Nel Partito democratico è iniziata la corsa per accaparrarsi un posto al sicuro in vista delle elezioni politiche di marzo. E sarà una corsa all’ultimo seggio, senza esclusione di colpi. I posti più ambiti, manco a dirlo, sono quelli da capolista nei listini plurinominali, gli unici che assicurano di essere eletti. Il problema è che la coperta è cortissima e la riconferma, per molti parlamentari, è una vera e propria chimera. La bozza di un dossier realizzato dal centro studi della Camera fotografa una situazione che ha gettato i deputati dem nel panico: applicando i risultati del 2013 alla attuale legge elettorale, il Rosatellum, il Pd perderebbe tout court almeno 90 seggi a Montecitorio. Tenendo conto che cinque anni fa Sel (la costola di sinistra della coalizione ‘Italia bene comune’) correva insieme a Bersani, si calcola che l’impatto del quarto polo guidato da Grasso possa portare ad un’ulteriore perdita. Le proiezioni, in base agli ultimi sondaggi, parlano di una forbice tra i 150 e i 180 seggi per il Pd, ben più di cento in meno rispetto a oggi. E al Senato – con le dovute proporzioni – la situazione è la stessa, se non peggio.
Il grande problema per Renzi è che nessuno sembra volersi mettere in gioco nei collegi uninominali, dove i candidati dovrebbero fare da traino e cercare i voti sul territorio, per trascinarsi dietro il voto proporzionale. Salvo rare eccezioni (lo stesso segretario del Pd, dopo aver detto che si sarebbe candidato nel collegio di Arezzo, ha accettato la sfida lanciatagli da Matteo Salvini, probabilmente a Firenze) i “big” e i fedelissimi verranno catapultati in posti ritenuti blindati. Per il Giglio Magico, che un tempo imperversava in Toscana, sarà una vera e propria diaspora. Solo Luca Lotti dovrebbe correre nella terra natia.
Fa molto discutere, nelle stanze e nei corridoi di Montecitorio, la decisione – che sembra presa – di piazzare Maria Elena Boschi in Campania, nel collegio di Torre del Greco, Nola, Portici, Castellammare, dove si confida che la popolarità dei sindaci di Portici ed Ercolano, Vincenzo Cuomo e Ciro Bonajuto, le possa garantire una agile rielezione. Ad un certo punto si era temuta una vera e propria sollevazione, quando per la Boschi si erano prospettati altri collegi: molti parlamentari temono infatti che il crollo di popolarità di quella che fino a qualche anno fa era la punta di diamante del renzismo possa far saltare, oltre che seggio dell’uninominale, anche le seconde o terze posizioni del listino proporzionale. Il che la dice lunga sulla parabola calante in cui sembra essere precipitata l’ex ministra delle Riforme: il periodo in cui trasformava in oro ogni cosa che toccava è lontano anni luce.
Il grande problema per Renzi è che nessuno sembra volersi mettere in gioco nei collegi uninominali, dove i candidati dovrebbero fare da traino e cercare i voti sul territorio, per trascinarsi dietro il voto proporzionale
Anche un altro dei più stretti collaboratori di Renzi, il tesoriere del Pd Francesco Bonifazi, fiorentino, cercherà fortuna lontano da casa, probabilmente in Piemonte. Tra i fedelissimi troveranno un posto al sole anche Ernesto Carbone, Gennaro Migliore e, ovviamente, Matteo Richetti che correrà nella sua Emilia-Romagna. Sicuri della riconferma Ettore Rosato, Silvia Fregolent, Simona Malpezzi, una delle “madri” della Buona Scuola, il vicesegretario Maurizio Martina (che metterà al riparo anche i fedelissimi Matteo Mauri, in Lombardia, e Micaela Campana, in Puglia), il presidente Matteo Orfini e i “turchi” Francesco Verducci, Stefano Esposito e Chiara Gribaudo. Anche Debora Serracchiani, che non si candiderà alla rielezione come presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, e Raffaella Paita, sconfitta da Toti alle regionali in Liguria, si apprestano a fare, per la prima volta, il loro ingresso nei palazzi romani. Per Gianni Cuperlo si parla di un seggio sicuro a Trieste.
Stesso discorso per i ministri. Riconferme certe per (quasi) tutti, in primis, ovviamente, Paolo Gentiloni. E insieme a lui Marco Minniti, Graziano Delrio, Dario Franceschini, Marianna Madia, Andrea Orlando, Roberta Pinotti, Valeria Fedeli. Anna Finocchiaro ha invece confermato che non si ricandiderà.
Grazie al riparo fornito dalla possibilità di candidature plurime nei listini, alcuni “big” correranno anche nei collegi uninominali. Ma non saranno molti, perché il timore di “perdere la faccia” è alto. Ci sarà probabilmente Gentiloni, ci sarà Teresa Bellanova, viceministro dello Sviluppo economico, ex sindacalista, da molti indicata come la sfidante di Massimo D’Alema a Lecce e provincia. Ci sarà Emanuele Fiano, in corsa nel collegio di Milano 1, tra i pochi contendibili dal Pd in Lombardia, forse Anna Ascani in Umbria.
Per i collegi, il piano di Renzi è quello di spendere più nomi possibili della “mitica” società civile. Purtroppo, anche da questo punto di vista, la campagna di reclutamento procede a rilento. Per ora l’unico nome certo è quello di Paolo Siani, fratello di Giancarlo Siani, il giornalista napoletano ucciso dalla camorra. In rampa di lancio ci sono poi Roberto Burioni, virologo-simbolo della campagna pro-vax e Samantha Cristoforetti, l’astronauta italiana, divenuta star del web dopo le sue ultime missioni. Per il resto si muove poco. Pronta per un seggio sicuro c’è Annalisa Chirico, che si è fatta spazio negli ultimi mesi per la sua “ossessione garantista” (come scrive nel suo profilo sul Foglio) e per le sue battaglie contro il pm di Napoli Henry John Woodcock.
Infine il capitolo Millennials. Negli ultimi mesi sono diventati una vera ossessione per Renzi, che si è posto l’obiettivo di intercettare il voto dei giovanissimi. In quota “Futuredem” i nomi in lizza sono quelli di Davide Ragone, presidente dell’associazione, e Mattia Peradotto, collaboratore di Bonifazi e uomo macchina al Nazareno. Maurizio Martina sponsorizza la candidatura di Ludovica Cioria, segretaria regionale dei Giovani democratici del Piemonte. In ribasso le quotazioni di Caterina Conti e Mattia Zunino, segretario nazionale dei giovani dem. La minoranza orlandiana, infine, porterà in Parlamento il campano Marco Sarracino.
Insomma, i nomi sono tanti e i posti sono pochi. A Matteo Renzi l’arduo compito di comporre il quadro in tempi relativamente brevi. La scadenza elettorale di marzo si avvicina e il Pd – a cominciare dai propri candidati – ha disperatamente bisogno di risalire la china.