Ci sono i quartieri d’elezione, i luoghi di culto, i ristoranti, i negozi, ma anche i giornali, gli indirizzi dei consolati, le scuole di lingua, i festival, e pure le opere d’arte e i milanesi illustri che hanno avuto connessioni con i propri Paesi d’origine. GiroGiroMondo è una guida multiculturale di Milano, la prima pensata, scritta e realizzata proprio dagli immigrati che vivono in città. Anzi dalle immigrate, quelle che frequentano i corsi di lingua e cultura italiana del “Centro italiano per tutti” di iBVA, l’associazione non profit con sede in zona Navigli.
Un gruppo di venti donne, egiziane, marocchine, peruviane, brasiliane, russe, ucraine, moldave, rumene e polacche, si sono trovate una volta a settimana nella stessa classe per studiare la lingua italiana. E attraverso la consultazione dei dati e i sopralluoghi sul campo, hanno realizzato così una sorta di Lonely Planet della presenza straniera a Milano, che verrà presentata il prossimo 18 novembre nel corso di BookCity.
«Le autrici hanno raccolto le tracce storiche e i segni attuali della presenza delle loro comunità, mettendone in luce l’apporto nella costruzione del patrimonio storico e culturale della città», spiega Milena Angius, l’insegnante di italiano che ha curato il testo, e che guida il gruppo da tre anni, seguendo un percorso di studio e approfondimento su Milano. Viene fuori la città che gli immigrati vivono ogni giorno, da milanesi e stranieri insieme, senza dimenticare le proprie radici. È la città in cui la presenza straniera è radicata nelle strade, nelle insegne dei supermercati e nelle voci dei quartieri, contribuendo a costruire il volto stesso del paesaggio urbano. «Mancano alcune nazionalità centrali per Milano, come quella cinese ed eritrea», dice Angius. «Il lavoro non è esaustivo, ma l’obiettivo del prossimo anno magari potrà essere quello di completarlo».
Le autrici della guida sono tutte donne che vivono in Italia da molti anni, hanno un livello di italiano dall’intermedio all’avanzato, e titoli di studio alti. C’è chi lavora in azienda, chi in negozio, altre sono professioniste. La maggior parte di loro però fa la mamma, perché in Italia non sempre i titoli di studio conseguiti nei Paesi d’origine vengono riconosciuti.
Beata Szkudzinska, 47 anni, tre lauree (in teologia, filosofia e chimica), è autrice del capitolo dedicato alla presenza polacca in città. «Bona Sforza, figlia di Gian Galeazzo Sforza, sposò il re di Polonia», racconta. «Grazie a lei, sulle tavole polacche arrivarono la pasta, le spezie e molte verdure. Arrigo Boito, invece, aveva la madre polacca».
Connessioni e intrecci, spesso sconociuti, che guardano oltre la cena mordi e fuggi in un ristorante etnico della città. Dalle schede costruite per ciascuna nazionalità, accompagnate anche dalle foto scattate dalle autrici, viene fuori una Milano da sempre cosmopolita. Oltre a notizie storiche sull’arrivo dei migranti in città, si trovano le biografie di connazionali celebri che hanno lasciato un’impronta nel capoluogo lombardo e i milanesi noti a loro volta nei Paesi esteri da cui le autrici provengono. Ci sono le chiese e le moschee attorno alle quali si raccolgono le comunità. E anche i bar e le discoteche, come la Bambu Club di via Padova, il cui nome deriva da uno dei migliori locali notturni di Bucarest, gestito da imprenditori italiani. Sfogliando la guida, si scoprono le festività, i giornali di riferimento in lingua e i luoghi di ritrovo. Ma anche i monumenti e le opere d’arte centrali per le comunità straniere custodite nei musei milanesi. E poi vengono fuori le curiosità che chi vuole conoscere Milano può scoprire solo in guide come questa. La cittadina marocchina di Fquih Ben Salah, ad esempio, è conosciuta come “la petite Milan”, per le rimesse inviate dai residenti in Italia che l’hanno trasformata in un centro moderno. In via Paolo Sarpi, in piena Chinatown, c’è invece una storica torrefazione brasiliana, la Coraçao do Brasil. E sui Navigli, luogo della movida milanese, il mercato comunale ticinese, sulla Darsena, ha il suo angolo peruviano, con empanadas, olluco, papaya e granadilla.
«In un momento in cui si sovrappone il fenomeno migratorio solo all’emergenza sbarchi», dice Milena Angius, «questa guida mostra come la maggior parte degli immigrati in Italia è regolare. Hanno messo radici e sono cittadini come noi, che contribuiscono all’identità multiculturale della città».