Negli ultimi anni il Messico sta vivendo un trend inaspettato: di pari passo con l’aumento dell’immigrazione dai Paesi africani e mediorientali, sono in aumento i casi di conversioni all’Islam. Il fenomeno coinvolge ancora poche persone, dato che i musulmani sono circa 5.000 in tutto il Paese, una minoranza assoluta rispetto alla popolazione nazionale (127,5 milioni di persone). Ciononostante, il numero di credenti è triplicato rispetto all’inizio del nuovo millennio e la tendenza è interessante soprattutto se si considera l’aspetto femminile della questione. La religione aiuta in particolar modo le donne a sottrarsi a un contesto di violenza e prevaricazione culturalmente forti in quel Paese, inserendole in comunità che garantiscono invece vicinanza, protezione e identificazione.
Giulia Iacolutti, fotografa freelance, è stata tra le prime persone ad approfondire la tendenza delle conversioni in Messico. Nella capitale si è mescolata tra le donne neo-musulmane, condividendo con loro riti, preghiere e pasti e nel 2015 ne ha documentato le motivazioni e il background in un progetto progetto fotografico intitolato “Oasi”. Iacolutti racconta che, di solito, le donne si avvicinano alla religione per curiosità. Ne sentono parlare nei media, all’università e nella vita quotidiana, vedono intorno a sé altre donne entrare a contatto con quella realtà e cercano di approfondire. Qualcuna inizia a studiare l’arabo per conto suo. «C’è differenza tra nascere musulmani e convertirsi: nel secondo caso la religione si tende a studiarla», puntualizza la fotografa. Di solito occorre qualche anno prima che le donne arrivino a prendere la decisione di diventare musulmane. Iniziano a frequentare la moschea, a pregare, a digiunare. Sulla via verso casa, però, capita che il velo se lo tolgano: non è sempre ben visto nel barrio, e spesso anche le famiglie non approvano.
«Le donne messicane vivono in un Paese dove la violenza non è solo fisica, ma anche psicologica, è una caratteristica culturale», precisa Iacolutti. E nonostante il governo abbia varato una legge apposita nel 2007, adottando delle misure di “protezione” femminile, come ad esempio la presenza di vagoni separati per donne e uomini in metropolitana per ridurre il rischio di molestie, dieci anni dopo l’entrata in vigore i dati sui femminicidi sono rimasti gli stessi, sottolinea Roberta Granelli, ricercatrice italiana a Città del Messico ed esperta sul tema delle relazioni affettive e della violenza di genere. «Il motivo dell’assunzione di queste politiche è, fra le altre, l’idea che le donne siano da proteggere e gli uomini siano violenti, senza riflettere se questi siano comportamenti appresi e quindi modificabili o meno» dice Granelli. «Quindi è tutto un sistema che supporta la discriminazione e la violenza su donne e bambine, e quando parlo di donne mi riferisco ovviamente a donne cis e donne trans, senza distinzione. Il Messico è, dopo il Brasile, il Paese con il numero di transfemminicidi più alto a livello mondiale».
Nelle comunità musulmane le donne trovano invece un senso di appartenenza, di identificazione, che le fa sentire al sicuro. Molte sono quelle che hanno avuto esperienze con uomini che le picchiavano dopo aver alzato il gomito
Nelle comunità musulmane le donne trovano invece un senso di appartenenza, di identificazione, che le fa sentire al sicuro. Molte sono quelle che hanno avuto esperienze con uomini che le picchiavano dopo aver alzato il gomito. In parte il fascino dell’Islam agisce anche in questo senso: vietando il consumo di alcol, questo costituisce ai loro occhi una ulteriore protezione dalle derive violente degli uomini.
Il supporto della comunità musulmana si traduce anche in azioni molto concrete. Non è infrequente, infatti, che le donne (e insieme a loro i figli) abbiano un livello di istruzione molto basso: l’imam si impegna a dare loro un’educazione, contribuendo all’emancipazione degli uni e degli altri. Utile, peraltro, per distaccarsi dallo stereotipo culturale messicano di una società machista e conservatrice: spesso, i messicani convertiti sono talmente orgogliosi della loro fede da diventare persino eccessivi nell’ostentarla, declinando ogni aspetto della vita in chiave musulmana, dalle ricette che preparano agli abiti che indossano. E se è vero che questa tendenza è a volte essa stessa causa di violenza di genere, in alcune occasioni può però generare una naturale curiosità da parte degli uomini non musulmani, contribuendo ad instaurare uno scambio rispettoso. Per alcune, poi, l’atto di coprirsi contribuisce ad evitare di attirare le attenzioni maschili più scomode.
Ma l’aumento delle conversioni in Messico va di pari passo anche con un’altra tendenza, quella della formazione di coppie miste tra donne messicane e immigrati musulmani provenienti da diversi Paesi come Turchia, Iran, Libano e Pakistan. Queste, purtroppo, non sono tutte storie a lieto fine: è il caso, spiega Iacolutti, degli uomini di paesi mediorientali che si insediano in Messico con lo scopo di sposare le donne messicane per ottenere la cittadinanza e il passaporto di un altro Stato, in modo che per loro sia poi più facile (o almeno così credono) trasferirsi negli Stati Uniti per rifarsi una vita. In altri casi, invece, sono proprio le differenze culturali a costituire l’ostacolo più importante. Per gli uomini stranieri vengono organizzati incontri di integrazione culturale, volti anche a facilitare l’incontro e il rispetto verso le loro partner: «banalmente, ti insegnano che non puoi imporre a tua moglie di non mettere i jeans, se lo fa da tutta la vita», spiega Iacolutti.
Il governo messicano ha adottato politiche di tolleranza a fronte del crescente numero di conversioni all’Islam, pur rimanendo attento al monitoraggio delle comunità musulmane e alla potenziale nascita di gruppi estremisti
A livello istituzionale, il governo messicano ha adottato politiche di tolleranza a fronte del crescente numero di conversioni all’Islam, pur rimanendo attento al monitoraggio delle comunità musulmane e alla potenziale nascita di gruppi estremisti – «quando l’anno scorso lo Stato Islamico aveva diffuso la lista di Paesi che avrebbe attaccato, il Messico figurava tra questi», conclude Iacolutti. Soprattutto in seguito agli attentati rivendicati dall’Isis in Europa, il governo ha rinforzato i meccanismi di allerta e prevenzione, così come le misure legali contro gli atti di terrorismo, comunque escludendo la presenza di cellule estremiste nel Paese. Non vi è una moschea ufficiale, ma numerose sono le abitazioni private adibite a “centri educativi”, dove i musulmani possono praticare la propria fede liberamente. Lo Stato concede infatti la libertà di culto a tutte le religioni.
Nonostante tutto, le donne messicane stanno iniziando a trovare nella religione una forma di riscatto personale che forse un giorno ribalterà completamente, se non il destino del Paese, perlomeno il loro. Una forma strana, certo, ma reale. E di cui, chissà, magari torneremo a sentire in futuro.