Quando in Inghilterra i ricchi si dipingevano insieme ad animali enormi

Era un modo per celebrare la propria grandezza e, al tempo stesso, farsi pubblicità. Ingrassare gli animali era una moda e, per certi versi, anche un dovere nei confronti della patria

Erano anni, si può dire, di vacche grasse. Alla lettera: quando, nel 1802, fece la sua comparsa a Londra un toro gigantesco, tutti rimasero meravigliati. Pesava più di 1.300 chili e, per trasportarlo lungo la Scozia e l’Inghilterra, era stato necessario creare una carrozza apposita. Un fenomeno che, all’epoca, si inseriva nella tendenza, ormai dimenticata, degli animali giganti.

Come racconta AtlasObscura, gli allevatori – non si capisce per quale motivo – avevano cominciato a ingrassare con orgoglio le proprie bestie. Con rape e pastoni vari, gli animali crescevano in larghezza e possenza. E i loro proprietari, che vi vedevano il segno della propria grandezza, erano ben felici di farsi ritrarre insieme a loro. È il sottogenere dell’animale enorme con padrone.

Dapprima furono mucche e tori, spesso dipinte in forme e proporzioni esagerate. Basta guardare qui:

Poi vennero le pecore e i maiali:


Una moda che, con lo stesso dipinto, riusciva allo stesso tempo a mettere in mostra i proprietari terrieri, perlopiù nobili, e a far loro pubblicità. Bestie grandi significava grandi guadagni, nel momento della vendita. In più, in un’epoca di innalzamento demografico, gli allevatori potevano fregiarsi del titolo di “miglioratori” (improver), una sorta di benefattori in grado di fornire nutrimento all’umanità in aumento. E poi coincideva con un afflato di orgoglio nazionale: animali grandi per la gloria, per i soldi, per la patria.

Sono passati tanti anni, le mode sono cambiate e gli animali, senza l’aiutino dei pittori, hanno riguadagnato dimensioni più ragionevoli. Restano però le tracce di una stagione in cui le vacche erano davvero grasse, da rimpiangere in tempi in cui il futuro, almeno per gli inglesi, non sembra promettere nulla di buono.

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