La sindrome di Pierino: l’idea (un po’ stupida) di giudicare i politici dalla correttezza grammaticale

Gli strafalcioni di Fedeli, i congiuntivi di Di Maio, gli acidi di Travaglio. Ormai l’opinione pubblica giudica qualsiasi cosa dalla correttezza grammaticale o metaforica. E non è una buona cosa: le parole sono importanti, ma i contenuti politici, forse, lo sono di più

La Sindrome del Pierino è quel sottoprodotto dello scontro politico che si attacca alle frasi, alle parole, talvolta addirittura alle virgole per rendere grottesco l’avversario. È una specialità del web, dove campeggiano da mesi, a rotazione, i presunti strafalcioni della ministra Valeria Fedeli, i temerari congiuntivi di Luigi Di Maio e adesso anche lo sconsiderato uso della parola “acido” da parte di Marco Travaglio, contestato con severità dalla neo-candidata Pd Lucia Annibali, che dall’acido è stata sfregiata e che lo ha invitato a non scherzare con quel termine. La Sindrome ha nobili radici nella scenata di Palombella Rossa in cui Nanni Moretti prende a pizze la giornalista che dice in rapida successione “alle prime armi”, “rapporto in crisi, “cheap”. Le parole sono importanti, urla il protagonista, ed è vero. Ma non tutti sono Nanni Moretti, e nemmeno il suo alter-ego Michele Apicella: quel che ci ha fatto ridere in un film, mette una certa tristezza nell’avvio di una campagna elettorale che dovrebbe lasciare certe questioni a linguisti e ai semiologi.

La Sindrome del Pierino tiene banco perché aggirare l’essenziale in nome di cose del tutto periferiche è la cifra della politica ai tempi del populismo. I meme ossessivi sull’inglese all’amatriciana di Renzi, su Di Battista che confonde Auschwitz con Austerliz, sulla Lorenzin che scambia virus per batteri, sono lo specchio di un’opinione pubblica (una parte dell’opinione pubblica: le opposte tifoserie) che interpreta la politica come quotidiana ricerca di conferme sulla somaraggine del compagno di banco. “Guardi che ha detto, maestra, guardi quanto è ignorante”: in classe sarebbe considerato un comportamento da spioni, nei partiti qualcuno pensa che porti voti o comunque consenso.

I meme ossessivi sull’inglese all’amatriciana di Renzi, su Di Battista che confonde Auschwitz con Austerliz, sulla Lorenzin che scambia virus per batteri, sono lo specchio di un’opinione pubblica (una parte dell’opinione pubblica: le opposte tifoserie) che interpreta la politica come quotidiana ricerca di conferme sulla somaraggine del compagno di banco

Solo un decennio fa una certa disinvoltura verbale, ai limiti dell’ostentazione di ignoranza, faceva simpatia. Antonio Di Pietro costruì una intera carriera sul vocabolario spericolato e sul “che c’azzecca”, e fu esattamente su quel terreno – la rottura delle convenzioni, anche grammaticali, del discorso pubblico – che mise radici la fenomenologia populista di maggior successo, fatta non solo di parole in libertà ma anche di Mariedefilippi, giubbotti di pelle, scanzonature su gufi e professoroni, per non parlare delle parolacce, assurte con il Vaffa Day a testimonianza di specifico impegno pubblico.

Poi deve essere successo qualcosa. All’improvviso il Pierino collettivo ha deciso che così non si andava avanti e si è messo a correggere con la matita blu le frasi, le slide, gli articoli di giornale. Più migliore non si dice (segue dibattito, con la scoperta che forse sì, si può dire). Il congiuntivo presente di spiare è spiino (segue gara di congiuntivi sull’account di Di Maio). Legislatura sciolta nell’acido è oltraggioso, non si scrive nemmeno per scherzo (segue replica di Travaglio e zuffa sulla cattiveria della replica Travaglio). Al Pierino collettivo non sfugge niente: ama sempre i Masaniello ma adesso li vuole colti come Spadolini e verbalmente contenuti come Togliatti.

Votano pure quelli che dicono “cheap”, e “rapporto in crisi”, e “più migliore”, e “venissero spiate”, e “legislatura da sciogliere nell’acido”, e votano persino quelli che se ne fregano di tutto questo e stanno aspettando due parole sui programmi

Con un po’ di senso politico, si dovrebbe mettere in guardia questo custode della sintassi e della competenza espressiva dagli esiti del suo attivismo. Viviamo tempi complessi, e una campagna elettorale costruita sugli scarsi studi o la scarsa sensibilità degli avversari rischia di essere presa male in un Paese che, oltretutto, ha sempre detestato i primi della classe. Il Pierino collettivo tenga conto che il mitico Apicella era tale – cioè mitico – per una minoranza della minoranza, e una gran parte d’Italia non ha mai visto i suoi film, e se li avesse visti non avrebbe riso: è triste ma è così. Votano pure quelli che dicono “cheap”, e “rapporto in crisi”, e “più migliore”, e “venissero spiate”, e “legislatura da sciogliere nell’acido”, e votano persino quelli che se ne fregano di tutto questo e stanno aspettando due parole sui programmi.

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