Albano e Romina su Raiuno, il segno che siamo un paese (capo)dannato

“Nostagia canaglia” su Raiuno a Capodanno è il simbolo e l’emblema di un paese fermo, esaurito, svalvolato. Che sa solo correre dietro ai dinosauri col girovita in crescita. E non si vede solo dalla tv

Nostalgia canaglia. La nostalgia è diventato il crisma di questo Paese bastonato dalle banalità. E la nostalgia è davvero canaglia, è una turba di cani bastardi, scagliati a fiumi contro le nostre pudenda. Proprio così. Siamo passati da un popolo di poeti e di navigatori a un popolo di castrati. Proprio così. Dopo aver insegnato al mondo occidentale la poesia (Dante, Petrarca), dopo aver insegnato al resto del mondo la pittura (Giotto, Michelangelo, Caravaggio), dopo aver colonizzato, con genio, il mondo che conta (Marco Polo, Cristoforo Colombo), ci siamo ritrovati, l’ultimo dell’anno, ad ascoltare Al Bano e Romina che duettavano da Mamma Rai canticchiando Nostalgia canaglia. In atto, ho pensato, ci deve essere una strategia per rimbecillire i teleutenti. Per la cronaca, Al Bano – sempre più grosso e sempre più insopportabile – e Romina – la bellissima figlia di Tyrone, non più trombabile – hanno cantato Nostalgia canaglia nel 1987, sul palco dell’Ariston, a Sanremo. Vinto, se v’interessa, dal trio Morandi-Tozzi-Ruggeri con Si può dare di più. Il trio di anziani spopola ancora, ciascuno a suo modo, tra palco, radio e tivù, anche se sarebbero da pensionare, e l’Italia da trent’anni a questa parte ha smesso di dare qualcosa, qualsiasi cosa, alcunché, altro che di più. Insomma, l’Italia è in ritardo di trent’anni dal resto del mondo civilizzato, culturalmente parlando, un fuso orario che ci ha resi tutti fusi, stanchi, svuotati, svalvolati

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