La pensione è un imbroglio (e vivere per inseguirla è l’imbroglio più grande)

Il grande tema/bufala della campagna elettorale sono le pensioni. Che i giovani sono destinati a non ricevere. Ed è inutile affannarsi, il destino è: sempre meno soldi, sempre più tardi. Invece di inseguirle faremmo meglio a fregarcene

Le pensioni sono l’argomento Charles Dickens del nostro paese. Dalle mille promesse pre-natalizie che stanno fioccando si capisce quale sarà il tema cardine della prossima campagna elettorale. Berlusconi: “Pensioni a 1.000 euro e un ministero per la terza età”. Salvini: “La legge Fornero è da stracciare, voglio farla piangere”. Di Maio: “Porteremo le pensioni minime a oltre 780 euro al mese”. L’ultima polemica fra 5 stelle e PD? Le pensioni d’oro. Se Di Maio dovesse andare al governo (!) le abolirà (dice) per recuperare i fondi necessari (circa 12 miliardi) e cancellare la riforma Fornero.

PD impazzito. Renzi, parafrasando, “Dopo tutti i nostri sforzi / Non sapete leggere i bilanci / ecc ecc”, aiutato dalle parole strappacuore della vicepresidente dei deputati PD Titti Di Salvo: “Stupisce la superficialità con cui Di Maio e i 5 stelle affrontano il tema pensionistico giocando con la vita delle persone”. Stupisce. Stupisce pure come nel 2018 (quasi) le pensioni possano ancora essere un tema caldo. Nel 2028, si spera, pensare alle pensioni, indignarsi, basare molte decisioni della propria vita su quando e se prenderò dei soldi (e quanti ne prenderò) dopo aver finito di lavorare, saranno automatismi ammuffiti. Il ricordo della pensione nei giovani scomparirà, non l’associeranno più alla nonna che te ne regala una parte per comprarti il gelato, e con il ricordo scomparirà anche la speranza (di avere una pensione nel futuro).

Stupisce. Stupisce pure come nel 2018 (quasi) le pensioni possano ancora essere un tema caldo. Nel 2028, si spera, pensare alle pensioni, indignarsi, basare molte decisioni della propria vita su quando e se prenderò dei soldi (e quanti ne prenderò) dopo aver finito di lavorare, saranno automatismi ammuffiti. Il ricordo della pensione nei giovani scomparirà

Le persone inquadrano la discussione sulle pensioni in termini etici. Se sei a sinistra, potresti chiederti quanto sia giusto dimezzare la mensilità di un novantenne che ha trascorso la sua carriera come dipendente pubblico. Se sei a destra, potresti domandarti quanto sia giusto continuare a pagare le pensioni con fondi che in realtà non hai.

Queste sono senz’altro domande lecite, sulle quali riflettere nei pomeriggi uggiosi. Ma per stabilire i benefici di un’azione dobbiamo guardare non alle motivazioni, come si fa nella valutazione morale, ma alle conseguenze, e nessuna azione è virtuosa solo per il fatto di promuovere il bene pubblico, anzi, le azioni che di solito promuovono il bene pubblico violano le regole della morale.

Ora. Cesare Augusto, nel 13 d. C., temeva che i soldati rispediti a casa perché troppo anziani per combattere potessero insorgere contro l’impero. Così escogitò una soluzione intelligente: dopo vent’anni in una legione e cinque nelle riserve militari, un soldato avrebbe guadagnato una specie di liquidazione pari a circa tredici stipendi annuali di un legionario. Pagateli e saranno meno inclini a rovesciarvi. Ma i tempi non sono più quelli di Augusto e molto spesso la pensione è una presa in giro bella e buona. Altro che tredici stipendi annuali.

