cruciale per le imprese sono molto più quelle di tipo tecnico-operativo (in salita rispetto al 2010), mentre sono scese nelle risposte le capacità relazionali, il team working, le competenze manageriali, il problem solving, le competenze informatiche professionali, la conoscenza delle libgue e le competenze informatiche di base. È un segnale, forse, della volontà di concentrare il proprio tempo su questioni concrete. Proprio da questo si dovrebbe ripartire. Cominciando, magari, a non tagliare le risorse per gli incentivi alla formazione che sono stati finalmente previsti dal piano Impresa 4.0, presentato alla fine di settembre dal governo. Tuttavia, dopo gli annunci, sono seguite delle negoziazioni che hanno visto (finora) un netto ridimensionamento delle risorse destinate.
Tre imprese su quattro (il 74%) ritengono che la formazione non sia necessaria perché il personale è già qualificato. È una convinzione radicata soprattutto nelle piccole imprese ma che rischia di essere illusoria