Perché le canzoni, dopo che le si ascolta tante volte, smettono di piacere?

Ovvero: teoria e tecnica della canzonetta commerciale. Il tormentone estivo di ogni anno, riproposto dopo 12 mesi, mostra sempre la corda. È datato, lontano e privo di appeal. C’è una spiegazione psicologica

Prima tutti la amano, poi la ascoltano quelle mille volte e, alla fine, tutti la odiano. È la vita (breve) di ogni canzone di successo. Se le hit durano poco, la ragione è una e una sola: la sovraesposizione. Come si spiega su Verne, giornale leggero de El País, tutto dipende dalla sovrastimolazione dei centi del piacere. Se viene ripetuto più e più volte, lo stesso stimolo si usura e perde il suo potenziale evocativo. E non piace più.

Lo sostiene anche The Independent: il cervello, mentre si ascolta una canzone, si divide in due parti: una parte anticipa il momento preferito della canzone (ad esempio, il ritornello), l’altra, avvertita, libera endorfina nell’attimo in cui l’anticipazione viene confermata (e i musicisti, quelli bravi, sanno giocare sempre con questo meccanismo, anche senza conoscerlo). A lungo andare, però, la dinamica di anticipazione-conferma perde forza. Il piacere che ne deriva, ormai privo di ogni effetto-sorpresa, diminuisce.

Ma non è l’unica spiegazione. Insieme alla sovraesposizione opera, implacabile, il “condizionamento”. È il meccanismo che fa associare stimoli diversi a emozioni ed esperienze contemporanee. Tradotto: si esce con una persona amata e, in quel periodo, va di moda una canzone particolare? Il condizonamento collegherà le due cose. Quando però la relazione finirà, trascinerà con sé ogni ricordo. E anche quella canzone, colpevole di risvegliare ricordi ed emozioni ormai lontani, risulterà odiosa.

C’è una soluzione? Sì. Prima di tutto, notano gli scienziati, quanto più una musica è complessa e tanto più lontano sarà il momento in cui smetterà di piacere. È la ragione per cui le canzoni commerciali estive, basate su motivetti elementari e arrangiamenti furbi, passano presto di moda. Le grandi melodie classiche, più difficili e raffinate, continuano invece a piacere e ammaliare anche dopo anni di ascolto.

In secondo luogo, serve tempo: come per ogni cosa umana, è anche in questo caso una grande medicina. Smettere di ascoltare la canzone odiosa è il primo passo. Poi, in qualche modo, dimenticarla. Quando, un giorno, capiterà di risentirla, tornerà, se Dio vuole, a piacere. Ma ci vuole, come per tutti gli ostacoli della vita, tanta pazienza.

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