Sempre meno soldi (fino allo zero), sempre più in là nel tempo (fino alla tomba), questo è il trend

Procediamo con ordine. L’Italia è uno dei Paesi che attualmente dedica più risorse alle pensioni (il Paese col sistema pensionistico più caro d’Europa con il suo 15% del Pil dedicato a coprire i costi della previdenza) e ha una delle età effettive di pensionamento più basse d’Europa. Dal primo gennaio 2019 salirà a 67 anni rispetto agli attuali 66 anni e 7 mesi. Salirà anche l’età prevista per la pensione anticipata, quella che si può ottenere a qualsiasi età a condizione di aver versato un certo numero di anni di contributi.

Questo aumento è frutto di tre fattori: la riforma Fornero del 2011 che impone un adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita e sancisce definitivamente il trionfo del metodo contributivo sul retributivo, le stime ISTAT e la decisione del governo di non intervenire per bloccare l’aumento dell’età pensionabile. Ed è così che deve andare. «Aumentare l’età di effettivo pensionamento dovrebbe continuare ad essere la priorità per garantire adeguati benefici pensionistici senza mettere a rischio la sostenibilità finanziaria», scrivono gli esperti dell’Ocse.

Sempre meno soldi (fino allo zero), sempre più in là nel tempo (fino alla tomba), questo è il trend. La prospettiva, secondo i calcoli, è: in pensione a 71 anni e 2 mesi per il ventenne italiano nato nel 1996 che ha iniziato a lavorare nel 2016 – se avrà una carriera senza interruzioni. Una carriera senza interruzioni? I giovani di oggi non sono quelli di ieri, del faccio medicina farò il medico, faccio giurisprudenza farò l’avvocato, faccio filosofia farò qualcosa che non c’entra niente ma qualcosa farò. Il lavoro non è più unico e perenne.

Prendete un treno e se non avete i soldi per il biglietto nascondetevi in bagno, fatevi sbattere fuori dal capotreno in una provincia sconosciuta del piano padano e fatevi una bella passeggiata nella nebbia

Quelli che lavorano hanno più lavori e se fanno una cosa sono tentati di farne un’altra. Funziona così. Il lavoro contamina ogni parte della vita privata, si lavora sempre, anche quando postiamo una foto su Instagram pensiamo al guadagno – a quanti like arriverà, a quante persone condizionerà. Allora, qual è la pensione che meritiamo? Altro che tredici stipendi annuali. Bisogna mettere in primo piano la diversità e la relatività delle soluzioni nei diversi tempi e società.

È per questo che esistono i saggi. Per conservare le cose che meritano di essere conservate. Allora, o siamo diventati tutti saggi o siamo diventati tutti scemi. L’Italia è vecchia ed è vecchia più a lungo. L’età media da 41,4 anni del 2002 è salita a 44, 4 e il nostro indice di vecchiaia (il grado d’invecchiamento di una popolazione) da 131,4 è passato a 165,3: ci sono 165,3 anziani ogni 100 giovani. In Italia siamo talmente vecchi che pure i giovani si comportano da vecchi: vogliono certezze. Ma quali certezze? Prendete un treno e se non avete i soldi per il biglietto nascondetevi in bagno, fatevi sbattere fuori dal capotreno in una provincia sconosciuta del piano padano e fatevi una bella passeggiata nella nebbia, che vi aiuti a non pensare a niente, o alla nebbia. Pensare al futuro remoto (nemmeno prossimo) non aiuta.

Perché le persone non si lasciano andare alle proprie inclinazioni fino in fondo e restano 30 anni nello stesso ufficio a giocare a tetris e a perdere vista e capelli dietro a un pc nemmeno Mac? Per la pensione. Perché non vai a fare quel viaggio che volevi tanto fare e magari resti lì a vedere frutta sulla spiaggia? Per la pensione. Perché vuoi un contratto a tempo indeterminato a vent’anni? Per la pensione. Abbiamo davvero bisogno di genitori sempre più grandi e invadenti, di uno Stato che ci regga il moccolo fino a 90 anni? Fino a che non esaliamo l’ultimo respiro? Anche no.

Entra nel club, sostieni Linkiesta!

X

Linkiesta senza pubblicità, 25 euro/anno invece di 60 euro.

Iscriviti a Linkiesta Club