Tre parole inglesi che non si usano più e che dovrebbero essere recuperate

La lingua si è semplificata nella sintassi ma, nel processo, ha perso molte capacità espressive importanti. Alcune di queste, per una migliore comprensione, andrebbero ripristinate

Sempre più parole per una sintassi via via più semplice. È, in sostanza, la storia della lingua inglese. Negli ultimi secoli la complessità delle forme grammaticali è andata man mano riducendosi, compensata però da un aumento della ricchezza sia quantitativa che espressiva dei vocaboli. Gli inglesi hanno semplificato a tutto spiano, eliminando sfumature inutili e forme ridondanti. Nel processo, però, hanno anche lasciato per strada qualcosa di prezioso.

Ad esempio, il Thou, per dire “tu”, abbondante nei testi di Shakespeare e nella lingua di qualche secolo fa. Nonostante oggi venga visto come un’espressione formalissima e rispettosa, in realtà era proprio il contrario. Come si scrive qui, chi intendeva rivolgersi a qualcuno in modo cerimonioso usava “You”, cioè il “voi”. Proprio come nei Paesi latini. Thou si usava con persone con cui il legame era intimo, amichevole, proprio come il “tu”.

(E questo per dire che la lingua inglese non è per nulla democratica, soprattutto non lo è perché, come si dice in giro a mo’ di battuta, “ti permette di dare del “tu” alla regina”. Tutt’altro: usando You date del “voi” a tutti.)

Un’altra grave perdita è la parola Yea. Veniva impiegata per indicare, come il francese “si” e il tedesco “doch”, la risposta positiva a una domanda negativa – che, cioè, la contraddice. “Non vuole i condimenti a parte?”, chiede il cameriere. Rispondere “yes” significa che si è d’accordo con lui, che la sua frase è corretta (= “Sì, ha ragione: non li voglio”). D’altro canto, rispondere “no”, non è altro che un modo per rafforzare quell’affermazione (= “No, certo che non li voglio i condimenti”). Come fare, allora, se si vuole dire che, in realtà, li si vorrebbe? Tocca usare tante parole, proprio come fanno gli italiani. Una volta ne bastava una, “yea”, e tutto si chiariva.

E, di converso, la parola “Nay”: serviva a rispondere in modo negativo a domande positive. Ma scusi: non basta dire “no”? No. All’epoca ci tenevano alla precisione. Come spiegava Thomas More, nel 1532 di fronte a una domanda positiva, tipo “È cosa eretica tradurre la Bibbia in inglese?”, risposta – negativa – deve essere “nay”. Al contrario, di fronte a una domanda negativa “Non è cosa eretica tradurre la Bibbia in inglese?”, la risposta, negativa e quindi in accordo con la domanda, è “no”.

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