La mattina del 26 agosto 1883 tutti, sulla Terra, hanno sentito un forte rumore. Era lo scoppio del vulcano Krakatoa, nell’odierna Indonesia, che causò 36mila morti e distruzioni di ogni genere. In più, originò il rumore più forte mai sentito, che coprì una distanza di cinquemila chilometri in ogni direzione.
Sembra poco? Sembra tanto? Per capirsi: se qualcuno a Milano dicesse: “Ho sentito un rumore proveniente da Firenze”, lo si prenderebbe per pazzo. Eppure sono città lontane solo 300 chilometri, quasi un niente. Occorre allora immaginare un boato che proviene dai confini della Cina e si avverte anche a Milano. O che parte da Dublino e si sente anche a Boston (quattro ore dopo).
Trovarsi lontani, in queste situazioni, è meglio. Essere vicini, invece, si rivelò un’esperienza catastrofica. In mancanza di registrazioni del rumore, ci si dovrà affidare soltanto alle testimonianze di chi c’era. Il capitano della nave inglese Norham Castle, a 70 chilometri di distanza da Krakatoa, scrive nel suo diario di bordo che “l’esplosione ha distrutto i timpani di metà dell’equipaggio. I miei ultimi pensieri erano dedicati a mia moglie, tanto ero convinto che fosse arrivato il Giorno del Giudizio”. E c’è da capirlo: le riverberazioni – non il suono, ma i cambiamenti della pressione atmosferica – attraversarono l’intero pianeta terrestre per quattro volte.