Abitudini di una volta: quando la dieta era un affare solo per gentiluomini

Nella seconda metà del 1800 gli uomini Usa e inglesi cominciarono a preoccuparsi delle proprie condizioni fisiche: un corpo snello e asciutto era indice di salute, ma più ancora di contegno e agiatezza. Un ennesimo modo per celebrare il proprio senso di superiorità sul resto del mondo

Fare la dieta? È roba da uomini. O almeno, era così nella seconda metà dell’800, quando gli uomini (in particolare americani e inglesi) sentirono, in modo collettivo, la necessità di tenersi in forma. Tutto nasce da una risposta, a un certo punto necessaria, ai cambiamenti avvenuti nella società e alla proliferazione di lavori sedentari: gli uomini ingrassavano, i muscoli diventavano morbidi e, in generale, femminili. Era necessario agire per ripristinare la mascolinità perduta.

Se prima l’austerità nell’alimentazione derivava da convinzioni morali (riduceva i “diabolici” impulsi sessuali), nel 1863 il concetto di dieta assume, ma non tanto, un altro tono. Merito di William Banting e del suo best-seller A Letter on Corpulence, vero e proprio manuale di auto-aiuto diretto agli uomini che volevano perdere peso. Un corpo snello, diceva il manuale, “è segno di istruzione, salute morale e auto-controllo”.

E allora il vero gentleman avrebbe basato la sua alimentazione – sempre secondo il libello – sul consumo di liquori e carne a volontà (roba da maschi), eliminando tutti i prodotti amidacei e mettendo al bando il concetto di sacrificio e auto-privazione (roba da femmine). Occorreva dire no agli eccessi, chiaro, e nutrirsi solo di prodotti “di qualità”.

In breve (e forse anche in origine) essere in forma e curare le proprie abitudini a tavola diventa segno distintivo del maschio bianco occidentale della classe medio alta: le altre culture vengono prese in giro perché mangiano pesce, giudicato un “cibo debole”, o perché si concedono lussi che solo i bambini potrebbero desiderare. Le classi operaie, invece, non conoscono nemmeno il concetto di dieta, e neppure i magazine femminili riportano consigli al riguardo.

Certo, qualche voce fuori dal coro c’era: le pubblicazioni femministe facevano proprie le nozioni alimentari riservate agli uomini, sostenendo che snellezza e auto-controllo non fossero territorio solo maschile. Anche le donne, dicevano, potevano e dovevano fare la dieta. Ma non tutte: allora come oggi, le battaglie e le rivendicazioni erano rivolte solo a un ceto (quello più ricco, e bianco), mentre le donne straniere e africane venivano rappresentate come prive di disciplina e sovrappeso.

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